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Solidarietà | 20 aprile 2020, 15:12

Scafuro: "Il mio 'cortile diffuso' a Finalpia per ridare ai nostri giovani la speranza" (FOTOgallery)

Spiega l'ideatore: "Un modo per creare attività manuali e condivisione, per permettere ai nostri ragazzi di staccarsi da internet e dall'ansia di questa emergenza"

Scafuro: "Il mio 'cortile diffuso' a Finalpia per ridare ai nostri giovani la speranza" (FOTOgallery)

In epoca di Coronavirus si può riscoprire e rivivere insieme l’antico concetto del cortile e del quartiere, pur nel rispetto di tutte le necessarie cautele del caso? Certamente sì.

Come si può fare, a Finalpia lo ha suggerito Tonino Scafuro.

Da sempre, nel Finalese, il nome di Tonino Scafuro è sinonimo di parole come condivisione, aggregazione, solidarietà. Qualche esempio? FinaleFreeMusic, la musica per tutti con i pianoforti e gli eventi in piazza; “Fili e Abbracci”, spettacolare flash mob sul tema dell’abbraccio libero; oppure gli incontri di stone balancing sulla spiaggia: mettere le pietre in equilibrio come metafora del proprio equilibrio interiore.

E questi, lo ripetiamo, sono solo alcuni esempi della creatività di Tonino, “Homo Faber” finalese per eccellenza che ha saputo circondarsi di volta in volta di un vero e proprio team di persone con abilità e talenti diversi, ma con la sua stessa voglia di fare.

E oggi Scafuro ci racconta la sua idea di “cortile diffuso”. La premessa, ci spiega, nasce dalla sua esperienza di oltre quarant’anni di lavoro nella scuola.

“Nel mio quartiere in via Calvisio abitano tanti miei ex alunni. Non potevo pensare a loro, per due mesi chiusi in casa, solo a seguire una didattica on line fatta di ore e ore al computer che possono diventare estenuanti per gli occhi e per la mente, in più con i loro genitori anch’essi bloccati al computer per lo smart working. Io sono sempre stato per una didattica creativa, manuale e, dove possibile, anche giocosa. Così ho lanciato questo momento di condivisione attraverso una rete di carrucole che collegano i terrazzi dei vari civici, tutti affacciati sul nostro cortile. A distanza abbiamo creato laboratori dove ognuno ha messo a disposizione il proprio talento e la propria manualità. Benedetto Verta ha ricevuto in dono vecchi libri dismessi con pagine scolorite e ingiallite e ne ha fatto delle rose di carta, io ho comprato olio e farina e li ho fatti avere a Patrizia De Maio, che insieme ai suoi figli ha preparato i tipici fugassin e poi li ha condivisi con tutti. E la cosa più bella è stata vedere riscoprire dai più piccoli i giochi di una volta, con un sorriso di gioia e di emozione sul viso: le bolle di sapone, il telefono fatto con due bicchieri di carta e un filo per parlarsi da un terrazzo all’altro, il teatro dei burattini. Amo dedicarmi a lavori manuali: ho costruito un teatrino con il palco, le quinte, il cielo e i bambini hanno prodotto con il das dei burattini di una bellezza sorprendente. Certo, la pioggia di questi giorni non ha agevolato le nostre attività condivise tra i vari balconi, ma presto torneremo a lavorare tutti insieme seppur a distanza e i bambini manderanno addirittura on line il loro teatro dei burattini in streaming sui social, ovviamente col consenso dei genitori, in quanto si tratta di minori”.

Chiediamo a Tonino perché fa tutto questo. La risposta, ci dice lui, è semplice e dovrebbe essere nel cuore di tutti noi: “Perché i giovani sono il nostro futuro, il nostro domani. E invece continuo a vedere una società che li trascura, in una Liguria che investe solo sulla silver economy, tutela e coccola i suoi anziani, mentre la provincia di Savona è prima in Italia per consumo di alcool tra i giovani. Tra casi di psicotici precoci e di dipendenze abbiamo oltre 9000 testimonianze in Liguria. Vedo le scene di minorenni, ragazzi e ragazze, che si prostituiscono per il crack nei vicoli di Genova e mi fa male al cuore. E in questo quadro generale la pandemia sarà una bastonata in più: i nostri giovani vedono solo messaggi di ansia e paura, i loro genitori che perdono guadagni e lavoro e i loro anziani che muoiono. Bisogna distrarli, coinvolgerli, prevenire i danni emotivi da clausura forzata offrendo l’alternativa di un mondo fatto di condivisione e manualità”.

Ma non tutti i quartieri sono Finalpia e non ovunque c’è un Tonino Scafuro… Quindi? Ci risponde: “Il mio appello va alle associazioni di volontariato e alle cooperative: li invito, come ho fatto io, ad arrivare nei cortili e a organizzare attività coinvolgenti e diffuse”.

E dopo “il cortile diffuso” la “parrocchia diffusa”. Racconta ancora Scafuro: “Sono fedele e ammetto che a Pasqua mi è mancata la Messa. Così ho pensato a qualcosa che non sia sempre e solo internet per fare arrivare la preghiera tra la gente. Vorrei un camion cassonato, con in cabina, adeguatamente schermato e tutelato, un autista. Sul cassone un altare semplice, improvvisato, ed un parroco con un radiomicrofono. I fedeli si affacciano dai balconi, mantengono le distanze di sicurezza ma intanto lo salutano, lo ascoltano… E per chi non può affacciarsi, sempre a due o tre metri dal cassonato, un videomaker e un operatore di regia per la diretta streaming, perché comunque le tecnologie ci sono e vanno usate con parsimonia e buon senso, ma non accantonate”.

Dopo il “cortile” e la “parrocchia” anche “la scuola diffusa”. Spiega ancora Scafuro: “La ripartenza dovrà essere graduale, quindi vorrei una serie di eventi che coinvolgano musicisti, teatranti, grafici, ma anche le attività del territorio, dal bar che prepara le colazioni per tutti alle librerie e cartolerie che forniscono materiale didattico, fino al ruolo fondamentale degli operatori video. Ho spesso lavorato a stretto contatto con Lorenzo Vicino di Cisque Service e Simone Baglietto che hanno attrezzature e competenze e sono veramente eccellenti nei loro ruoli. Si innescherebbe una economia circolare positiva per riportare la scuola e i giovani al centro di una serie di meccanismi sociali virtuosi”.

Tanti progetti positivi ma non manca la paura del domani. Commenta Scafuro: Troppi credono che il 4 maggio sarà un ‘Liberi tutti’. Se avverrà sarà la sconfitta della nostra società e la vanificazione di quanto fatto fino a ora. Da organizzatore di eventi so che nulla va lasciato al caso; portare in una piazza o in un teatro un concerto o una rappresentazione significa definire degli spazi ben precisi: per gli artisti, per la regia, per la security, per i tecnici audio e luci, per gli elettricisti… Ecco, vorrei che ogni paese riprogettasse la sua ripartenza in quest’ottica. Senza una visione e una regia impererà il caos. Invece per la ripartenza ci vorrebbe una task force fatta di pedagogisti, insegnanti, psicologi, ma anche categorie commerciali, dai negozianti ai bagni marini, ognuno che faccia ben presenti le proprie esigenze, per determinare spazi e ruoli di ognuno. Solo così si potrà pensare di ripartire veramente”, conclude Scafuro.

Alberto Sgarlato

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