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Savona | 10 ottobre 2014, 18:45

“Corresponsabili nella fragilità” la Diocesi di Savona inizia l’anno pastorale

Domani in Duomo alle 21 la veglia di apertura con il vescovo Lupi Riflessioni sul testo di monsignor Tonino Bello tratto dal Vangelo di Luca: “Servi inutili a tempo pieno”

“Corresponsabili nella fragilità” la Diocesi di Savona inizia l’anno pastorale

Corresponsabili nella fragilità. Ovvero tutti noi fedeli, dai più piccoli ai più grandi, ciascuno per le proprie capacità e con i propri limiti, siamo chiamati ad essere “servi inutili a tempo pieno”. Proprio quest’ultimo concetto di don Tonino Bello, tratto dal vangelo di Luca, ispira la Veglia di apertura dell’anno pastorale diocesano, domani (sabato 11 ottobre) alle 21 nella Cattedrale dell’Assunta con la presenza del vescovo Vittorio Lupi.

Si tratta di uno dei quattro momenti in cui la chiesa savonese si raduna attorno al suo pastore, dunque tutte le parrocchie, le comunità del territorio, le aggregazioni laicali, i movimenti, le confraternite, i cori, tutte le varie e multiformi realtà diocesane, sono chiamate a partecipare a questa iniziativa.

Si conferma il tema della corresponsabilità, su cui si sta continuando a lavorare nella chiesa savonese, ma visto con un’ottica nuova. Come verrà spiegato nella monizione iniziale, “accetta la tua fragilità” non è una pia esortazione, né una sorta di ultima spiaggia vista l’ineluttabilità del nostro limite. Accettare la propria fragilità, simboleggiata dalla croce, è qualcosa di più, è un atteggiamento che segna un passaggio interiore, una “conversione” che affonda le sue radici nella Parola di Dio. San Paolo ricorda che questo passaggio porta con sé qualcosa di molto profondo e vitale “Ti basta la mia grazia: la forza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza”.

Si passerà poi a riflettere sulla fragilità personale e relazionale. “Abbiamo bisogni diversi, valori diversi, idee diverse, reazioni diverse di fronte alla realtà: una ricchezza di provocazioni che ci mettono in crisi, poiché scatta in noi una immediata autovalutazione e un istintivo confronto con gli altri – si spiega nella seconda monizione – gli esiti di questa reazione possono essere diametralmente opposti: o si scivola in un atteggiamento di competizione che nuoce al rapporto, oppure si coglie l’occasione della diversità per valorizzarla, entrando in un atteggiamento di collaborazione responsabile in riferimento a un progetto comune, percepito come un’opportunità di crescita per tutti”. Da qui è quasi inevitabile passare al concetto di “fragilità ecclesiale”, aspetto che in sé può minare alla base il senso stesso della corresponsabilità. “E’ facile cadere in atteggiamenti competitivi anziché cooperativi – recita il testo della veglia – solo se si mantiene ben chiara una delle finalità della vita ecclesiale, ovvero la consacrazione al Bene e alla crescita del fratello e della sorella, sarà possibile vivere una vita comunitaria in cui la condivisione di un progetto carismatico e pastorale, e la fedeltà ad esso, sono il criterio che assicura la presenza di passaggi evolutivi utili al singolo e alla comunità. Vi è pertanto una fragilità da combattere, derivante dal peccato, e una fragilità da coltivare che porta ad affidarsi a Dio che ci apre alla relazione d’amore con l’altro. Il limite allora è benedetto costituendo la ragione vera dell’agire pastorale della Chiesa”. Così dopo aver recitato il canto del Miserere, l’assemblea si interrogherà sulle “fragilità da coltivare” meditando su un passaggio della lettera di Paolo ai Corinzi: “Ma noi portiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché si comprenda che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi”.

Infine il momento più importante della veglia, ovvero quello che parla di apertura della Chiesa alla grazia. “La fragilità che si affida alla grazia è la fonte della responsabilità di ciascuno all’interno della Chiesa – si spiega nel testo – una fragilità che si apre alla carità vera, cioè al mistero di Dio che si serve di noi come strumenti del suo amore”. Verranno quindi portati quindi all’altare i simboli dei Sacramenti della nostra fede ovvero l’acqua, segno del Battesimo, pane e vino, per l’Eucaristia fino disvelamento della Croce con il Cristo. Seguirà una riflessione conclusiva del vescovo Lupi prima della lettura finale del testo di don Tonino Bello.

c.s.

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