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Agricoltura | 18 luglio 2014, 14:00

Bruciare residui di potature e sfalci non è più reato: Coldiretti vince la battaglia

I singoli comuni decideranno aree, orari e periodi con specifiche ordinanze

Bruciare residui di potature e sfalci non è più reato: Coldiretti vince la battaglia

Bruciare rami e paglia non sarà più reato: Coldiretti ha vinto la battaglia della bruciatura, considerata, fino al 24 giugno 2014, un reato penale disciplinato dall’articolo 256 bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. La legge prevedeva l'arresto da tre mesi a un anno o l'ammenda da 2.600 a 26mila euro in caso di “rifiuti non pericolosi”, come appunto quelli derivanti dalle attività agricole di
pulizia e potatura.

In pratica i contadini venivano equiparati ai camorristi della “terra dei fuochi”.
Ci sono voluti mesi per far capire l’assurdità di quella norma.
Finalmente, l’articolo 14 del nuovo decreto legge n. 91 del giugno scorso
ha introdotto nel decreto del 2006 il comma 6 bis, che esclude dalle
sanzioni riguardanti la gestione e la combustione illecita di rifiuti
tutte quelle attività di combustione in loco di materiale agricolo e
forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture di terreni, orti e
giardini.

"La manutenzione di terreni privati sarà finalmente disciplinata
in modo sensato – spiega Germano Gadina, presidente di Coldiretti Liguria
– È giusto distinguere la combustione controllata dei rifiuti organici,
pratica consuetudinaria sul nostro territorio e assolutamente legale, dai
gravi fatti di gestione illecita di questi e altri materiali ben più
pericolosi dal punto di vista dei danni che provocano, che va invece
sanzionata per assicurare il rispetto dell’ambiente".
Le aree, i periodi e gli orari in cui è possibile bruciare questi residui
saranno individuati dalle ordinanze dei sindaci dei Comuni: per questo
Coldiretti Liguria ha inviato a tutti i primi cittadini dei Comuni della
regione una lettera e una bozza di ordinanza sul tema.

"Stiamo cercando di sensibilizzare le amministrazioni comunali liguri in modo che le attività consentite oggi dal decreto 91 possano essere correttamente disciplinate nei singoli territori – dice Gadina – La combustione controllata è una
pratica indispensabile in una regione come la Liguria, in cui è spesso
impossibile o logisticamente molto difficile raggiungere i centri di
gestione dei residui agricoli, perché molte coltivazioni si trovano in
luoghi isolati o impervi. Per non parlare poi dei danni che subirebbe il
terreno a causa di un uso spropositato di sostanze chimiche alternative,
dell’aumento di fitopatie o dell’accumulo eccessivo di residui organici
per la trasformazione in compost, che potrebbe causare intasamenti alle
reti di scorrimento superficiali e contribuire ai fenomeni di dissesto
idrogeologico".
La gestione controllata dei materiali vegetali di scarto con la
combustione sul luogo di produzione è una tradizionale pratica agricola
che, se eseguita con raziocinio, vanta alcune conseguenze positive sulla
salute dei terreni e delle piante: prima fra tutte, la mineralizzazione
degli elementi contenuti nelle ceneri dei residui organici che,
ridistribuiti, aumentano la dotazione di potassio del terreno e
contribuiscono alla distruzione dei parassiti che, di solito, si annidano
nei cumuli di materiale di risulta, aiutando a ridurre la propagazione
delle malattie e contribuendo alla diminuzione dei trattamenti chimici.
Per bruciare il materiale organico in sicurezza e nel rispetto della
norma, Coldiretti chiede lo svolgimento delle attività sul luogo di
produzione e il controllo del fuoco fino al suo spegnimento; i cumuli, di
dimensione limitata, devono essere bruciati ad almeno 20 metri dagli
edifici e a 50 metri da autostrade e ferrovie; infine, la combustione del
materiale (non più di tre metri steri per ettaro, cioè circa tre metri
cubi di legno) è vietata nelle giornate di forte vento o a rischio
incendio e nei periodi in cui è proclamata la massima allerta incendi.

c.s.

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