Si è svolta ieri a Roma la riunione richiesta dalle regioni al Governo per discutere delle problematiche relative alle concessioni balneari, alla luce dell’imminente sentenza della Corte di giustizia Europea che deciderà sulla validità della proroga al 2020.
Per il governo hanno presenziato il ministro Enrico Costa, il viceministro all’economia Enrico Zanetti, il sottosegretario al turismo Dorina Bianchi e quello agli affari europei Sandro Gozi. Per le regioni hanno invece partecipato il coordinatore del tavolo interregionale sul Demanio e assessore all’Urbanistica della Regione Liguria, Marco Scajola, Giovanni Lolli (Abruzzo), e Andrea Corsini (Toscana) in rappresentanza di tutte le regioni costiere.
“Sebbene abbiamo giudicato importante e doveroso tale incontro – afferma Bettina Bolla, presidente di Donnedamare – perché la questione balneare va affrontata con costanza, come del resto sta già facendo la regione Liguria dal giugno scorso, con l’assessore Scajola in primissima linea, allo stesso tempo le linee guida cui sta lavorando il Governo sono deboli perché parlano di 10-15 anni al contrario dei 30 anni richiesti dalle associazioni di categoria prima delle aste e sembrano orientate ad annientare un settore che dà lavoro, crea occupazione e ricchezza, piuttosto che a salvarlo, come hanno fatto già altri paesi quali la spagna, prorogando di 75 anni le concessioni balneari”
“E’ impensabile infatti ogni sorta di pianificazione degli investimenti con un periodo transitorio di 10-15 anni – continua Bolla - si rischia di far rimanere in stallo un intero settore per altri anni. Senza dare certezza di continuità alle imprese e ai concessionari tutti gli investimenti saranno ridotti e non potremmo più essere competitivi con gli altri paesi europei. Gli attuali concessionari balneari sono estranei alla Bolkestein, essendo concessionari di beni e non di servizi, come ha affermato anche lo stesso Bolkestein e come riportato sul sito del MEF in un articolo ripreso e pubblicato sul sito donnedamare.it”
“Chiediamo al governo – conclude la presidente di Donnedamare - di tutelare il nostro diritto di esistere e di garantire il valore di aziende familiari che ci appartengono perché create attraverso le nostre intuizioni e attraverso il nostro lavoro. Spiagge che hanno visto negli anni investimenti di capitali ma anche di vita. Non ci resta che attendere la sentenza della Corte di Giustizia, peccato perché da cittadina italiana avrei voluto che la giustizia arrivasse dal nostro governo, che alla luce di quanto successo in Gran Bretagna, adesso avrebbe senza alcun dubbio la possibilità di chiedere maggiori garanzie per il nostro settore, proprio a quell’Unione Europea che oggi è in forte difficoltà e non si accorge di avere sbagliato qualcosa”.