Svolgendo alcune riflessioni sulla tornata nazionale di febbraio, l'elemento più eclatante da valutare è l'enorme successo del Movimento a 5 Stelle, il quale è diventato, a sorpresa, il primo partito alla Camera dei Deputati.
L'Italia, fino alla crisi della cosiddetta Prima Repubblica, nel 1992, ha sempre registrato flussi elettorali statisticamente abbastanza sclerotici, legati alla conservazione dello status quo.
Nella Seconda Repubblica, tenendo presente che un trenta per cento dell'elettorato democristiano, quello appartenente alla sinistra cattolica, è traslocato nelle file dell'Ulivo di Romano Prodi e quindi nell'attuale Partito Democratico, si è dimostrato decisivo l'astensionismo, più che evidenti migrazioni elettorali tra le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra.
L'exploit di Grillo è quindi un avvenimento storico per il nostro paese il quale, tranne che nei momenti di rottura istituzionale o di fortissime tensioni politico-sociali, come nel periodo successivo al famigerato biennio rosso 1920-21 e dello “sterminismo” fascista, non ha quasi mai conosciuto una fluidità elettorale così deflagrante.
A mio parere le ragioni sono diverse.
Prima di tutto il governo tecnocratico ed autoreferenziale di Monti, appoggiato dalle due principali fazioni del paese, è riuscito a conseguire, al di là della labile credibilità internazionale, le peggiori performance del dopoguerra, con un debito pubblico aumentato dell'8%, con una tassazione che ha raggiunto il picco del 44%, ed una recessione così estesa e stressante da portare il paese di fronte ad una vera e propria Depressione Economica.
L'efferata discriminazione economico-sociale che ha riguardato soprattutto i ceti più produttivi e le fasce meno abbienti, ha portato una parte consistente dell'elettorato alla rivolta morale ed ideale verso l'intera classe politica.
Beppe Grillo è stato il detonatore offensivo che con il suo linguaggio crudo e senza mezzi termini ha raccolto il risentimento bruciante che era tangibile da tempo negli strati più variegati della società italiana.
Si è sottovalutato e si continua a sottovalutare il livello di corruzione che rende inaffidabile il “Belpaese”.
Il clientelismo pervasivo, la lottizzazione partitica, i danni pubblici causati dalle caste corporative e l'estendersi della piovra mafiosa, insieme ad altri fenomeni viziosi, stanno portando a saturazione la pur notevole pazienza gregaria dei nostri concittadini.
E' quindi necessaria e inappellabile una riforma interna ai grandi partiti che devono denunciare con forza e direzione di linguaggio la corruzione intestina, emanciparsi dall'occupazione nepotista e patronale delle società a partecipazione pubblica e risolvere concretamente i problemi dei cittadini senza promesse ciarlatane, ma indicando con chiarezza dove tagliare l'abnorme spesa pubblica.
FAUSTO BENVENUTO
Consigliere comunale PdL – Savona