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Al Direttore | 08 gennaio 2017, 18:32

La "domenica cantata" da Cobarello a Piana Crixia

La "domenica cantata" da Cobarello a Piana Crixia

Un ricordo di Bruno Chiarlone Debenedetti: "Disseminate come i nomi delle frazioni circostanti fiorivano su di una carta topografica le parole particolari che si andavano disponendo da sole le une accanto alle altre che noi lanciavamo nel nostro canto secolare, sparse in ordinata disseminazione, occupando ciascuna il suo spazio libero sul terreno, imprecisa sequenza sulla superficie della collina.

La cantata dello spartito lungo la discesa di Cobarello procedeva come un muro al contrario: invece di salire da terra scendeva dal cielo grigio fino a riempire tutta la strada verso la borgata Villa seguendo la semplice logica letteraria dei significati concatenati ed esplicati nell’insieme della loro ragion d’essere predisposta dagli autori.

Il suono delle parole che scandivamo come nel coro della chiesa cerandole nel nostro testo sulla zona di Piana Crixia avrebbe dovuto dare il ritmo della lettura e trattenere tra le righe quella vitalità espressiva che avrebbe mantenuto vivo lo scritto e la mente di chi cercasse, nella narrazione, gli aspetti di varietà, le differenze di tono e la forza di una musica sbriciolata in linee ordinate verso la discesa, geosofia composta con estro dall’autore che ne aveva cercato in loco le parole dai suoni adatti e le aveva incastrate magistralmente nello scheletro grafico della partitura di Cobarello.

Ci era dato di cantare in quel frangente anche il ritmo delle merci che arrivavano al vicino porto di Savona, (quattro ore a piedi, traversando i monti) sia quelle portare per terra a dorso di mulo, sia quelle sbarcate dai velieri che vi facevano sosta.

Merce in arrivo e merce in partenza con i loro spartiti dedicati: tonno da Barcellona e dalla Sicilia, zu zuz zu, carrube, zolfo e vino dalla Sicilia, la lal la, nocciole e uva da Alba, be bi bob but, funghi secchi e castagne secche da Osiglia, ra ra rat, legname, barili e botti da Dego, Cairo e Cengio, en ne ent ne.

Ogni merce veniva spostata cantando con il suo ritmo specifico del posto e del luogo dove erano destinate: minerale di ferro dalla Corsica, sale e sapone da Marsiglia, sughero, formaggio e grano dalla Sardegna, marmi e pietre dalla Toscana".

Bruno Chiarlone Debenedetti

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