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Al Direttore | 27 dicembre 2021, 10:32

"Il castello Willermin a Finale Ligure, simbolo della lotta antifascista, è ancora in attesa di restauro"

Lettera al direttore

"Il castello Willermin a Finale Ligure, simbolo della lotta antifascista, è ancora in attesa di restauro"

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera arrivata alla nostra redazione: 

«Anche quest'anno ricordiamo il sacrificio dei sette martiri antifascisti fucilati a Savona, nel forte “Madonna degli Angeli”,  il 27 dicembre 1943. Tra questi  Renato Willermin, allora abitante in Finale Ligure nel suo piccolo 'castello'. Mentre a poche centinaia di metri di distanza da questo 'castello' i finalesi assistono attoniti alla scomparsa di fertili fasce per una assurda e inutile cementificazione su di un prezioso terreno agricolo, con alterazione definitiva del paesaggio, la singolare costruzione neo-gotica dove egli viveva, simbolo della sua memoria, si trova ancora in forte degrado. 

Possiamo sperare di vederlo a breve tempo restaurato, utilizzando alcuni locali al piano terreno a funzioni sociali, specialmente per i giovani, a ricordo della Resistenza finalese? Questo intervento (che già prevede anche un utilizzo sociale) si inserirebbe davvero in una progettazione urbanistica coerente che rispetti gli equilibri ambientali e paesaggistici. 

E' utile riprendere brevemente lo svolgimento storico dei fatti. A Savona il 23 dicembre 1943 venne lanciata una bomba in un locale dove sostava un gruppo di militari nazisti: il bilancio dell'esplosione fu di 3 morti e 17 feriti. La Federazione  fascista decise una rappresaglia ed iniziò a redigere l'elenco di persone che, pur essendo estranee ai fatti, dovevano comunque essere uccise. Vennero scelti i savonesi: Cristoforo Astengo, Francesco Calcagno, Carlo Rebagliati, Arturo Giacosa, Aurelio Bolognesi, Agnello Savaresi e Renato Willermin che, reduce dal confino e sospettato di connivenza con gli Alleati (accusato ingiustamente di fare segnalazioni ai sommergibili alleati da una posizione ottimale di fronte al mare) si consegnò spontaneamente pur avendo la possibilità di fuggire. Tutti, nonostante fossero chiaramente innocenti, vennero brutalmente assassinati. Willermin, uno dei fondatori del 'Partito Popolare', venne in seguito ricordato da illustri personalità tra le quali Benedetto Croce e Alcide De Gasperi. 

Il 'Castello Willermin', dove lui viveva, venne in seguito adattato ad “Ostello della Gioventù” e ospitò migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, ma poi fu abbandonato. Un primo progetto di restauro miseramente fallì: un vero peccato perchè con il tempo i danni sono aumentati e rischia ora di scomparire un ricordo simbolo della Resistenza finalese e savonese. L'importanza storico-culturale del castello è notevole: il caratteristico stile eclettico comprende richiami arabi con innesti medioevali e porta con sé un messaggio religioso intimamente legato al costruttore. 

L'edificio, composto da un corpo centrale, ha una grande torre rivestita alla base in 'Pietra di Finale' con mattoni rossi sulla parte superiore (foto oggi). Circondato da una cinta muraria e quattro torri d'angolo è curato nei particolari: finestre e vetrate hanno molti simboli cristiani e particolari decorazioni vennero disegnate personalmente da Willermin. La costruzione è dello stesso stile dei castelli Mackenzie e D'Albertis, realizzati in Genova tra il 1890 e il 1915 come esempi di architettura neo-gotica. 

Altro fatto singolare: la struttura, iniziata nel 1936, contrariamente ai castelli neo-gotici di Genova, venne realizzata  in cemento armato, in un periodo nel quale erano in vigore le 'sanzioni' imposte dalla 'Società delle Nazioni' e il ferro scarseggiava. Willermin riuscì con grande difficoltà a reperire i materiali e seguì tutti i lavori insieme al progettista architetto Pietro Paolo Bonora, noto per  altre importanti opere quali il 'Santuario di Oropa' e edifici religiosi in Etiopia e Argentina. 

Il 'castello' era in evidente contrasto con le linee dell'architettura di regime e certamente la scelta non fu casuale. E' legittimo pensare come questa costruzione fosse per lui un modo di esprimere le proprie convinzioni politiche e religiose in un periodo di censura fascista. Si spera che il luogo dove visse Willermin venga presto restaurato, restituito alla memoria della comunità e frequentato ancora da molti giovani».

Gabriello Castellazzi (Europa Verde e Verdi del finalese-savonese). 

Lettera firmata

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