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Eventi | 21 aprile 2014, 08:10

Il comune di Vicoforte dedica una retrospettiva al pittore savonese Buscaglia

La mostra sarà inaugurata il 25 aprile nella serata di apertura del “Concorso Nazionale di chitarra” e sarà visitabile nella chiesa dei Battuti (Via Roma, di fronte al Municipio) dal 25 aprile al 4 maggio 2014 sabato-domenica dalle 16 alle 19

Il comune di Vicoforte dedica una retrospettiva al pittore savonese Buscaglia

In occasione del Concerto d'Apertura del 38° Concorso Nazionale di Chitarra, il 25 aprile 2014 alle ore 21, sarà inaugurata la retrospettiva di Buscaglia, importante pittore ligure che ebbe importanti rapporti con il nostro Piemonte. La rassegna, commentata da Remigio Bertolino e Claudio Bo,  si prolungherà per alcuni giorni,nella Confraternita dei Battuti, davanti al Municipio. Nella stessa occasone sarà ospite un gruppo di ragazzini bielorussi, giunti nel monregalese per un ciclo di vacanze e cure. Il concerto, come già ricordato, unirà al chitarrista Roberto Battino, di Sassari, un vero virtuoso dello strumento nel repertorio classico, al coro di voci bianche di Vicoforte, diretto dalla prof.sa Elena Basso. Vasto il repertorio del solista e del coro.Quest'ultimo eseguirà pure una Ninna nanna di don Pappagallo, il sacerdote martire alle Fosse Ardeatine, il 24  marzo 2014, il cui spartito è stato donato dal Museo della Liberazione - ex Carcere di via Tasso a Roma.

 

Una importante retrospettiva a cura del Comune di Vicoforte per ricordare il pittore  savonese Dario Buscaglia si terrà nello splendido scenario della chiesa dei Battuti. L’artista negli anni Novanta aveva raggiunto una fama a livello nazionale, soprattutto con i due capolavori Rustico autunnale e L’inverno nelle Langhe,  vincitori del prestigioso concorso “Arte” della Mondadori, nel 1994 e nel 1996.

Dario Buscaglia era di origini savonesi, ma da anni risiedeva nel monregalese, il cui paesaggio così variegato aveva ispirato molte sue opere.

Comincia negli anni Cinquanta l’intenso, ininterrotto “corpo a corpo” di Dario Buscaglia con il colore. Un’insoddisfazione di fondo spinge l’artista a non fermarsi mai sui risultati raggiunti, a cercare    sempre oltre, a varcare la soglia del dicibile, a sperimentare tecniche e colori   inediti, nuovi, ad ingaggiare una titanica lotta con la materia  grumosa, densa, umorale dei suoi impasti. Non ha scardinato l’impianto pittorico tradizionale,l’artista savonese di origine,  da anni monregalese di adozione; non ha  sovvertito le regole della sintassi pittorica, ma certamente ha vissuto a cavallo degli anni Sessanta e Settanta lo spirito delle neoavanguardie.

   Ad Albissola  è venuto a contatto con vari maestri come il danese Asger Jorn, esponente di punta del gruppo Cobra, al quale è  legato per la intensa matericità delle cromie. Dalle avanguardie storiche di inizio  secolo egli ha appreso la grande libertà del gesto che crea,  che accosta macchie di colori squillanti, senza il passaggio graduale dei toni e delle sfumature. Ma è soprattutto dalla lezione di Cézanne, di dare forma e sostanza all'impressione, a cui s’ispira gran parte della sua opera a partire dai tardi anni Settanta.

    Gli anni Cinquanta e Sessanta sono fervidi e fertili; egli va alla ricerca dei rapporti intimi, direi alchemici,tra materia e colore. A grandi spatolate  addensa masse, vortici di lava cromatica, su tele grezze che  accentuano la prepotente matericità dei pigmenti. Nascono opere di singolare forza emotiva e profondità psicologica.

    Lo spazzacamino del 1962 è una delle sue figure tipiche,uno dei rari  ritratti frontali; pare scaturito da un racconto di Andersen: scopa in mano, cappello scuro calcato sul capo e due occhi tondi come carboni spenti che fissano perdutamente un orizzonte lontano, oltre i tetti.

Lo stesso sfondo, dagli strati densi e dalle tinte che sfumano negli azzurri freddi e nel verde muschio, ha qualcosa delle atmosfere di chagalliana memoria.

Dello stesso periodo  è La caccia , capolavoro di dinamica, di atmosfera; i personaggi, resi con un raro senso del movimento, procedono su terre rosse come braci, secondo una lunga diagonale che si perde verso le montagne  dello sfondo dove si adagia il cielo  schiuso dell’alba con increspature di preziosa ametista.

  Un altro nucleo tematico, sviluppato in quegli anni, fu quello dei cantieri in demolizione e delle barche alla fonda. I primi hanno un forte impatto visivo con  reticolati di fili e di pali che si aggrovigliano quasi a imprigionare l’occhio nel senso di desolazione e abbandono che  esprimono. Le barche sono miseri scafi di pescatori che interessano il pittore per la loro semplice forma a guscio e i  grumi, le ferite  del colore che  fiorisce, si sfalda. Sono collocate nelle loro nuda essenzialità su sfondi dai colori accesi o contro freddi cieli serali.

   Ma l’esperienza più esaltante e spinta all’estremo limite del figurativo, anzi per certi versi con incursioni nell’astratto, nell’informale, nel gestuale, nella pittura materica, è stata quella  dei “ legni bruciati”  degli anni Settanta. In queste grandi tele si accampano centralmente tronchi “ustionati”, semidistrutti dalle fiamme; il fuoco ha operato splendide metamorfosi che il pittore ha tradotto con un segno vibrante, istintuale,  un po’ alla maniera dei  fauves. I neri profondi dei morsi delle  fiamme, i grigi della cenere incastonata sulle superfici,  gridano e urlano più che alludere ad un’immagine che spesso, a ben guardare, suggeriscono anche... Attorno, esplodono i gialli e i rossi puri, quasi una deflagrazione per cerchi concentrici fino a lambire i bordi estremi delle composizioni.

   A partire dagli anni Settanta , Buscaglia scopre le nostre Langhe, ch’egli predilige però in assenza di luce solare, in quelle fosche giornate autunnali quando le vigne ormai saccheggiate mostrano un colore intimo, “ultimo” e permettono all’occhio concentrato del pittore di svelarne le risonanze interiori. Sono scenari e spazi desolati, lande percorse da terre rosse e ocra scandite da geometrie di filari o dalla verticalità di qualche albero. Qui, i viola densi, i violetti spruzzati di carminio  dei cieli danno all'atmosfera una valenza di intimismo prezioso e le rare casupole abbarbicate ai greppi  sono gusci freddi, vuoti di ogni umana presenza.

   La figura è un tema costante e parallelo alla pittura di paesaggio che Buscaglia porta avanti fin dagli anni Cinquanta. Sono miseri omini, i suoi, esistenze anonime che egli riscatta nella folgorazione di un gesto, di un movimento appena accennato. Delineati con grande libertà,  i  “personaggi” sono colti quasi sempre di schiena, a capo chino: a chi guarda non rimane che indovinare i loro volti, intuire i loro sguardi persi lontano. Forse il pittore vuole evidenziare l’insondabile, il mistero che  si cela nell’altro.

   A conclusione è d’obbligo citare una delle  ultime opere fra le  più intense e  significative di Buscaglia:  La porta bruciata;  essa   si ricollega idealmente ai “legni” degli anni Settanta, sia per il tema trattato, sia per l’uso violento del  colore. La porta, drammatica nella sua esperienza di tempo e di fuoco, diventa in questa folgorante immagine un simbolo della soglia, del transito, della condizione umana con quel lembo di cielo appena intravisto balenare al di là, come un sogno estremo,un’ ultima illusione o rassicurante certezza metafisica...

La mostra sarà inaugurata il 25 aprile nella serata di apertura del “Concorso Nazionale di chitarra” e sarà  visitabile nella chiesa dei Battuti (Via Roma, di fronte al Municipio) dal 25 aprile al 4 maggio 2014  sabato-domenica  dalle 16 alle 19

 

rg

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