Nel nome di Alexander Langer, uno dei fondatori del movimento Verde italiano, gli ecologisti savonesi accolgono l'invito a partecipare all'incontro con il giornalista e scrittore Fulvio Colucci, vincitore del “Premio Ilari Alpi” 1995.
Venerdì 27 gennaio alle ore 18.00, presso la libreria UBIK, Colucci, che scrive su “La Gazzetta del Mezzogiorno” parlerà del suo libro “ILVA Football Club”,insieme a Danilo Bruno dell' Agorà “Alexander Langer” di Savona.
L'autore, nato nel quartiere Tamburi di Taranto, dopo il sequestro dell'ILVA per disastro ambientale sente il dovere di ricordare il padre, morto di cancro, come tutti i componenti della squadra di calcio che giocava all'ombra delle ciminiere. Protagonisti del “calcio operaio” negli anni 70, uccisi dalle polveri che respiravano sul terreno di gioco e nei reparti dell'acciaieria.
L'incontro avverrà grazie alla collaborazione con la “Rete Savonese Fermiamo il Carbone” che, insieme a “Ecologisti e Civici” intende ragionare su quello che si può fare per difendersi dai veleni ambientali e costruire un futuro migliore per tutti.
Anche Savona per molti anni ha vissuto una vicenda simile a quella di Taranto.
Tra le tante persone che attraversano ogni giorno “Corso Evaristo Tardy e Stefano Benech” quanti sanno che l'industria siderurgica savonese sorse proprio nel lontano 1861 per iniziativa di questi due imprenditori? L'azienda già nel 1875 impiegava 700 operai e si ampliò spianando i 27 mila metri quadrati di terreno tra il Priamar e il molo S. Erasmo. “Siderurgica”, “ILVA”, “Italsider”, “Nuova Omsav”– nel tempo tanti nomi per una fabbrica che giunse poi alla chiusura definitiva nel 1994.
In tutti quegli anni di “sviluppo economico” anche a Savona “molto fumo delle ciminiere significava molto lavoro”; nonostante già nei primi anni del '900 sul giornale socialista “Il Diritto” esistesse una rubrica :“La galera dell'ILVA”, nella quale venivano riportati tutti i danni e le numerose cause di morte che gli operai savonesi subivano per quelle pericolose lavorazioni.
Nel 1961 l' ILVA si spostò a Taranto sotto il nome di Italsider e divenne il polo siderurgico più importante d'Italia, con 11.600 occupati. L'azienda nel 1995 passò al “Gruppo Riva” con le tristi conseguenze che tutti ormai ben conosciamo.
Sofferenze e disastri ambientali che, prima a Savona poi a Taranto, si sarebbero potute evitare? Oggi le nuove tecnologie per la produzione dell'acciaio offrono risposte incoraggianti già sperimentate in Europa. I sistemi di produzione industriale“Corex” e “Finex” riducono del 90% le sostanze tossiche e del 98% la contaminazione dell'acqua.
Gli impianti già realizzati dalla “Siemens” sono in grado di ridurre le diossine del 97% e le polveri sottili del 90% (tecnologia “MEROS”-Maximized Emission Reduction of Sintering- adottata anche dall'impresa siderurgica austriaca “Vaus Alpine”). Quindi un futuro vivibile anche per Taranto è possibile applicando nuovi metodi per produrre acciaio.
Nel libro di Colucci un appello per non ripetere gli errori del passato: “Con i ragazzi parlavamo di vita. Oggi sembra incredibile visto il disastro ambientale, i morti, le malattie, le verità sull'inquinamento, il dramma del LAVORO SENZA LA SALUTE”.