La materia reale, attraverso velature e stratificazioni, con stesure cromatiche pure e fra trame di texture, può riuscire a consegnare le opere pittoriche a una condivisione cosmica e immersiva, non obliterata dal particolarismo anedottico del dato naturale.
Non volendo relegarci a un’arte elitaria, ma a un’arte - sebbene astratta - comprensibile, perché nata dal quotidiano, dal vissuto, dalla realtà oggettiva, dalla capacità personale di generare circoli virtuosi, che possano infondere negli animi uno spirito critico e autocritico forte, dalla tensione interiore che consente di esplorare la complessità dell’individuo calato nel genere umano, nella collettività, nella comunità, nella società, dovremmo partire con determinazione, e con una maggiore incentivazione, a riconoscere nella persona comune, anche per caso incontrata per strada, l’artista espressivo. Chi, ossia, tramite un viatico, un itinerario lungo, consegue la consapevolezza che fare arte oggi è un’urgenza soggettiva, ma anche sociale e civile, avvertita come imponente. “Quando mi veniva voglia di capire qualcuno o me stesso, prendevo in esame non le azioni, nelle quali tutto è convenzione, bensì i desideri. Dimmi cosa vuoi e ti dirò chi sei.”, qui ben si attaglia Anton Pavlovic Cechov: questi sono i prodromi da cui Demy Canepa, ipso facto donna semplice e delicata, ma non scontata, s’ammanta di un’ortogenesi creativa e persegue la ricerca artistica, che le è propria. Un percorso di vita che si snoda continuamente, tra tematiche diverse e nuove esperienze. Nel suo excursus d’artista, Demy è attratta dal cambiamento e dalla scoperta di nuove tecniche, ma ogni sua evoluzione assorbe le tracce di quella precedente, nel significato simbolico della crisalide nella metamorfosi a farfalla, nell'efflusso catartico, in elementi sospesi in un principio gestaltico, poi riguardati nel possibile valore apotropaico, a lenire le temperie dello spirito.
Una muta ninfale, che procede in campo iconico, da segni, intesi come simboli che rimandano a cose o idee, già ascritti a un modo "astratto" di rappresentare la realtà, quali le stilizzazioni tradotte nel decorativismo floreale. La linea, curva e sinuosa, si libra fluida e libera da vincoli di simmetria e proporzione. Il colore, steso in tinte piatte e vivaci, sembra promanare la propensione della pittrice verso il sogno e la fantasia. S’ispira alle forme flessuose del mondo vegetale, le cui linee vengono stilizzate.
Nel suo variato intreccio di richiami classicheggianti, portati sul piano decorativo a un icastico espressionismo floreale, che a mio avviso – memento audere semper - è degno di una comparazione sinestetica, non tranchant, con un tessuto sonoro che attinge al jazz, al rock, degli anni '70-'80, nelle atmosfere magiche dei Roxy Music, una band irripetibile, che influenzerà tutta la musica a venire, in canzoni da sogno, in cui si alternano sassofono languido, pennellate di chitarra, batteria smooth, e la voce suadente di Brian Ferry, un cantante tra i più sensuali e affascinanti ditutti i tempi.
Mutatis mutandis, inneggiamenti, sotto l'aspetto stilistico, all'Art Noveau, nel solco della cognizione estetica delle avanguardie storiche, ultimo e labile accostamento all'ispirazione nelle forme della natura. Ma come la crisalide è l'anima chiusa nel corpo e, quando diventa adulta, è simbolo di libertà, Demy s’impone un ulteriore tragitto pittorico, fatto di ricerca, impegno, fatica, studio, preoccupazioni e soddisfazioni, e culmina in un traguardo.
Ammiccando un universo di sensi, ammanisce nell'immagine la molteplicità delle sue connotazioni, nell’espandere di più di un’idea, di uno stile pittorico animato e rutilante, consentendo alla propria abilità di uscire dai canoni usuali, ex cathedra, e cimentarsi con supporti materici o decisamente ostici, quali il dripping.