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Curiosità | 28 agosto 2016, 18:39

Roberto Nicolick: "La classe del terrore in Valle Tanaro tra il 1943-1945"

Roberto Nicolick: "La classe del terrore in Valle Tanaro tra il 1943-1945"

Non solo nei grandi centri abitati, imperversava il terrore, ma anche nelle zone alpine accadevano dei soprusi e degli omicidi. Le zone dove noi Liguri siamo abituati ad andare in ferie, il basso Piemonte, furono teatro dal 43 al 45 di azioni di vero e proprio brigantaggio.

Ezio Bovero, Carlo Camilla, Giuseppe Ruffino, Francesco Dante, Battaglieri, Cozzo, sedicenti partigiani operanti nella Valle Tanaro nel 1943 -45, erano infatti tristemente famosi nella zona del Cebano e della Valle Tanaro, giravano armati su di un calesse trainato da un cavallo. Il veicolo su cui viaggiavano era soprannominato dai contadini della zona, il calessino della morte, per dei motivi validissimi, connessi alle esecuzioni sommarie di tanta brava gente, che nulla avevano a che fare con il Fascismo, e i principali esecutori, Bovero, Camilla e Dante erano noti come il terzetto del terrore.

Mentre le formazioni partigiane Mauri erano in montagna per sfuggire ai rastrellamenti dei Nazi fascisti, questi dormivano nei loro letti, al caldo delle loro case, da cui partivano per effettuare ruberie, spoliazioni ed esecuzioni sommarie a Bagnasco, Ceva, Mombasiglio. Era una vera e propria banda armata, senza scrupoli che ben poco aveva a che fare con la resistenza .

Secondo il Maresciallo dei Carabinieri di Bagnasco, Ascione che indagò sulla banda autodenominatasi della stella rossa, questi soggetti, erano stati un tempo alle dipendenze e soprattutto alla scuola di un sedicente ufficiale partigiano, Dino Mora, il quale forniva le indicazioni strategiche su come agire nel territorio.

Mora , come i suoi compagni di violenze, provenivano da una formazione Mauri, quindi da un gruppo non comunista, in seguito compresa la situazione di impunità in cui si trovavano ad agire e la assoluta mancanza di leggi, decisero di mettersi in proprio e si staccarono dalle formazioni Mauri.

Dino Mora, accusato di aver compiuto diversi omicidi ingiustificati, per esempio quello di un ingegnere civile Fulvio Albesano, di un militare Tedesco che si era arreso anche e di violenza carnale ai danni di una povera contadina, fu arrestato e condannato alla pena capitale, poi eseguita mediante fucilazione.

Morto Mora, i suoi compagni, non si fermarono anzi continuarono ad imperversare nella Valle Tanaro imponendo la loro legge.

Per meglio marcare la loro diversità dai Mauri e per darsi una identificazione politica, si erano cuciti una stella rossa sulle uniformi.

Un'altra vittima della banda fu il Segretario Comunale di Bagnasco, Berruti, in tale occasione gli assassini affermarono che le esecuzioni erano decise da loro in piena autonomia e che quando c'era da eseguirle non era necessario alcun ordine da nessuno.

In tale occasione il povero Oreste Berruti fu ucciso mentre era in ginocchio, terrorizzato, che pregava con un rosario tra le mani giunte. Dopo che fu ucciso qualcuno dei tre assassini gli tolse il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni, il tutto davanti alla moglie della vittima che dovette assistere alla morte del marito.

Berruti non era assolutamente un fascista anzi, aveva sempre aiutato i patrioti, quelli veri, e per questa sua esposizione era anche stato arrestato dai Tedeschi, ma nonostante questo non ci fu nulla da fare, fu assassinato dal terzetto del terrore.

Un'altro episodio efferato di questi briganti con la stella rossa, fu l'omicidio della Maestra Cristina Barberis e del tentato omicidio del figlio di lei, Attilio che riuscì a fuggire benchè ferito dalle pallottole che Bovero e Camilla gli spararono addosso.

Il 27 aprile del 1945, ancora la squadra capitanata dai tre, arrestò e ammazzò senza pietà Carlo Boschetti, unicamente perchè indossava la divisa da marinaio. Quando fu preso egli affermò che si stava recando da una formazione partigiana a consegnarsi.

Anche un Carabiniere, certo Del Buono, non sfuggì alla morte, perchè secondo i tre, egli manifestava odio per i partigiani ed aveva simpatie per i fascisti, in realtà il povero carabiniere si era congedato dall'arma per non essere inglobato nelle Brigate Nere. Dopo le esecuzioni sommarie i banditi dicevano ai parenti delle vittime, che loro applicavano “la legge del mitra”.

Questo gruppo aveva potere di vita o di morte su tutti in quella zona. Si erano anche procurati una lista di proscrizione in cui c'erano i notabili e i benestanti della zona da taglieggiare. Nel marzo del 49, la giustizia fece il suo corso e i criminali furono rinviati a giudizio e processati presso la Corte di Assise di Novara.

Durante il processo fu ascoltato lo stesso Comandante Mauri il quale espresse l'opinione della esistenza di una regia esterna, che indirizzasse le azioni degli imputati. Anche i parenti delle numerose vittime accertate si presentarono come parte civile per fare valere le loro ragioni.

Il Pubblico Ministero chiese per i principali imputati trenta anni a testa , più diverse somme alle parti civili. Il 30 marzo 1949, dopo sei ore di camera di consiglio, il Tribunale di Novara riconobbe Ezio Bovero e Carlo Camilla colpevoli di omicidio continuato aggravato, con le attenuanti generiche, e li condannò a venticinque anni di reclusione, Dante per concorso in omicidio a nove anni e sei mesi, Giuseppe Ruffino a cinque anni per rapina, Fortunato Cozzo e Francesco Battaglieri a due anni per furto. Condannava inoltre gli imputati a versare alle parti lese delle somma da ottanta mila a duecentoquarantamila lire.

Purtroppo le sentenze di condanna parvero sin troppo lievi di fronte al clima di terrore che essi avevano imposto e mantenuto oltre a tutte le vite che erano state ingiustamente spezzate da questa banda che aveva agito troppo tempo indisturbata.

cs

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