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Politica | 22 novembre 2016, 19:45

Alfano racconta il “suo sì” a Pietra Ligure

Il ministro degli interni: “Chi vota no è perché ha già fallito in passato e vuole solo godere della nostra sconfitta, ma non ha argomenti”

Nella gallery le foto di Silvio Fasano e Simone Ferraro

Nella gallery le foto di Silvio Fasano e Simone Ferraro

Più forze dell’ordine che pubblico, a onor del vero, ad accogliere nel teatro di Pietra Ligure il ministro degli interni Angelino Alfano, ospite del comitato per il Sì. I posti a sedere sono per metà pieni, questo è vero, ma si riconoscono numerosi amministratori locali e altri volti noti della politica savonese. Segno, una volta di più, della disaffezione generale della gente comune nei confronti della Cosa Pubblica, a prescindere da schieramenti e ideologie.

L’onorevole si presenta con circa un’ora di ritardo. A intrattenere il pubblico, nel frattempo, è Enrico Nan, presidente del comitato “RiformarSì” ed ex parlamentare, che fa leva essenzialmente su due tematiche. La prima è l’eccezionalità di una riforma costituzionale, sulla quale dichiara: “Cerchiamo di non perdere questo treno, perché non ricapiterà mai più”; il secondo aspetto è quello più strettamente burocratico: “Siamo tra i primi cinque Paesi industrializzati del mondo e, probabilmente, siamo l’unico che per approvare una legge la fa passare avanti e indietro sei volte tra Camera e Senato. L’obiettivo di questa riforma è proprio quello di snellire i tempi e i costi per essere più competitivi a livello mondiale”.

A salutare l’arrivo di Alfano è Giacomo Negro, che precisa: “Questa sera non sono qui a parlarvi da assessore, ma da presidente del Comitato per il Sì”. Infatti, a livello amministrativo, per gli onori di casa Negro preferisce cedere la parola al sindaco di Pietra Ligure, Dario Valeriani. Il quale afferma: “Abbiamo ancora molta fiducia nel governo Renzi. Perché è fatto in gran parte da sindaci come noi, a cominciare dallo stesso presidente del Consiglio; persone che conoscono le problematiche con le quali ci scontriamo ogni giorno, tra burocrazia opprimente e bilanci sempre più risicati”.

Riprende la parola Giacomo Negro, che porta la sua testimonianza di manager nel settore della sanità: “Vogliamo questa sera riportare l’attenzione sui fatti e i contenuti, al di là delle polemiche. Vogliamo rivedere le competenze dello Stato e delle singole Regioni. E vogliamo uno Stato che torni a essere garante della sanità: oggi le cure anticancro a un cittadino laziale costano quattro volte di più che a uno piemontese o lombardo. Non è accettabile continuare a fare cittadini di serie A e di serie B”.

Quando sale sul palco il ministro degli interni, nel suo discorso di saluto al pubblico e di ringraziamento all’amministrazione, a più riprese rivolge parole di stima verso Negro, che lui chiama confidenzialmente “l’amico Giacomo”.

Alfano esordisce dicendo: “Non dobbiamo soltanto essere sicuri di ciò che voteremo, ma avere gli argomenti giusti per convincere più gente possibile”. Nel suo quadro generale, il ministro sceglie di essere non tecnico ma colloquiale (e a tratti un po’ retorico), raccontando di quando, liceale nel 1988, ricevette per i 40 anni della Costituzione, un libretto scarno e semplice, che fu distribuito in tutte le scuole d’Italia, con al suo interno i 139 articoli.

Alfano racconta ancora di quando poi, studente universitario che preparava l’esame di Diritto Costituzionale, ha divorato a più riprese quel libretto e fa sfoggio di preparazione citandone numerosi articoli. “Io quella Costituzione l’ho amata, tanto da chiedermi: ma sarà giusto cambiarla? Sarà rispettoso nei confronti di quei giovani Liberatori, italiani e americani, che morirono per noi?”

Per spiegare i motivi del sì, Alfano divide il testo in tre parti: princìpi fondamentali; diritti e doveri del cittadino; macchina burocratica. “Noi lasceremo invariate le prime due parti, che per noi sono sacre e inviolabili, e cambieremo solo la terza, in nome dell’efficienza”.

Alfano fa un paragone tecnico: “La Costituzione è una macchina bellissima, ma è una macchina d’epoca. Noi lasceremo invariati i suoi aspetti più belli, ma cambieremo il motore. Perché un propulsore concepito nel 1946 non può più girare bene nel 2016. Con le nostre proposte avremo una bellissima macchina perfetta, sportiva e brillante”.

Secondo Alfano, infatti, il bicameralismo fu progettato, a seguito della dittatura fascista, dal binomio DC/PCI, per far sì che non si dovesse mai più assistere a derive autoritarie e a strapotere di una fazione. Questo, però, negli anni, ha portato a immobilismo politico, lentezza e continue crisi di governo.

“Oggi questo pericolo non esiste più – conclude Alfano nel suo breve intervento (poco meno di una quarantina di minuti) – e chi vuole impedirci di offrire una proposta più moderna o è contento di come sono sempre andate in Italia le cose fino a oggi, o ha già fallito prima nel tentare di cambiarle e ora vuole solo godere della nostra sconfitta. Chi spera di lasciare intatta questa vecchia macchina lenta, sperando di cambiare solo il guidatore e mettersi al comando, sappia che il governo Renzi non cadrà, che vinca il sì o il no, perché è un governo che sta lavorando bene e su diverse riforme, non solo costituzionali”.

Alberto Sgarlato

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