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| 23 aprile 2019, 09:56

Finale Ligure, Paolo Folco si racconta: "Perché ho scelto di correre accanto a Gualberti"

La valorizzazione della cultura, il sostegno al piccolo commercio e alle botteghe artigianali, la tutela dell'identità dei luoghi, la gestione oculata dei flussi turistici sono solo alcuni tra i cavalli di battaglia dell'agente immobiliare finalborghese

Finale Ligure, Paolo Folco si racconta: "Perché ho scelto di correre accanto a Gualberti"

Entra anche Paolo Folco nella lista Gualberti Sindaco. Finalese, socio CAI, laurea in economia e commercio alla facoltà di Genova, agente immobiliare, da tempo attivo a favore della valorizzazione e della promozione delle peculiarità rionali e del territorio finalese.

Ecco l’intervista che ci ha concesso in esclusiva.

Allora Paolo, si riparte su quanto hai sempre sostenuto: autenticità, effetto Disneyland e ruolo della cultura come elemento di valorizzazione del genius loci?

Certo, tutti elementi che nel concreto portano a ricollocare residenti e commercianti al dettaglio al centro della scena cittadina in modo da avere rioni vivi e frequentati per tutto l’anno.

Quindi mandiamo via i turisti?

Assolutamente no, li accogliamo tutti e anche qualcuno in più ma in una città viva, orgogliosa della propria cultura e delle proprie caratteristiche. Una realtà che amplificherà la loro esperienza turistica favorendone la fidelizzazione e quindi il ritorno.

E poi guarda che è proprio adesso che ci sono segnali preoccupanti sul turismo ed un rischio concreto che si formi una bolla.

Addirittura?!

Beh, mi preoccupano sia alcuni fenomeni di sostituzione tra i flussi turistici che stanno allontanando alcune categorie, sia le flessioni delle presenze del 2018, soprattutto straniere, che sono concentrate nei mesi che caratterizzano la destagionalizzazione.

Una riflessione andrebbe poi fatta sul calo delle presenze, con arrivi pressoché costanti, che è ulteriore indice di come si stia diffondendo il fenomeno del “mordi e fuggi”.

Ok, ma la coabitazione tra vari flussi turistici e residenziali necessita di regole.

La serena coabitazione è garanzia di sostenibilità, qualche regola serve sicuramente, non calata dall’alto ma proposta in maniera morbida e accompagnata da un aumento dei servizi. Il caso classico è la gestione del territorio per gli sport outdoor.

Facciamolo…

Presto detto: ad importanti eventi di carattere mondiale non fa riscontro la manutenzione nel quotidiano. Siamo una Kitzbühel che non cura le sue piste da sci.

Altro tuo cavallo di battaglia è il commercio.

Sì, quello al dettaglio, gli artigiani e le botteghe di servizio di base che, insieme ai residenti ed ai flussi locali, tengono vivo un paese tutto l’anno.

Per non parlare dei negozi storici che sono una miniera, memoria storica del quartiere, profumo e aroma necessari anche in chiave turistica.

Realtà che sarebbe estremamente dannoso perdere.

Non tutti la pensano come te. Molti sostengono che chiuso un negozio ne apra di conseguenza un altro e così si va avanti.

Vero ma solo dal punto di vista quantitativo; sotto quello qualitativo è un danno serio anche per la vivibilità del paese e la sua “anima”.

In che senso?

Partiamo dalla celebre riflessione di Hampâté Bâ: "Quando in Africa muore un vecchio, è una biblioteca che brucia".

Con i dovuti accorgimenti, penso che la citazione spieghi anche i danni causati dalla perdita di alcune botteghe, lo svilimento del senso stesso di paese e lo scollamento tra abitanti e “mura”.

Tutti aspetti che rendono finte le nostre cittadine, di plastica, indipendentemente da quanto possano apparire esteticamente belle.

E a chi piace una destinazione turistica finta?

Mi diventi nostalgico.

No, giusto che una città evolva ma sempre rispettando la propria vocazione, il proprio DNA. L’elastico si può deformare e ottenere nuove, interessanti figure ma se tiri troppo si rompe.

Basta questo?

No, il lavoro è enorme. Alla base ci dovrà essere amore e cura per il territorio, senso di appartenenza.

Nel concreto si comincia ovviamente da decoro e pulizia.

Finale è una città che appare grigia e apatica ma che deve ritrovare slancio, energia ed entusiasmo, il suo giusto colore.

Tempo scaduto: concentra tutto in tre parole.

Impossibile, Finale è una città complessa che va capita e spiegata e non racchiusa in slogan o hashtag.

 

CPE

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