Economia - 20 marzo 2018, 14:45

Asset di Altare, la Fiom-Cgil: "No alla delocalizzazione"

Il parere del sindacato: "Non vogliamo lo spostamento della produzione in provincia di Varese, chiediamo invece un urgente rilancio di questo sito produttivo"

Asset di Altare, la Fiom-Cgil: "No alla delocalizzazione"

Andrea Mandraccia, della segreteria Fiom-Cgil di Savona, commenta gli ultimi sviluppi della Asset di Altare: "L’incontro di ieri con il Gruppo Brita ed il management di Asset non ha purtroppo registrato alcuna novità circa la decisione di delocalizzare la produzione in provincia di Varese, scelta che continuiamo a contestare in quanto non vediamo in essa alcuna ragione di natura industriale.

La delocalizzazione di un’attività produttiva nata nel territorio dall’intuizione di imprenditori locale si andrà così ad aggiungere alla lunga lista di siti industriali chiusi nella nostra provincia.

A questo punto è indispensabile che l’azienda dimostri sul serio e non solo a parole di tenere davvero al proprio “capitale umano”.

Per farlo deve innanzitutto essere parte attiva nei processi che auspichiamo si sviluppino tesi alla reindustrializzazione del sito. Il coinvolgimento del Ministero dello Sviluppo Economico che stiamo chiedendo da settimane è assolutamente essenziale per dare una nuova prospettiva industriale ed occupazionale all’area, e pertanto ribadiamo la richiesta che venga istituito un tavolo di confronto al MISE.

In secondo luogo deve rispettare quanto precedentemente annunciato circa la produzione attualmente in corso che deve essere terminata nell’unità produttiva di Altare (e non portata ad esaurimento nel nuovo stabilimento) per dare una prospettiva temporale ai lavoratori non limitata al solo 2018. Se ci fosse questa volontà da parte dell’azienda saremmo ovviamente disponibili a ragionare su come garantire effettivamente la continuità della produzione per tutto il periodo aggiuntivo alla fine del 2018.

Inoltre occorre che ci sia un importante impegno finalizzato alla definizione di una proposta economica che tenga presente che, per la stragrande maggioranza dei lavoratori, il trasferimento corrisponderà al licenziamento in quanto per ragioni sia personali che di prospettiva futura non ci risultano essere persone disponibili a trasferirsi.

Quello della prospettiva produttiva ed occupazionale della nuova unità produttiva è un tema su cui continuiamo a nutrire fortissimi dubbi. Non vorremmo che questa operazione sia solo l’inizio di una delocalizzazione all’estero una volta terminata la produzione attualmente in corso.

L’assemblea dei lavoratori ci ha dato mandato di richiedere all’azienda di assumersi gli impegni sopra descritti e di formulare una proposta economica diversa, cosa che chiediamo che l’azienda faccia al prossimo incontro che dovrebbe svolgersi a fine mese".

c.s.

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