"Lo scorso 29 settembre il Consiglio Regionale ligure si è espresso con 23 voti a favore e 8 astensioni per l’adesione al Coordinamento Nazionale delle regioni per il referendum contro le trivellazioni in mare. Questa scelta, ovviamente, ha comportato in ciascuna delle 9 regioni aderenti la necessità di deliberare un impegno di spesa per sostenere gli adempimenti della campagna referendaria". Ad intervenire sono i consigliere Giovanni Pastorino, Gabriele Pisani e Angelo Vaccarezza, primi firmatari della delibera di adesione al referendum NoTriv.
"Comprendiamo, proseguono i tre esponenti politici, l’imbarazzo di chi, come il Partito Democratico, si trova in una situazione in cui in molte regioni è convinto promotore del referendum, in altre si astiene, in altre ancora deve ancora decidere se votare SI o NO".
"Va ricordato, continuano Pastorino, Vaccarezza e Pisani, come in questi giorni la dottrina costituzionale abbia ribadito che i 9 consigli regionali che si sono espressi a favore del SI al referendum siano soggetti giuridici e quindi siano legittimati a impegnare fondi per la campagna referendaria: in questo non c‘è alcuna volontà politica di parte, ma semplicemente la naturale conseguenza del processo democratico fin qui svolto sul tema trivellazioni. È logica conseguenza, quindi, che il Consiglio Regionale non si possa sottrarre a dar seguito a tale decisione con atti concreti".
"Del resto, le decisioni approvate dal Consiglio Regionale, anche quelle sostenute dal Partito Democratico, rappresentano scelte non sempre unanimi; tuttavia, pur non rappresentando la totalità degli elettori liguri, vedono impegnati fondi pubblici".
"Ad ogni modo, continuano Vaccarezza, Pastorino e Pisani, la campagna referendaria potrà proseguire ugualmente grazie al contributo diretto dei consiglieri regionali che hanno votato per il SI e dunque hanno deciso di autotassarsi, in considerazione del fatto che quando ci si prende un impegno con i cittadini (e anche questo lo è, piaccia o non piaccia al PD), lo si porta a termine. A maggior ragione con un impegno di tale portata".
"L’ultima considerazione riguarda la presunta correttezza di chi ritiene sbagliato usare soldi pubblici per la campagna referendaria: gli stessi che, contemporaneamente, plaudono e sostengono un Governo il cui Primo Ministro invita all’astensione, dopo aver evitato in tutti i modi di accorpare il referendum alle elezioni amministrative".
"In merito a quanto sopra, ci chiediamo: sono peggio poche migliaia di euro destinate alla campagna referendaria, o i 300 milioni buttati via dal Governo nel tentativo di non far raggiungere il quorum al referendum? Anche quelli sono soldi pubblici", concludono i tre consiglieri.