Savona - 11 marzo 2016, 17:00

Ladri di libri antichi

C'è una definizione interessante, quella del "cleptomane libidinoso", che ben si addice ai ladri di libri. Almeno quelli che elevano la bibliomania a ragione di vita, disposti persino ad essere accomunati ai delinquenti. Ma c'è un evidente differenza tra chi sgraffigna un "Wilbur Smith" nascondendolo sotto il giornale o nella borsa e chi depreda preziosi volumi, incunaboli e pergamene, unici ed irripetibili, al pari di certi collezionisti d'arte senza scrupoli.

L'ex segretario del vescovo di Albenga-Imperia ed ex parroco di Dolcedo, poi trasferito a Vessalico, è stato condannato per la scomparsa di migliaia di pagine, volumi e carte geografiche antiche dalla biblioteca dei Girolamini di Napoli, della quale qualche hanno fa era conservatore. Un danno che sfiora i 20 milioni di euro, secondo la Corte dei Conti di Roma. 

Difficile provare simpatia per questo saccheggio, così come per il brutto mercimonio di libri antichi rubati che in Italia tuttora è diffuso. Dal furto ideologico a quello su commissione, è sempre un atto riprovevole. 

Non vale quindi la definizione di "cleptomani libidinosi" che l'editore Vanni Scheiwiller usava per distinguere i ladri comuni da alcuni "furbetti" che, spinti da un irrefrenabile desiderio di possesso, hanno come fine ultimo la lettura. I predatori di stampe e manoscritti antichi violano beni unici, non seriale, con un istinto - sì - seriale, quello del collezionista-narcisista. 

Felix Lammardo