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Sanità | 23 maggio 2021, 17:10

Icardi: "Aspettare a vaccinarsi? Lo considero un errore"

Intervista al primario di Igiene dell’Ospedale San Martino: “Più efficace sarà la campagna vaccinale, minore sarà il rischio che il virus muti in altre varianti. Probabile terzo richiamo per le categorie più fragili”

Icardi: "Aspettare a vaccinarsi? Lo considero un errore"

“Aspettare a vaccinarsi? Secondo me è un errore. A chi mi dice ‘preferisco aspettare’, io rispondo sempre con la stessa frase: attenzione, perché noi possiamo anche aspettare, ma il virus non aspetta e prima ci vaccineremo tutti quanti, prima si arriverà alla cosiddetta immunità di gregge e ci sarà un rischio nettamente minore che il Covid-19 possa mutare in altre pericolose varianti”.

A parlare è il professor Giancarlo Icardi, ordinario di Igiene Generale e Applicata alla Facoltà di Medicina dell’Università di Genova e direttore dell’Unità Operativa Igiene dell’Ospedale San Martino di Genova. Sessantacinque anni, allievo del celebre professor Pietro Crovari, Icardi è considerato uno dei decani della medicina in città, essendo entrato come specialista nel 1981.

In questa intervista, Icardi commenta l’attuale situazione, l’evoluzione della pandemia e analizza le prospettive future: “Sarà probabile un terzo richiamo, per le persone più fragili, ma è ancora troppo presto per poter dire quando. Ad ogni modo, adesso la situazione è molto più tranquilla rispetto a qualche mese fa”.

Professor Icardi: la situazione è più tranquilla. Merito della campagna di vaccinazione o del fatto che, come lo scorso anno, il Covid tende ad attenuare la sua morsa con l’arrivo dei mesi estivi?

“Io credo che questa sia un’equazione complessa di quarto grado, e quindi di assai difficile soluzione. I vaccini procedono, iniziamo a vedere una piccola luce in fondo al tunnel. L’equazione è complessa in quanto è la pandemia stessa a essere complessa. I vaccini hanno sicuramente la loro importanza: basti pensare che abbiamo protetto quasi tutte le persone più anziane e quelle vulnerabili, per le quali la prima ondata di Covid è stata drammatica, tant’è vero che gli inglesi usano quella parola terribile che, tradotta in italiano, suona come ‘trebbiatura’. Poi, certamente, è anche vero che ci avviamo verso il periodo caldo e che già lo scorso anno di questi tempi il virus iniziò a colpire di meno. Ma questo non per il fatto del caldo o meno caldo: semplicemente per il fatto che si sta di più all’aria aperta, e all’aria aperta le occasioni di contagio sono minori. Stare su una spiaggia distanziati, non è come stare in una stanza, seppur distanziati. E poi ci sono altri fattori”.

Quali?

“Siamo diventati più bravi a conoscere e a seguire le regole. Intendo quelle del distanziamento, l’indossare la mascherina correttamente, il lavarsi spesso le mani. Quindi direi che i vaccini, la vita all’aria aperta e le regole anti-contagio, insomma tutte queste cose insieme, hanno prodotto un assai visibile calo della curva, una minore pressione ospedaliera, un minor ingresso nelle terapie intensive. Però attenzione: questo non significa affatto che possiamo abbassare la guardia. Perché abbiamo un numero ancora alto di casi positivi, perché siamo di fronte a un virus nuovo e perché se un italiano su tre è stato vaccinato, ce ne sono ancora due su tre che non sono invece vaccinati e che quindi hanno la possibilità di ammalarsi. I ricoveri, come abbiamo visto, possono interessare anche i giovani”.

Come sta andando la campagna di vaccinazione?

“Io credo che stia andando avanti con ottimi risultati. Teniamo presente che siamo di fronte alla più vasta campagna di vaccinazione che sia mai stata fatta nella storia, se guardiamo anche al nostro paese dove c’è una certa tradizione in questo senso. Neppure la vaccinazione anti-polio fu così massiccia. Questo, in più, è un vaccino completamente nuovo, siamo in una situazione di emergenza, abbiamo dovuto far fronte da una parte alle ospedalizzazioni e dall’altra all’avvio della campagna, il personale sanitario è stato encomiabile. Se ci sono stati dei rallentamenti, lo si deve a questa doppia corsia: pressione ospedaliera da una parte e inizio della campagna dall’altra. Ma ora siamo più a regime. Un altro motivo della partenza lenta è dovuto al fatto che all’inizio sono mancate le dosi, così si è stati costretti ad accantonare il trenta per cento per poter garantire i richiami. Ora, invece, si va avanti più spediti e l’obiettivo del 65/70% di vaccinati entro settembre pare assolutamente reale. Il commissario Francesco Paolo Figliuolo ha dichiarato che giugno sarà il mese cardine: se verranno rispettate le consegne, non avremo mai avuto così tante dosi. Anche in Liguria, verso la fine di luglio, la maggior parte della popolazione sarà vaccinata”.

La soglia del 70% viene individuata come possibile raggiungimento della cosiddetta immunità di gregge: è d’accordo?

“Il Covid-19 ha un indice di contagiosità di uno a tre: significa che una persona potenzialmente ne può infettare altre tre. Tutti gli sforzi condotti sinora sono stati mirati a far scendere questo rapporto. La catena epidemiologica si considera spezzata quando l’indice di contagiosità scende al di sotto dell’uno. Prendiamo il morbillo: ha un indice di contagiosità di uno a diciotto. Questo significa che se noi non facessimo nulla, una persona con il morbillo ne potrebbe contagiare sino a diciotto. In questo caso, la soglia per l’immunità di gregge è attestata intorno all’85%. Nel caso del Covid, si arriva al 70%, e questo per tutta una serie di calcoli matematici. Ma c’è una cosa essenziale da dire: che più ci si vaccina, più si arriva a toccare questa percentuale. E più si spezza la catena epidemiologica, più si scongiurano ulteriori varianti, perché a quel punto il virus non ha più la forza di mutare”.

La paure intorno al vaccino di AstraZeneca si sono un po’ attenuate nelle ultime settimane.

“È stato un ragionamento di pancia. AstraZeneca è un vaccino assolutamente efficace. Si è capito che in età più avanzata i rischi, di per sé rari, di trombosi, sono pari a zero. Più c’è stato l’utilizzo e più sono scese le segnalazioni, così è aumentata la consapevolezza. Bisogna aderire il più possibile alla campagna vaccinale, perché è una responsabilità sia individuale che collettiva: individuale in quanto proteggo me stesso, collettiva perché proteggo la socialità”.

Che futuro vede per i vaccini a vettore virale?

“Difficile dirlo. Al momento, circolano due vaccini a vettore virale, ovvero AstraZeneca e Johnson & Johnson, e due vaccini di tipo mRNA, ovvero Pfizer Biontech e Moderna. Un altro vaccino di tipo mRNA, denominato Curevac, è quasi pronto. Quello che mi preme sottolineare è che l’ambiente della ricerca non si è fermato qui, ma continua ad andare avanti. Ipotizzare quali vaccini saranno utilizzati in futuro, per adesso è prematuro. Quello che è certo, è che si sta lavorando affinché si possa superare la catena del freddo per quanto riguarda i vaccini di tipo mRNA: si sta cercando cioè un modo in cui poterli conservare anche alla temperatura del frigo, almeno per una settimana. Personalmente, comunque, sono abbastanza fiducioso: conosciamo tanto, ma non troppo, del virus dell’influenza, che circola tra gli umani da cento anni. Conosciamo tantissimo del Covid-19, che circola tra noi dal dicembre del 2019: in un anno e cinque mesi sono stati compiuti dei progressi enormi”.

Ci sarà la necessità di un terzo richiamo in autunno?

“Anche questa è una previsione non semplice da fare. Il virus dovrebbe diventare endemico, cioè sempre presente nella popolazione. È possibile che per le persone più fragili e per quelle più anziane occorra un terzo richiamo, ma è ancora presto per poter dire quando, se già in autunno o in inverno”.

Che cosa può dire dello spray nasale anti Covid-19, la cui sperimentazione vede al centro Genova come prima città al mondo?

“Si tratta di un dispositivo medico brevettato, a base di acido ipocloroso, purificato al 95%. Sono state condotte delle prove in vitro, per verificare la sua capacità di bloccare la riproduzione del virus, e si è dimostrato efficace nel 98% dei casi, avendo completamente inattivato la replica del virus. Poi, sono stati fatti studi per capire se causasse danni o meno alle mucose del naso. La prima sperimentazione reale avverrà su un campione di una sessantina di persone: le stiamo cercando, dopo l’approvazione da parte del Comitato Etico regionale. Si tratta comunque di una cura destinata a chi ha contratto il Covid in forma lieve e può essere curato al proprio domicilio, oppure di un supporto rispetto ad altre cure. Serviranno almeno altri quattro o cinque mesi, prima di avere dei risultati. Ipotizzo verso la fine dell’anno”.

Alberto Bruzzone

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