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In Breve

| 31 agosto 2015, 17:00

Disimparare per migliorare la vita

Disimparare per migliorare la vita

Consiglio di leggere i diari del capitano Cook o di Bougainville o anche altri autori successivi, come Lafond, che con grande autenticità fanno emergere l'incontro della civiltà europea, già corrotta e complessata, con il buon selvaggio. L'uomo afflitto e avvelenato dalla burocrazia, nei cicli e ricicli storici, ammira lo stato primitivo per la sua intatta semplicità e spensieratezza. Scatta prepotente un desiderio di "ritorno" alle condizioni naturali, ai ritmi di una vita armoniosa, al senso condiviso di comunità.

I navigatori e gli esploratori che approdavano in Polinesia si trovavano catapultati in un paradiso terrestre, rispetto ovviamente al grigiore frustrante di Londra o di Parigi tra Sette e Ottocento. Ancora oggi le città asfissianti, con tutto il contorno di insensibilità, degrado e stupidità burocratica, invitano alla fuga. La versione contemporanea di un desiderio così profondo e umano di semplificazione è la cosiddetta decrescita felice. Una boiata di filosofia spicciola che, però, porta in sé semi interessanti e sicuramente fruttuosi: al di là delle rinunce (sulle quali si potrebbe discutere), addita il recupero della qualità della vita. Il nocciolo della questione nei nostri tempi.  

Uno straordinario documentario, realizzato grazie al crowdfunding, che s'intitola eloquentemente "Unlearning" è merito del regista Lucio Basadonne, di Anna Pollio e della loro piccola Gaia. E' una famiglia genovese che è partita dal capoluogo ligure per un viaggio di sei mesi, durante i quali ha utilizzato solo servizi collaborativi, si è affidata ad altri pionieri della bioeconomia e, tra baratto e risparmio, ha girato l'Europa con un esborso di poche centinaia di euro. 

Il perché è sul sito www.unlearning.it e lo sintetizzano Lucio e Gaia: "Otto ore di lavoro al giorno a testa, bambina a scuola fino alle quattro del pomeriggio, babysitter.... Quando arriva il momento più importante della giornata, la cena, ci ritroviamo sfiniti a parlare di mutuo e bollette, organizzando un'altra giornata di sopravvivenza. Questo è il modello comune che finora abbiamo vissuto, che ci confina in uno stile di vita che a nostra volta stiamo trasmettendo ai nostri figli come assunto di verità. Ma se lasciassimo la zona comfort della nostra esistenza, 'disimparando' la religione del comfort per condividere i tempi, gli spazi, le logiche e i meccanismi di relazione con chi ha un concetto diverso di famiglia? Come vedremo la nostra vecchia vita al nostro ritorno? E, soprattutto, la vorremmo ancora?". 

Il documentario è stato proiettato a Garlenda e Alassio nel fine settimana. L'auspicio è che  si moltiplichino le occasioni pubbliche per vederlo. Non è soltanto un viaggio-esperienza, ma anche una straordinaria riflessione su nuovi modelli educativi che in pochi hanno il coraggio, antesignano, di concretizzare. 

In quest'epoca iperconnessa che solo all'apparenza sembra esaurire tutti i bisogni si ripresenta, in modo nuovo, il tema settecentesco dell'eden selvaggio: secoli fa era un paradigma costruito astrattamente per per criticare l'artificiosità malvagia dei costumi civilizzati. Oggi è l'aspirazione ad un'umanità più prossima allo stato naturale, libera dagli orpelli di leggine e convenzioni stupide, e soprattutto più rispettosa dello sviluppo libero di un'infanzia che è chiamata a rifondare il futuro. 

Felix Lammardo

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