Il progetto politico di Marco Russo segna il ritorno sulla scena dei cattocomunisti, ossia di quell’area di ispirazione democristiana che si rifà a valori cristiani condivisi con settori della sinistra e che ha avuto come massimo esponente ligure il senatore Nanni Russo, compianto padre di Marco.
Per la seconda volta, dopo ventisette anni, i cattocomunisti tentano la conquista di Palazzo Sisto, con l’appoggio leale ma non entusiasta del Pd e di altre forze minori. Nel 1994 andò male.
Un progetto molto simile cadde di fronte al centrodestra della neonata Forza Italia e della Lega Nord. Alla guida del centrosinistra di matrice, appunto, cattocomunista, c’era il padre nobile del Pci, il senatore Aldo Pastore, in quegli anni costruttore di un dialogo sempre più stretto tra la sinistra, esponenti del mondo cattolico e democristiani non allineati al berlusconismo.
Per dirla alla Occhetto sembrava una “gioiosa macchina da guerra”, invece il nome di Pastore è legato alla prima sconfitta della sinistra a Savona.
Accadde che molti esponenti del Pds fecero votare il candidato del centrodestra Francesco Gervasio. Insomma, Pastore fu sconfitto dal “fuoco amico” prima ancora che dalle truppe bossiane e berlusconiane. Dopo quella batosta, a livello savonese i cattocomunisti finirono ai margini.
Con l’arrivo di Carlo Ruggeri e Federico Berruti a Palazzo Sisto, infatti, il loro spazio venne occupato dal Psi, con risultati per altro ottimi sotto il profilo elettorale.
Ora, Marco Russo potrà fare tutti gli scongiuri del caso, ma se la storia insegna qualcosa, conviene non fidarsi troppo della propria autosufficienza. I cattocomunisti non possono fallire ancora.