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Attualità | 03 agosto 2015, 12:15

La Protezione Civile di Varazze ha una nuova sede, ma servono più fondi

Senza base operativa dallo sfratto arrivato con il via del cantiere del retroporto, i volontari varazzini hanno trovato casa nell’ex acquedotto ma, pagato l'affitto, rimarrà ben poco in cassa.

La Protezione Civile di Varazze ha una nuova sede, ma servono più fondi

Con la partenza del cantiere di riqualificazione del retroporto cittadino, le associazioni assistenziali con sede in via Savona hanno ricevuto lo sfratto, tra queste anche la Protezione Civile. E mentre la Croce Rossa è stata sistemata nell’ex casa del custode del cimitero, i vigili del fuoco rimangono in container nell’attesa di trasferirsi nella palazzina che una volta ospitava gli uffici dei Cantieri Baglietto, i volontari della Protezione Civile sono rimasti senza base operativa. Inizialmente il Comune gli aveva affidato un salone sotto l’attuale sede della Cri, non abbastanza capiente neppure per tutto il materiale in uso, e le attività di aggregazione sono state sospese.

Ma, finalmente, il problema è stato risolto: dal mese di settembre la Protezione Civile di Varazze potrà ritornare a contare su una base operativa, comprensiva degli spazi per i mezzi, per il materiale e per le attività d’aggregazione. Il Comune ha assegnato al dipartimento varazzino il secondo piano dell’ex acquedotto, dove sono già partiti i lavori di ristrutturazione.

Riavuta una degna sede, si presenta però un secondo grande pensiero per il presidente Lorenzo Ravano. Infatti, per l’affitto, la Protezione Civile dovrà versare nelle casse comunali circa 2 mila e 400 euro l’anno, su un totale di 3 mila e 500 che vengono versati dal Comune come contributo all’associazione.

«Da sempre – spiega Ravano - il Comune si occupa di pagare assicurazione e manutenzione degli automezzi operativi. Questa amministrazione, in particolare, aveva promesso la sede e ha mantenuto la parola, stanziando anche una cifra adeguata per la ristrutturazione. Il problema però è che, pagato l’affitto, seppur più che agevolato, rimarrà ben poco per fare progetti e migliorare il servizio. E’ arrivato il momento di cambiare la convenzione».

Cristina Celli

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