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Al Direttore | 11 marzo 2016, 16:29

Roberto Nicolick "L’omicidio di Amalia Desiglioli"

12 maggio 1945

Roberto Nicolick "L’omicidio di Amalia Desiglioli"

Una giovanissima ragazza, molto bella ed avvenente, alta e snella, capelli neri corvini, occhi marroni molto espressivi e profondi , muore assassinata nelle vie di Savona, durante la notte del 12 maggio 1945, a liberazione avvenuta. La giovane donna a nome Amalia Desiglioli ha da poco compiuti i 18 anni ed è piena di speranze per il futuro che vorrebbe poter migliorare, fra i suoi obiettivi c'è fare l’attrice entrando nel mondo dello spettacolo per sfuggire alle tristezze dell’immediato dopo guerra con le sue stragi e con la sua cupezza.

Nata a il 24 aprile 1927, abita in un quartiere antico di Savona, Villapiana, con la famiglia in cui è perfettamente integrata, viene assassinata con un colpo di pistola alla testa, poco dopo la mezzanotte, mentre tutti dormono o se sono svegli si guardano bene dal farsi gli affari degli altri .

Il 12 maggio 1945, a notte inoltrata, tre persone in uniforme da partigiani, si presentano presso l’abitazione dove, bussano alla porta con fare autoritario, dichiarando di essere inviati dal Prefetto della Liberazione che all'epoca era un capo partigiano, persona peraltro conosciuta dalla ragazza e dalla sua famiglia. La giovane Amalia, fiduciosa, nonostante i tempi oscuri, scende in strada con i tre uomini e viene ritrovata, dopo una mezzora , morta ammazzata in una via poco lontano dalla casa dove è uscita con fiducia nelle persone che sono venute a rilevarla, salita Aquileia, con una chiazza di sangue che si allarga sotto il capo , qualcuno le ha sparato un solo colpo e preciso alla nuca. Ovviamente i suoi assassini non saranno mai identificati e un opportuno documento stilato il 25 di maggio 1945, dal Comitato di Liberazione collegato alla Questura di polizia ausiliaria partigiana, la definirà come una appartenente alle famigerate Brigate Nere. Quindi nei confronti di una “fascista” tutto è permesso anche ucciderla senza essere puniti.

Questi i dati oggettivi di un’altra ennesima omicidio :

Amalia, lavorava come impiegata nell'ufficio addetto alla sistemazione degli sfollati e ai danneggiati dei bombardamenti alleati, presso l’attuale prefettura , che negli anni della seconda guerra mondiale era la sede del Fascio e della Federazione Provinciale Fascista Repubblicana . Amalia abitava con la famiglia , madre, padre , un fratellino tredicenne Angelo, una sorella Margherita e un fratello più grande Alessandro militare nella Marina Militare.

La famiglia di Amalia era di modestissime condizioni economiche e come tutti in quel periodo doveva fare i conti con pochi generi alimentari . Molti savonesi , per arricchire la misera dieta, si recavano presso la zona dell’angiporto , dove accanto ad un insediamento industriale, potevano usare dei contenitori di metallo, in cui veniva versata dell’acqua di mare. Il fondo di queste latte veniva scaldato con del fuoco di legna e l’acqua di mare evaporando lasciava sul fondo del sale. Era un metodo semplice ed alla portata di tutti per produrre sale, da poter scambiare con altri generi alimentari.

Amalia e una sua collega ed amica, Anna, in quella occasione decidono di recarsi con mezzi di fortuna nell’entroterra collinare e scambiare il sale con uova o farina ed arricchire i pasti delle rispettive famiglie. Ma le cose vanno male, le due ragazze vengono fermate dalla Polizia annonaria, perquisite e viene rinvenuto il sale . Le due poverette sono accusate di “borsa nera”, reato molto grave all’epoca. Come immediato provvedimento vengono licenziate e lasciate a casa dal lavoro di impiegate. Lavoro che permetteva loro di vivere.

Arriva l’aprile 1945 e si comincia a respirare aria di caduta per la Repubblica Sociale Italiana. Le due ragazze , il 24 aprile 1945 alla vigilia della grande fuga dei fascisti e delle loro famiglie verso il nord,accompagnate dai genitori e dal fratellino si recano in Prefettura – Casa del Fascio, dove lavoravano, per reclamare gli ultimi stipendi e la liquidazione, cosa che viene loro accordata.

Il fratellino di Amalia osserva incuriosito la confusione all’interno della casa del fascio, vede la smobilitazione degli uffici, i documenti bruciati all’interno di un bidone nel cortile, vede anche alcuni militi in camicia nera, irriducibili, che scrivono sui muri la fatidica parola :

“ RITORNEREMO”.

Purtroppo in quel clima di paura e arrabbiatura per le cose che precipitano, le due ragazze vengono costrette a unirsi alla colonna in fuga dei repubblichini, che va in direzione di Valenza Po dove è previsto l’attraversamento del grande fiume per raggiungere la Valtellina, nonostante le giovani, non abbiano posizioni di responsabilità all’interno del Regime in disfacimento. I genitori della Amalia quindi assistono impotenti alla partenza obbligata delle ragazze e rassegnati tornano con i soldi degli stipendi a casa, nella speranza di rivederle prima o poi.

La fuga dalla città, dura poco, la colonna repubblicana in fuga viene fermata a Valenza Po, i componenti arrestati ed internati nel carcere di Alessandria e le due ragazze, dopo un interrogatorio del Comitato di liberazione nazionale, rilasciate dai partigiani, libere di tornare a Savona visto che nulla era emerso a loro carico ed infatti fanno ritorno presso le rispettive famiglie.

Accade, tuttavia, un fatto particolare qualche mese prima del 25 aprile 1945, che forse potrebbe essere la chiave di lettura della morte della povera ragazza: il fratellino della Amalia, trova per strada una borsa piena di tabacco, nel cui interno, è nascosto un lasciapassare rilasciato dalle formazioni partigiane per un trasportatore di Savona. Il ragazzino porta a casa la borsa e mostra ad Amalia ed alla sua amica il lasciapassare. L’amica di Amalia affermando di conoscere l’intestatario del lasciapassare, si offre di andare a restituire il documento personalmente. Qualcuno, pare una donna, si reca dall’intestatario del salvacondotto, e forse tenta un ricatto , minacciando di rivelare i suoi contatti con i partigiani. A fronte del ricatto il personaggio paga , affermerà in seguito ai partigiani di aver versato una somma ad una donna che comunque non è la Amalia e neppure la sua amica. Si innesca una dinamica perversa che porterà a conseguenze terribili per la povera Amalia.

La notte del 12 maggio 1945, passata da circa mezzora la mezzanotte, tre persone che indossano l’uniforme dei partigiani, con al braccio un nastrino tricolore, si presentano presso la casa della Amalia e le chiedono di seguirli, motivando il fatto che il prefetto voleva conferire urgentemente con lei. Sia la Amalia che i suoi famigliari erano conoscenti del personaggio citato dai tre figuri, il cosiddetto prefetto della Liberazione, e quindi si fidano. La ragazza esce e firma così la sua condanna a morte.

I quattro si avviano verso il centro, la ragazza è serena, una signora residente sentirà delle risate e si affaccerà alla finestra incuriosita, vedrà una donna in compagnia di due uomini e un terzo che si attarda per legarsi il laccio di una scarpa. Quello è il trucco scelto dal boia per potersi collocare alle spalle della ragazza e colpirla alla nuca. Un solo sparo, nel silenzio della notte e la ragazza cade , assolutamente inconsapevole di quello che è successo. Verrà ritrovata, con il sorriso stampato sul viso, dopo poco, dalla madre in ansia, scesa a cercarla. Il corpo verrà trasportato al cimitero di Zinola e seppellito. Le indagini, solo formali e inconcludenti della Questura di Savona, all’epoca gestita dal comitato di liberazione non porteranno a un bel nulla.

Una povera anima innocente è stata assassinata per nulla e con le solite motivazioni assurde e dettate dalle barbarie. Dopo qualche anno la salma di Amalia viene esumata e traslata nel Sacrario dei caduti militari anche se lei non aveva mai indossato l’uniforme. Un dolore in più per il fratello che appena uscito dalla adolescenza decise di abbracciare la causa del P.C.I., e a tutt’oggi non riesce a spiegarsi il movente dell’uccisione della povera sorella, bella, intelligente, simpatica, un ragazza talmente bella da poter fare l’attrice e che a questo scopo inviò delle sue foto ad una rivista che si occupava di casting. La redazione artistica dopo aver visionato le foto della Amalia, la cercò per farle fare dei provini, ma era troppo tardi : Amalia era stata assassinata.

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