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Attualità | 25 aprile 2017, 14:00

Il 25 aprile: non solo festa della Liberazione, ma anche un momento unitario di riflessione

L'opinione dello storico Emilio Gentile, il massimo studioso del Fascismo

Il 25 aprile: non solo festa della Liberazione, ma anche un momento unitario di riflessione

"La Resistenza, rappresenta un patrimonio nazionale di valori che andrebbe condiviso da tutti i cittadini senza contrapposizioni politiche o ideologiche". È la convinzione dello storico Emilio Gentile, il massimo studioso del Fascismo. Ma cosa rappresenta il 25 aprile? È la data simbolo della partecipazione italiana alla guerra degli Alleati per la liberazione del Paese dal nazifascismo. La liberazione è avvenuta propugnando gli ideali comuni della libertà, della democrazia e della giustizia sociale, però è stata anche matrigna di persone innocenti trucidate dai combattenti della Resistenza solo sulla base di semplici sospetti.

Oggi, anche nella nostra provincia si festeggia la festa della Liberazione e si onorano i caduti della guerra. Questa giornata, infatti, rappresenta la fine dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista, della seconda guerra mondiale, della vittoria delle forze che hanno partecipato alla resistenza, ma anche degli errori commessi dalla Resistenza. Infatti nei movimenti di liberazione si trovano sempre luci ed ombre e questo, purtroppo, non annulla le "altre’ memorie", di chi ricorda di aver combattuto contro la resistenza ed il movimento partigiano.

Per fare un po’ di chiarezza su questa giornata, dobbiamo ritornare al periodo tra l’8 settembre 1943 ed il 25 aprile 1945, dove molti italiani combatterono per la prima volta in un conflitto per libera scelta. Le guerre hanno sempre portato violenza e questa fu una guerra civile, che investì tutti gli strati della società. Il protagonismo delle bande partigiane in cui erano rappresentate le forze e che avrebbero costituito l’ossatura del sistema politico dell’Italia repubblicana, si macchiarono anch'esse di orrori.

Tanto i partigiani comunisti che i miliziani fascisti combattevano per le loro ideologie, entrambe autoritarie e purtroppo li spingevano a fanatismi opposti, ma uguali pur essendo contrari. Alla base della Resistenza ci fu indubbiamente un antifascismo politico che escludeva la pietà e rendeva fatale qualunque violenza, anche la più atroce, dove i partigiani uccidevano sotto la spinta di un cieco odio ideologico persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti. Inoltre quando si trattava di donne, si concedevano il lusso di tutte le soldataglie: lo stupro anche di gruppo.

Ebbene sì, anche la Resistenza si macchiò di orrori e l'opportunismo politico che imponeva di esaltare sempre e comunque la lotta partigiana, tenne nascosto per anni il lato oscuro della Resistenza. Giorgio Napolitano, fu il primo presidente della Repubblica a parlare nel suo primo messaggio al Parlamento, il 16 maggio 2006, con tre parole senza scampo: «Zone d'ombra, eccessi, aberrazioni» di un'eredità pesante, tenuta nascosta per decenni da un insieme di complicità.

Però per fortuna ci fu anche una Resistenza, che seppe unire fascisti ed antifascisti con un'ideologia per così dire,"esistenziale", che ancora oggi si erge a valore essenziale della moralità di quanti hanno combattuto per un’Italia democratica. Infatti, tutte le forze che ideologicamente erano in guerra, si ritrovarono unite per costruire le fondamenta di una civile convivenza e di una futura democrazia.

Maurizio Losorgio

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