Maria Elena Boschi, ministro delle riforme e dei rapporti con il Parlamento, chiude oggi la campagna referendaria a sostegno del “SI” nella Baia del Sole. Per Maria Elena Boschi è stato un ritorno in Riviera, infatti era già stata ad Albenga per sostenere la campagna elettorale di Giorgio Cangiano e poi per sostenere la candidatura di Cristina Battaglia per le amministrative di Savona. Oggi il suo ritorno in favore del Si alla riforma costituzionale.
Ad aprire il dibattito l'On. Vazio: "Tentiamo di cambiare la costituzione dopo trent'anni per adeguarla e per superare il bicameralismo perfetto che fa si che ci siano burocrazie e inefficienze che devono essere superate".
Continua Vazio: "Importantissimo abolire il CNEL che in anni ha prodotto pochissimo". Inaccettabile alcune argomentazioni del No che ci spiegano come in sei mesi si potrebbe dare il via ad una riforma diversa che però loro non sono in grado di fare - conclude - La richiesta di avere aria Elena ad Alassio era per rappresentare una politica semplice fatta di impegno mai urlata, Maria Elena rappresenta una nuova faccia della politica che, però taglia i traguardi".
Spiega Maria Elena Boschi "In questa campagna elettorale abbiamo creato legami e abbiamo deciso di sognare insieme. In molti si sono dati da fare e vorrei ringraziare tutti. La partita però si gioca nelle prossime 48 ore e ognuno deve sentirsi protagonista per far vincere il si. Questo è un referendum fondamentale perché se non vince il si questo sarà stato solo l'ennesimo tentativo fallito. Nella scheda non ci sono simboli di partito non si chiede il parere sul Governo ma si chiede di decidere il futuro del nostro paese".
"Questa è la Nostra riforma, la battaglia di ognuno di noi. Il cambiamento richiede coraggio ed energia più del no, ma è importante portare avanti questa riforma per semplificare il nostro sistema e costruire insieme un'Italia più giusta".
Conclude: "C'è molto lavoro da fare e sono convinta che il 5 dicembre ci metteremo al lavoro con strumenti migliori e questa sarà l'ultima occasione per poter cambiare almeno per i prossimi 10/15 anni".
Diversi, dunque i motivi portati al folto pubblico che l’ha ascoltata presso la sala polivalente del Don Bosco, tra questi:
Per avere leggi in tempi più rapidi
Quante volte i cittadini hanno dovuto attendere per anni riforme e risposte concrete alle proprie esigenze? Con il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Adesso, la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discuterle e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale. Più velocità non significa “più leggi”, ma risposte più tempestive da un Parlamento più credibile.
Per ridurre i costi della politica
Verrà ridotto il numero dei parlamentari, perché i senatori passeranno da 315 a 95 (più 5 di nomina del Presidente della Repubblica) e non percepiranno alcuna indennità; il CNEL verrà abolito, e con esso i suoi 65 membri e i suoi 20 milioni all’anno; i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del Capoluogo di Regione e saranno vietati i rimborsi ai gruppi regionali; le Province saranno finalmente eliminate dalla Costituzione, e con loro tutti quegli sprechi e burocrazia. La riduzione di costi e poltrone darà efficienza e credibilità alle istituzioni.
Per superare il bicameralismo paritario
Finalmente l’Italia cesserà di essere l’unico paese europeo in cui il Parlamento è composto da due camere uguali, con gli stessi poteri e praticamente la stessa composizione. Il superamento del “bicameralismo paritario” servirà per ridurre il costo degli apparati politici e per rendere l’attività del Parlamento più rapida ed efficace, in grado di rispondere tempestivamente alle esigenze dei cittadini. La Camera dei Deputati darà e toglierà la fiducia al Governo, il Senato rappresenterà le istanze e i bisogni di Comuni e Regioni.
Per chiarire le competenze di Stato e Regioni
La riforma elimina le competenze “concorrenti” e stabilisce chiaramente il rapporto tra Stato e Regioni: finalmente vengono risolti i conflitti d’attribuzione, che per 15 anni hanno ingolfato la Corte Costituzionale e causato sprechi e ritardi per i cittadini e lavoratori, ponendo un grande freno allo sviluppo.
Materie come la sanità, il turismo, le politiche attive del lavoro, le politiche sociali, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia e la formazione professionale saranno di esclusiva competenza dello Stato. È fondamentale che a ogni Regioni sia garantito uno standard qualitativo per la disciplina di queste materie. Il nuovo Titolo V consentirà bollette più leggere e più efficienza. Le Regioni potranno avere maggiori competenze quando virtuose.
Per aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa
Il Senato diverrà finalmente il luogo della rappresentanza delle Regioni e dei Comuni, che potranno finalmente portare a livello nazionale le proprie istanze. Per troppi anni, la loro limitata capacità di partecipazione alla formazione delle leggi dello Stato ha causato ritardi, conflitti e contenziosi. In più, il nuovo Senato dei sindaci e dei consiglieri sarà investito di una funzione molto importante: parteciperà alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne verificherà l’impatto sui territori. E’ un compito decisivo, che consentirà ai territori di valutare che le politiche comunitarie vengano fatte a loro vantaggio
Maggiore partecipazione dei cittadini
La democrazia non si riduce solo al momento del voto, ma è un insieme di strumenti nelle mani dei cittadini per esprimere le proprie idee, proposte e bisogni. La riforma dà più voce ai cittadini: il Parlamento avrà l’obbligo di discutere e deliberare sulle proposte di legge di iniziativa popolare firmate da 150.000 cittadini; saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo; si abbasserà il quorum per i referendum abrogativi (quando proposti con 800.000 firme, il quorum si abbasserà dal 50% degli aventi diritto al 50% dei votanti alle ultime elezioni, in media il 35%).