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Al Direttore | 17 marzo 2016, 07:58

Roberto Nicolick racconta l'omicidio di Armando Olivieri

La vicenda è avvenuta il 4 settembre 1980 a Pallare

Roberto Nicolick racconta l'omicidio di Armando Olivieri

 

L'omicidio di Armando Olivieri - 4 settembre 1980 - Pallare (SV)

Questa è la classica storia dove al centro della contesa fra due maschi, c’è una donna, anche se non giovanissima, ha infatti 34 anni, anche se è sposata e ha oltre al marito, due figli, anche se non è una elegante lady ma bensì una contadina che vive in una casa rurale e che porta le vacche al pascolo. Questa donna, Carla B., da una decina di anni ha una relazione extraconiugale oramai stabile, con un pensionato del posto, molto benestante, Emilio Pizzorno di 58 anni, con cui si incontra appena possibile. Tuttavia la Carla, conosce un altro uomo, tale Armando Olivieri , di Carcare, di anni 42, operaio in una vetreria , sposato con due figli, e progetta di incontrarsi con lui ,trascurando il primo amante, Emilio. La donna che indubbiamente esercita un forte fascino su questi due maschi , si divide tra i due e impone al pensionato cinquantottenne di incontrarla soltanto alla mattina, quando lei accompagna le vacche al pascolo, evidentemente in altro orario Carla vedeva Armando. La dinamica è molto primitiva, e potrebbe sfociare in gelosie molto violente, cosa che infatti accade. A poca distanza dal casolare dove vive Carla l’oggetto del desiderio di questi due contendenti, col marito e con i due figli oltre che al bestiame, alla sera del 4 settembre 1980, Emilio armato di una doppietta, in mezzo al bosco, spara due colpi a pallettoni calibro doppio 0, al rivale uccidendolo sul colpo. Il corpo verrà trovato il giorno successivo su di un sentiero nel bosco di Pallare da un abitante di Biestro e la Carla affermerà di non aver udito alcun rumore sospetto, tanto meno spari perché guardava la tv. Si appura che la vittima aveva un appuntamento nella località Casotto, si era fatto accordare un’ora di permesso dalle vetrerie, si era portato dietro una torcia elettrica e aveva nascosto l’auto in una cava per risalire il viottolo dove qualcuno gli aveva sparato. I Carabinieri risalgono facilmente al Pizzorno, che viene sottoposto all’esame del guanto di paraffina ed è l’unico che viene sottoposto a questo esame per stabilire se abbia usato armi da fuoco, e che risulta positivo, a questo punto non può negare la sua responsabilità nell’uccisione dell’Olivieri, ma tenta di negare il movente passionale che lo porterebbe ad una accusa di omicidio premeditato, affermando che è stata una tragica svista, secondo la sua tesi avrebbe sentito dei rumori provenienti dal bosco e sentendosi minacciato avrebbe fatto fuoco. Viene rinviato a giudizio, mentre la Carla è denunciata per favoreggiamento e si fa anche un giorno in cella di sicurezza. Nel corso del processo in corte di Assise a Savona, affermerà di aver sparato nel buio, sentendosi minacciato non sapendo contro chi avesse fatto fuoco e ipotizza la presenza di un terzo uomo che si prendeva gioco della Carla durante i suoi incontri di amore. Quando vide l’Olivieri steso sul viottolo, non lo soccorse in quanto a suo dire, non c’era più nulla da fare, i pallettoni avevano devastato il cranio del poveretto. Il processo si concluderà con una condanna a 14 anni oltre ad una provisionale di 20 milioni che Pizzorno verserà alla vedova dell’Olivieri.

Roberto Nicolick

 

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