E-sports, hobby? Non proprio…

Giocare ai videogame non è solo divertente ed appassionante, ma se fatto a livello professionistico può diventare un vero e proprio lavoro.

Gli Electronic Sports sono nati negli anni 80, quando negli Stati Uniti veniva organizzato il primo vero serio torneo di eSports che riuscì a raccogliere ben 10.000 spettatori.

Da lì in avanti, l’interesse crescente ed il veloce propagarsi dei videogiochi crebbe al punto tale, che anche le emittenti televisive e le testate giornalistiche iniziarono a parlare di eSports e dei tornei connessi.

Gli eSport sono sostanzialmente sport elettronici nati con i videogiochi e che ora si possono giocare a livello competitivo e organizzato partecipando a specifici tornei e campionati con in palio ingenti somme di denaro. A titolo esemplificativo possiamo trovare concorrenti di diversi campionati che si affrontano da casa propria in giochi come Call of Duty, Fortnight, League of Legends. Le sfide vengono seguite da milioni di fan sparsi per tutto il mondo attraverso piattaforme di streaming che consentono agli spettatori di tifare per il proprio giocatore preferito in tempo reale.

Diamo dei numeri. Nel 2019 si stima siano circa 400 milioni le persone che guarderanno gli electronic sports, inclusi 165 milioni di appassionati di eSports, ovvero gli spettatori frequenti.

Ma non c’è solo un sano divertimento. Quello degli eSports, come quello più in generale del gioco online (in cui generalmente troviamo slot machine e giochi da casino) è un mercato particolarmente redditizio e che registra guadagni importanti destinati non solo ai diretti giocatori, ma anche alle case produttrici dei giochi. I tornei mettono ora in palio montepremi a 6 zeri che vengono suddivisi tra i giocatori delle squadre vincenti, ma l’indotto globale per l’intero settore settore si stima possa superare nel 2019 il miliardo di dollari.