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Attualità | 25 dicembre 2014, 08:00

E' Natale, ma il panettone in carcere non può entrare. Il modello 176 lo vieta intero ma la 'fetta' è consentita

I buoni sono considerati tali in quanto danno sempre ai cattivi una seconda possibilità. I detenuti non sono contemplati in fondo alla lista di nessuno e a loro il panettone buonista di Natale non è concesso

E' Natale, ma il panettone in carcere non può entrare. Il modello 176 lo vieta intero ma la 'fetta' è consentita

I buoni sono considerati tali in quanto danno sempre ai cattivi una seconda possibilità.

Pinocchio era il peggiore dei bugiardi: truffe, contraffazioni e depistaggi. Nessuno poteva immaginare un elemento peggiore di lui. Eppure il perdono lo trasformò in un bambino vero e con un cuore.

Capitan Uncino perseguitava i bambini rendendone la vita un incubo. Egli venne risparmiato da Peter Pan, l'unico ad aver riconosciuto in lui il vero bambino sperduto.

Moby Dick era un mostro, una terribile balena che portava morte e distruzione sulle imbarcazioni che incrociavano la sua rotta: le baleniere. Una vittima-carnefice che infine riesce a salvarsi e a tenere lontani i suoi nemici.

I carcerati di oggi sono stati dei cattivi e continueranno ad esserlo per sempre perchè non esistono più buoni che siano in grado di perdonarli.

La realtà delle case circondariali italiane è tragica. La situazione  interiore di ogni singolo carcerato è la tragedia elevata all'ennesima potenza.

Esistono tante persone che hanno sbagliato: alcune lo hanno fatto perchè non credevano di essere così in torto, altre invece perchè pensavano che il loro errore restasse impunito ed altre ancora hanno commesso fatti e crimini così gravi che la parola sbaglio o errore non può essere utilizzata se non per biechi moralismi tipici da salotti  televisivi.

Dietro le pesanti porte di un carcere, che si chiudono una dietro l'altra, sempre con lo stesso suono metallico, sempre con lo stesso ritmo apatico, ci sono delle persone i cui nomi sono stati dimenticati e che preferiamo indicare come mostri, rifiuti, bestie. Spesso siamo talmente impegnati a giudicarle da non  ricordare nemmeno che quei mostri, rimangono delle persone, nel peggiore dei casi con una coscienza che li tormenterà fino alla fine, non della pena ma della vita.

A Natale siamo tutti più buoni. Compriamo regali costosi per le persone più importanti della nostra vita, oggetti banali per persone a cui l'etichetta ci impone di fare un pensiero e infine, senza perdere troppo tempo o troppa fantasia, regaliamo un panettone a chi proprio è in fondo alla nostra lista.

I detenuti non sono contemplati in fondo alla lista di nessuno e a loro il panettone buonista di Natale non è concesso.

Il modello denominato 176, affisso in ogni istituto, ricorda ai visitatori cosa è permesso e cosa non è lecito mettere nei pacchi destinati ad un carcerato. Essendo generalmente vietato ricevere e possedere generi che per loro natura, per il tipo di confezione o per l'uso che potrebbe farsi, siano difficilmente controllabili, il panettone in carcere non può entrare, se non su un piatto di carta e suddiviso in una fetta a testa.

Si sente dire sempre più spesso che il Natale non piace, che è un periodo triste e che ci si vorrebbe chiudere in casa aspettando solo che passasse.

Chi crede nel senso cristiano del Natale dovrebbe ricordarsi di viverlo a trecentosessanta gradi e non solo durante la messa del 25 dicembre, al mattino indossando il cappotto nuovo trovato sotto l'albero. Bisognerebbe ricordarsi che mentre ci si lamenta per i pranzi in famiglia spesso interminabili, in cui avanziamo quello che abbiamo nel piatto per inerzia, ci sono persone che il Natale lo passano in una stanza con altre cinque persone, probabilmente in un silenzio carico di rumore in cui nemmeno quell'unica fetta di panettone concessa riesce a lenire per qualche secondo la voce amara che li accompagna ogni secondo della loro vita: quella della loro coscienza.

 

Stefania Orengo

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