Sinceramente l'ingenua convinzione di chi non vive sulle alture di Varazze o nella cittadina, era che a quasi un anno dall'alluvione - magari non tutto - ma qualcosa fosse stato fatto.
Qualcosa di vagamente proporzionato alla ponderosa serie di incontri, tavoli e vertici affastellati uno sull'altro nel momento dell'emergenza e dopo.
E sopratutto sopralluoghi. "Per rendersi conto personalmente della situazione" fan scrivere normalmente i politici al loro staff. E così su e giù con cortei di auto e mezzi di servizio, qualche tappa, qualche stretta di mano, qualche raccomandazione, molte foto.
Una nobile vetrina, quella dei sopralluoghi, che all'opinione pubblica offre in un click la convinzione che - di quella roba lì - te ne stai interessando, che ti sta a cuore, che presto la risolverai con il potere che ti è stato conferito anche da quegli elettori imbricati lassù, tra una frana e due blocchi di cemento, buttati lì a contener la strada alla meglio.
Solo che probabilmente esiste una soglia percettiva e di attesa, che interlacciata con l'effetto annuncio (reiterato) fa scattare antropologicamente un fenomeno acustico tutto umano e moderno, che non si sa come né perché, va a vestire la situazione calzando perfettamente e senza spiegazioni: la pernacchia.
Chè chi sa e chi no, mette in un piatto il detto, nell'altro il fatto, tira una riga sotto il tempo trascorso, e senza se né ma, partono i fischi in stereo, bipartisan, che tutto descrivono, in un suono e in un attimo.
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