Economia - 03 maggio 2021, 09:21

Non è una città (solo) per vecchi

A Savona, fra dozzine di serrande abbassate, c’è anche chi prova a ripartire - di Mimmo Lombezzi

Francesco Lazzarino e Alessandro Parodi

“Aziende giovanili in declino. Dal 2011 è scomparso il 22%”. Così titolava 10 giorni fa un articolo del Sole24ore che, citando un’analisi di Unioncamere-Infocamere, diceva che le aziende gestite da under-35 sono 541.000, 156.000 in meno rispetto a 10 anni fa.

In un contesto come quello di Savona, che già prima della pandemia era “area di crisi complessa”, può essere interessante cercare i segnali in controtendenza, cioè quei Giovani Ostinati che hanno deciso di sfidare la doppia crisi pandemica e industriale, come Francesco Lazzarino. 

La prima volta che ho visto Francesco sembrava una riedizione del Barone Rampante: aggrappato a un ramo, a 4 metri da terra, potava un ulivo sulla collina di Marmorassi. Di un nobile d’altri tempi Francesco ha la calma, la cortesia ‘piemontese’ e il lessico compìto, ma queste virtù aristocratiche celano la determinazione di un ariete. In una città dove le scritte “chiuso”, “vendesi” o “si affitta”, scandiscono la decimazione del terziario, Francesco (34 anni) sta per lanciare un altro ristorante, il terzo della sua recente carriera di imprenditore del “food”.

Il locale, che si chiamerà “Materia”, è agli ultimi ritocchi tra le possenti mura di un vecchio palazzo di via Untoria, a 300 metri dalla Darsena, dal Priamar e da uno dei luoghi più allegri di Savona: il mercato comunale, tempio del dialetto. 

“A Genova ho studiato a Psicologia - racconta Francesco – poi ho lavorato in una comunità per minori, ma ero troppo coinvolto emotivamente e così ho deciso di continuare a lavorare sulla psiche, ma attraverso il cibo. Se valorizzi l’aspetto etico e green di un prodotto e di un’azienda, puoi introdurre un elemento diverso anche nei rapporti umani. E’ qualcosa che emerge già nel fatto di privilegiare una piccola realtà produttiva e famigliare, rispetto alla grande distribuzione, ma che investe anche i rapporti di lavoro, che vanno costruiti cercando di coinvolgere le persone, cercando non di imporre le scelte ma di condividerle. Così ho studiato Scienze gastronomiche all’universita di SlowFood a Pollenzo, e sotto l’ombrello di Petrini, ho aperto il primo locale a Bra. Il mondo slow cercava da anni un punto vendita per piccoli produttori che hanno difficoltà con la grande distribuzione e vogliono valorizzare lo storytelling del prodotto. Con una collega, Giulia Pandolfi,  abbiamo lavorato con Costa Group ed Elettrolux per allestire il punto vendita, che si chiama Local Bra e ha una corte interna nel centro di Bra. Selezionare oltre 300 piccoli produttori, mi ha fatto conoscere a fondo la realtà della Provincia Granda, che è una delle più ricche e varie d’Italia”. 

Se Francesco esprime la dimensione filosofica e green dell’approccio al cibo, il suo socio Alessandro Parodi (27 anni) esprime quella internazionale. 

“Ho iniziato a Savona lavorando con la pasticceria Articioc – racconta -  poi mi sono trasferito in Belgio a Florenville, dove ho scoperto la passione per il cioccolato con lo chef Eduard Bechoux. Tornato in Italia ho lavorato due anni con Cannavacciuolo a Villa Crespi e un anno in Trentino, con Norbert Niederkofler . L’ultimo lavoro è stato in Francia presso un relais-chateau con ristorante stellato in cui mi occupo di tutta la parte ristorazione”.

“Materia”, il ‘bistrò’ di Francesco e Alessandro ha un retroterra e un laboratorio. Il laboratorio ha già ospitato  i corsi di Alessandro per ristoranti come “Meta” (Celle) e “Controrrente” (Noli), mentre il retroterra è un orto di famiglia (di Francesco),che produce olive, aromatiche, miele e verdura.

“Il nostro locale, Materia, sarà più un bistrò che una trattoria – spiega Francesco - impiattamento semplice, pochi ingredienti ma cura nei dettagli, olio di qualità e prodotti di stagione. Siamo vicini a un cambio di stagione e offriremo menù fresco, alla portata di tutti, con qualche innovazione che deriva dalle esperienze stellate di Alessandro”. 

Sandro e Luciano si conoscono lavorando come camerieri in un ristorante di Roma, il primo sogna di diventare uno scrittore, l'altro di aprire un ristorante con wifi a Cuba, decidono di partire e quando arrivano in America incontrano Nora.

Piatti tipici? 

“Non vogliamo presentarci come trattoria ‘ligure’, ma spaziare su tutto quello che ci piace, ad esempio il polpo alla greca, con alloro, aglio e cottura a bassa temperatura con ginepro. Vogliamo valorizzare il contorno esaltando quello che di solito è il secondo elemento del piatto, senza farne un mantra, ad esempio una tagliatella fatta a mano con ragù napoletano, che diventa l’elemento principale. Per le bevande , lavoreremo con realtà di zona come l’enoteca di Via Caboto, scegliendo vini del territorio, come il granaccia di Turco, ma anche vini nazionali e internazionali con una storia”. 

Voi eravate tra i soci di un altro locale, “Retrobottega”, i cicli di lockdown che danni hanno fatto?

“Pesanti, perché lavorando sugli aperitivi e, curando un servizio dedicato con pochi coperti non potevamo aprire e chiudere continuamente. Abbiamo avuto 10.000 euro di ristori e un contributo di 10.000 euro per aziende che acquistano prodotti italiani, ma sono cifre che bastano appena a pagare l’affitto. Sarebbe più utile facilitare le assunzioni, promuovere contratti agevolati e aiutare chi investe. La priorità è uscire dall’emergenza sanitaria e non siamo noi che dobbiamo decidere gli orari del coprifuoco - lo devono fare le autorità locali e nazionali - ma la comunicazione deve essere chiara e deve permetterci di organizzarci”.

Il Sole 24 Ore dice che il collasso delle start up giovanili è dovuto alla pandemia ma anche ai “timori sulle chances di stabilità del business”. 

“In un momento di crisi chi ha idee e desideri deve rischiare, specie noi giovani. Questo è il terzo progetto che metto in piedi con soci e amici diversi. E’ terribile vedere Via Pia con 10 vetrine sfitte e affitti impossibili , eppure questo è il momento migliore per rilanciarsi. Tanti ragazzi sono tornati dall’estero e non solo hanno voglia di fare, ma hanno anche tante idee. Vorrei andare in controtendenza e dire che può essere un anno importante per rilanciare il nostro territorio. Ora abbiamo il menu, abbiamo il nome e abbiamo il format. Aspettiamo solo che ci diano luce verde per aprire”.

Mimmo Lombezzi

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