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| 06 agosto 2010, 08:21

Alassio: Alassio100libri, stasera c'è Michela Murgia

Alassio: Alassio100libri, stasera c'è Michela Murgia

Questa sera, ad Alassio, si chiuderà la rassegna di incontri con gli scrittori finalisti della sedicesima edizione del premio "Alassio 100 libri Un Autore per l'Europa", promosso dall'Assessorato al Turismo e alla Cultura del Comune di Alassio.

 

Alle 21.15, nell'Auditorium della Civica Biblioteca, Michela Murgia presenterà il romanzo "Accabadora" (Einaudi).

Tema centrale del romanzo è quello dei lati nascosti della maternità elettiva. Michela Murgia, con una lingua scabra e poetica insieme, usa tutta la forza della letteratura per affrontare un tema così complesso senza semplificarlo. E trova le parole per interrogare il nostro mondo mentre racconta di quell'universo lontano e del suo equilibrio segreto e sostanziale, dove le domande avevano risposte chiare come le tessere di un abbecedario, l'alfabeto elementare di quando gli oggetti e il loro nome erano misteri non ancora separati dalla violenza sottile dell'analisi logica.

 

"Sono sempre stata affascinata dalle relazioni familiari" dice Michela Murgia "che non hanno il sangue come discriminante. Il tema della maternità elettiva mi appartiene profondamente, ma per non cadere nella trappola del parallelismo autobiografico, ho scelto volutamente di narrare il rapporto dal punto di vista della madre adottiva, una figura per la quale accompagnare i destini a compimento è solo una delle possibili sfumature della sua maternità, non necessariamente la più oscura."

 

La storia: Maria e Tzia Bonaria vivono come madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si sono scelte. La vecchia sarta ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sé, perché le colpe, come le persone, iniziano a esistere se qualcuno se ne accorge. E adesso avrà molto da insegnare a quella bambina cocciuta e sola: come cucire le asole, come armarsi per le guerre che l'aspettano, come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita sia la morte.

Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno.

Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come l'ultima. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo.

Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte.

Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.

La Sardegna degli anni Cinquanta è un mondo antico sull'orlo del precipizio, ha le sue regole e i suoi divieti, una lingua atavica e taciti patti condivisi. La comunità è come un organismo, conosce le proprie esigenze per istinto e senza troppe parole sa come affrontarle. Sa come unire due solitudini, sa quali vincoli non si possono violare, sa dare una fine a chi la cerca.

 

c.s.

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