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Eventi | 27 agosto 2017, 08:00

Finale Ligure: 30 anni fa nasceva la mountain bike in Italia

La delusione del “patron” Danilo Basso: “Un evento che poteva essere celebrato degnamente. Un’occasione persa”

Finale Ligure: 30 anni fa nasceva la mountain bike in Italia

Compie trent’anni la mountain bike in Italia. E dove è nata? Ma naturalmente a Finale Ligure. Era l’11 settembre del 1987 quando l’Unione Ciclistica Finalborgo, sotto il patrocinio dell’UDACE, organizzava la prima gara ufficiale di MTB nella nostra nazione. Tra i promotori dell’iniziativa l’immancabile Danilo Basso, non soltanto il “patron” della mountain bike in Italia ma un vero e proprio “highlander” temibile (in senso sportivo, si intende), che ancora oggi, dopo una carriera sportiva ultraquarantennale, continua a salire sul podio di numerose gare all’estero in diverse specialità, dal biathlon al triathlon.

E oggi, a ripensare a quei giorni di trent’anni fa, Danilo Basso sorride con quel suo sguardo che trasmette ancora sincera passione e si lascia andare a tanti ricordi: “Oggi sono in tanti – ci racconta – a rivendicare la primogenitura della mountain bike nel Finalese e in Italia, ma molti di loro, probabilmente, in quel 1987 erano ancora bambini o forse non erano nemmeno nati. Ma riconosco che tanti di questi, negli anni successivi, hanno saputo fare cose egregie con le quali ho avuto piacere di collaborare. Tornando a quel lontano 1987, noi abbiamo portato avanti quell’evento da lì in avanti per ben otto edizioni, rendendolo itinerante in varie zone del Finalese. All’inizio si trattava di un percorso cittadino articolato su un tracciato di 1,5 km interno al Borgo, una tre ore a coppie con una bici per due partecipanti, quindi già di per sé una gara atipica all’epoca, perché bisognava trovare un compagno di squadra con caratteristiche fisiche molto simili. La prima edizione fu già un successo, con 37 coppie in gara provenienti dagli sport più disparati: podismo, bici da strada, arrampicata, con una straordinaria partecipazione anche da parte dell’amministrazione comunale di allora e di tutti i commercianti. Da lì è nato tutto”.

“L’anno dopo – prosegue nel suo racconto Basso – ci spostammo a San Bernardino e cominciarono a iscriversi le prime squadre ufficiali importanti, atleti di rilevanza mondiale come Michele Peppino, Paganessi (ex-Atala), Pulcini, Grisa, squadre come la Scott, la Specialized e altre. La gara si teneva sempre tra settembre e novembre e le squadre scoprirono che potevano venire qui a svernare per allenarsi, perché trovavano sempre un clima ottimamente favorevole”.

E quest’anno?

Qui traspare la sincera delusione di Danilo Basso: “Avevo programmato un bellissimo evento per il trentennale, una gara che doveva calarci fedelmente nelle atmosfere dell’epoca: le bici, l’abbigliamento, persino la musica, tutto doveva essere a tema (Savonanews aveva lanciato la notizia con largo anticipo, addirittura già all'inizio di dicembre 2016, leggi QUI). E invece purtroppo la mia proposta non è stata tenuta in considerazione e non ha avuto il minimo supporto. Non se ne farà nulla, ci limiteremo a una rimpatriata tra vecchi amici per ricordare i bei tempi”.

Qualcuno ha remato contro?

“No, nessuno si è schierato contro l’evento. Semplicemente non vi è stato riposto un adeguato interesse. Ed è un peccato, perché poteva essere un bellissimo modo per celebrare non solo la storia della MTB ma tutto il nostro mondo outdoor”.

Qualcosa è cambiato in questi trent’anni?

“Qualcosa forse è addirittura peggiorato”, ci risponde Danilo Basso. “Sono migliorati i numeri, di certo: all’epoca eravamo 100 bikers, oggi siamo 100mila. Ma per esempio, per quanto riguarda la pulizia dei sentieri, purtroppo vedo una sentieristica molto deteriorata, che se non fosse per l’entusiasmo di pochi volontari che puliscono per propria volontà, chissà che fine farebbe. E chi pensa veramente che sia stato fatto un capolavoro a Le Manie e che quel sentiero sia un fiore all’occhiello, allora vuol dire che non è nemmeno mai stato su un sentiero in vita sua e non ha un concetto di organizzazione e pianificazione dei percorsi e della segnaletica”.

Conclude con un pizzico di amarezza Basso: “Lo so che spesso non mi rendo simpatico, perché sono uno che dice sempre le cose che pensa. Però parlo per amore del mio territorio, non ho mai parlato per invidia o per ripicca: io sono felicissimo che oggi si facciano eventi meravigliosi e di livello internazionale, come la 24 ore in MTB, come Finale For Nepal, come Finale Enduro: sono tornato da poco dalla Grecia dove ho incontrato degli olandesi che mi hanno detto: ‘Siamo appena stati a Finale, è il paradiso dell’outdoor’. Ma le manifestazioni di portata mondiale non bastano se non c’è una gestione con raziocinio del territorio dietro. Siamo fermi a trent’anni fa e perderemo questa posizione di eccellenza se non ci svegliamo. E ribadisco che non voglio sembrare saccente, non ho bisogno di visibilità, non voglio premi, targhe, cariche istituzionali o un giorno, quando non ci sarò più, un ‘Memorial Basso’; io sono felice di quello che ho fatto, la mia celebrità sportiva l’ho avuta, ho portato in giro per il mondo il nome di Finalborgo a testa alta e sono sempre stato fiero di farlo. Oggi quello che dico è dettato da due soli aspetti, che per me sono importanti: l’esperienza che ho accumulato in tanti decenni di sport e l’amore e la conoscenza del territorio. Per questo vorrei solo il meglio per l’outdoor finalese”.

Alberto Sgarlato

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