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Sanità | 24 settembre 2020, 13:11

Coronavirus, Bassetti: "In Francia non c'è il lockdown. Stanno facendo con ritardo ciò che in Italia stiamo attuando da maggio"

Il direttore della clinica di Malattie Infettive del San Martino di Genova inoltre sottolinea come nel nostro Paese "il numero dei positivi sul totale di tamponi effettuati rimane stabile intorno all'1-2% e la letalità oggi è intorno allo 0.5%"

Coronavirus, Bassetti: "In Francia non c'è il lockdown. Stanno facendo con ritardo ciò che in Italia stiamo attuando da maggio"

"Quello che i francesi chiamano zona scarlatta o zona rossa non è altro che quello che noi (senza chiamarla così) stiamo facendo da maggio. In Francia stanno facendo con ritardo quello che da noi è ormai una consolidata abitudine. Diciamolo, noi abbiamo fatto le cose meglio su molti aspetti della gestione Covid. Bisogna fare attenzione, però perché qui da noi sui media sembra che in Francia ci sia un lockdown. Non è così. Si tratta solo delle misure di contenimento che stiamo applicando noi italiani da mesi". A parlare così, tramite la propria pagina social, è l'infettivologo Matteo Bassetti. 

Il direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova ci tiene a sottolineare il ruolo svolto dal nostro Paese durante i mesi più delicati dell'emergenza sanitaria. "Ci stanno copiando, tuona Bassetti, anche se noi abbiamo una epidemia più controllata con meno casi. Insomma, abbiamo fatto le cose meglio. Abbiamo oggi in Italia circa 55.000 contagiati positivi al tamponecon poco più di 2000 ricoveri in ospedale (il 4% del totale) e circa 250 persone in terapia intensiva (lo 0.5%)". 

Secondo il direttore Bassetti "il numero dei positivi sul totale di tamponi effettuati rimane stabile intorno all'1-2%. Ed è stabile da oltre un mese. I nostri ospedali hanno molti ricoveri, ma la gravità della malattia è molto diversa rispetto a marzo, anche grazie alle cure più appropriate e alla buona gestione ospedaliera. La prova è che la letalità oggi è intorno allo 0.5%. Dovremmo abituarci per i prossimi mesi a questi numeri con contagi stabili e ricoveri ospedalieri. Senza allarmarsi troppo se ci saranno focolai. Abbiamo tutti gli strumenti per gestirli al meglio".

"Siamo il Paese in Europa che usa di più le mascherine, solo il 3% non le usa. In Italia, continua l'infettivologo, abbiamo lavorato bene ed è ora di finirla di criticare gli italiani. Cerchiamo  qualche volta di riconoscere i loro meriti.  Occorre, in Italia, maggiore tranquillità nella comunicazione, uno sforzo per il bene comune nello stimolare una nuova educazione civica con maggiore consapevolezza dei problemi infettivi e un nuovo rispetto per gli altri. Non più la politica della sanzione con la multa se non ti metti la mascherina, ma l'informazione per un maggiore convincimento collettivo che le misure in vigore, ha concluso, servono per proteggere noi e la comunità in cui viviamo. Insegnare l'educazione sanitaria e civica, non imporla per decreto".

Redazione

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