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Al Direttore | 01 agosto 2014, 19:00

"L'uccisione di Maria Astigiano, un'esecuzione sommaria": il racconto di Roberto Nicolick

"L'uccisione di Maria Astigiano, un'esecuzione sommaria": il racconto di Roberto Nicolick

 

 

Maria Astigiano era una giovane e bellissima donna vicina alla trentina, alta e slanciata, con i capelli lunghi e mossi, lo sguardo penetrante, nubile, impiegata, abitava a Santuario, piccola frazione a circa sette chilometri da Savona.

Il 23 aprile del 1945, si era incamminata come sempre, in direzione di San Bartolomeo del Bosco, per andare dai suoi padroni di casa a pagare la pigione della casa che occupava in affitto.

Purtroppo Maria non riuscì mai ad arrivare a San Bartolomeo, infatti fu intercettata dai partigiani, sequestrata e “giustiziata”.

Probabilmente subì delle violenze.

Questo crimine sarebbe passata nel dimenticatoio  come  tante altre atrocità commesse nel dopo guerra, sotto lo scudo della resistenza, ma il fratello di Maria, dopo qualche giorno,  dopo vane ricerche nei boschi della zona, intuendo l’accaduto, si recò dal comando della Brigata partigiana Valbormida, a chiedere informazioni riguardo alla sorella.

Il giovane sapeva che la sorella era sparita, senza fare ritorno a casa, proprio nel territorio di competenza della Brigata, e precisamente nel triangolo Naso di Gatto, Montemoro e Santuario.

Con grande coraggio, visti i tempi, si recò dal comandante , un certo Guglielmo Montalbetti, che  lo ricevette e senza mezzi termini gli disse che la sorella essendo una pericolosa informatrice dei Nazisti era stata passata per le armi.

Il fratello escluse assolutamente che la sorella fosse una spia dei tedeschi, anzi obiettò che la ragazza pur avendo contatti con riconosciuti elementi antifascisti non aveva mai dato loro alcun fastidio. 

Avuta conferma della morte, ingiusta e ingiustificata il pover’uomo ne fu sconvolto .

Con grande ipocrisia e finta disponibilità, il capo partigiano, per rabbonirlo, gli disse che avrebbe fatto di tutto per far passare la morte della donna come uccisione nel corso di combattimenti tra truppe Tedesche e partigiani, salvando, a suo dire,  in questo modo, l’onore della ragazza e della famiglia. In realtà era un modo come un altro per tacitare le giuste proteste per uno dei tanti omicidi ammantati dalla abusata “lotta contro il tedesco invasore”.

Il fratello della sventurata, se ne andò poco convinto e decise di presentare una denuncia alla Autorità Giudiziaria .

 I Carabinieri della Caserma di Cairo Montenotte, fecero le loro indagini, anche se in un clima di omertà e di intimidazione, e appurarono che :“elementi, non identificati, della Brigata Valbormida,  comandati da un partigiano Savonese, anch’esso non meglio identificato, con il nome di battaglia “ Mimino”, avrebbero fermato la Maria Astigiano, e l’avrebbero condotta in una località boscosa  e lì fucilata perché spia dei Tedeschi”.  

Sul rapporto, il carabiniere verbalizzante aveva erroneamente battuto il nome della località, definendolo Gioini, in realtà inesistente, molto verosimilmente il sito era Girini.

Il resoconto dei Carabinieri di Cairo, datato 27/9/1945 terminava con questa frase : “ Per il momento questo comando non ha elementi sufficienti per formulare denunzie a carico dei responsabili” a firma del  Brigadiere Comandante Dario Aglietti.

Dopo qualche tempo, il 28 aprile 1948, il Giudice Istruttore della Procura della Repubblica di Savona, interrogava alcuni personaggi della catena di comando della Brigata Partigiana, tra cui Capivenere Pasquale, e si verbalizzò che la povera donna era stata fermata da un certo Capitano Astengo, su delazione di tale Silvio G., che la indicava come “spia pericolosa, la quale si aggirava nella zona, per tale scopo e che per questo motivo, era stato dato ordine dal C.N.L. di Savona, che fosse uccisa appena catturata” inoltre sempre secondo il testimone Silvio G., ” la donna aveva una gonna che era dello stesso colore delle donne addette ai servizi ausiliari della Repubblica di Salò”.

Insomma la donna , come tante altre, fu assassinata, per una spiata di uno che magari neppure conosceva e ironia della sorte, per il colore della sua gonna, il tutto a indicare con quale facilità e superficialità di decideva della vita altrui.

Il  nominativo di Maria Astigiano non compare neppure nelle liste di proscrizione compilate dai commissari politici delle Brigate Garibaldi di Savona. Quindi non sarebbe stata una pericolosa e riconosciuta spia.

Il suo corpo fu trovato in seguito e venne tumulato nel Camposanto di Savona, ovviamente i soldi con cui si apprestava a pagare l’affitto di casa non furono trovati.

Non si conobbero mai  i nomi suoi fucilatori e neppure si seppe cosa dovette subire prima di essere assassinata, ma è facilmente intuibile.

la Procura della Repubblica di Savona, scrisse : “ trattasi di uno degli episodi risalenti alla lotta di liberazione a cui sarebbero applicabili i D.D.L.L.di amnistia 5 aprile 1945 e 8 giugno 1945 N° 455 “ ergo, i suoi assassini non saranno perseguiti dalla legge degli uomini. Mentre Maria era nella nuda terra i suoi assassini erano ben vivi e vegeti e soprattutto liberi di circolare.

 

Roberto Nicolick

 

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