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Economia | 16 settembre 2018, 10:43

Il marketing e l’economia del linguaggio: come orientarsi nello spread delle parole

La chimica delle parole è una delle più belle alchimie della lingua italiana, ma come ogni tecnologia anche il linguaggio non può prescindere dalle conseguenze delle promesse e della consapevolezza della realtà.

Il marketing e l’economia del linguaggio: come orientarsi nello spread delle parole

L’Italia è il Paese dei campanili, delle tradizioni millenarie e della bellezza distribuita da Madre Natura in modo democratico da Nord a Sud. Un luogo in cui si parlano 32 lingue, oltre all'italiano, e nel quale gli innumerevoli dialetti hanno contribuito a renderla il paese linguisticamente più eterogeneo d'Europa. Un territorio in cui non mancano gli strumenti per farsi capire, confrontarsi, condividere esperienze e - più seriamente - creare professionalità per fare impresa di grande valore. Abbiamo quindi una marcia in più per il solo fatto di poter esprimere lo stesso concetto con infiniti giri di parole oppure con la scelta mirata di almeno cinque sinonimi del concetto che vogliamo esprimere.

E sin qui tutto bene. Ma questa ricchezza di opportunità nel comunicare implica anche la responsabilità di dare sempre il giusto valore alle parole e di farsi guidare dall’etica nelle relazioni sociali, soprattutto in ambito istituzionale per chi ha l’onore e l’onere di governare la Res Pubblica.

Ed ecco che tutto il peso delle promesse, degli abboccamenti e delle inflessioni racchiuse in un discorso pubblico, in una riunione aziendale oppure in un social post scritto per dare valore ad una tesi politica piuttosto che ad un ragionamento economico, deve essere sempre valutato con attenzione. L’Italia, per storia e per cultura, è un Paese in cui la concretezza ha creato sviluppo e benessere, mentre la dialettica senza il talento del «saper fare» ha aumentato le disparità tra chi ha creduto a discorsi memorabili, ma sterili di contenuti operativi, oppure a formule magiche da apprendista stregone.

Una cosa è certa e trasversale, il nostro Paese ha oggi quanto mai bisogno di figure autorevoli e competenti che sappiano scrivere insieme a tutti i cittadini l’algoritmo di una nuova tecnologia, un’Intelligenza Artificiale che permetta di distinguere tra priorità ed urgenze e che sappia sacrificare il manuale Cencelli degli equilibri in virtù di un beneficio più ampio per gli italiani.

Riprendiamoci allora il valore delle parole, aggiungiamo questo nuovo primato a tutti gli altri che il mondo ci riconosce come unici ed inimitabili. Comunicare in modo semplice, trasparente, serio e basato su fatti concreti è il vero passe-partout con cui costruire il futuro del nostro Paese. In fondo, non è altro che una questione di marketing, perché il potere delle parole è in grado di far fibrillare i mercati, distogliere le persone dai veri problemi da risolvere e raccontare la realtà da una sola angolazione invece di farla zampillare a 360 gradi come accade a tutto tondo nelle fontane rinascimentali.

Il peso delle parole è quindi la chiave per aprire con stile ogni tipo di serratura, facendo la differenza tra autorità ed autorevolezza. Non inserire questa chiave nelle porte da aprire per sbloccare l’Italia, crea incertezza nel futuro e incapacità di orientare la nostra bussola per navigare sicuri. Al contrario, il rischio reale è di frequentare la più grande Facoltà Universitaria del mondo in Tuttologia con più di 60 milioni di professori assunti a tempo indeterminato.

L’Italia ha una gran fretta e un po’ dappertutto ha capito che le cose importanti si fanno senza pubblicare selfie e senza utilizzare hashtag su Twitter come #iocero. Perché, come diceva Confucio, se per una parola un uomo viene giudicato saggio e se per una parola viene giudicato stupido, dobbiamo allora stare molto attenti a quello che diciamo.

Enrico Molinari

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