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Sanità | 19 gennaio 2022, 15:21

Peste suina, l'allarme dell'esperto: "Basta un maiale infetto per mettere in ginocchio l'intero sistema. Ecco perché vanno abbattuti"

"Se noi trovassimo un suino domestico, il sistema di allerta si alzerebbe a livelli massimi. A quel punto il sistema agro zootecnico chiuderebbe, basta un maiale", ha spiegato il responsabile della struttura complessa sicurezza alimentare e sanità animale di Alisa

Un allevamento di maiali (immagine di repertorio)

Un allevamento di maiali (immagine di repertorio)

Non c'è altra strada, i suini degli allevamenti della zona circoscritta dall'ordinanza ministeriale che riguarda la peste suina, vanno abbattuti. Non bisogna quindi fermarsi all'abbattimento dei cinghiali, perché il rischio il virus possa infettare anche i maiali 'domestici' è troppo alto, e a quel punto significherebbe la catastrofe per il settore agro zootecnico italiano. 



Lo ha spiegato molto bene Roberto Moschi, responsabile della struttura complessa sicurezza alimentare e sanità animale di Alisa. Il veterinario ha sottolineato il rischio che per adesso ha significato un livello di vigilanza internazionale, con alcuni paesi, come la Svizzera e la Cina che hanno provvisoriamente sospeso l'import di carni suine dall'Italia, ma che potrebbe raggiungere livelli catastrofici. La stessa Cina nel 2017 ha abbattuto 300 milioni di esemplari per un'altra epidemia di peste suina.

Come dice l’ordinanza ministeriale – spiega Moschi, -è obbligatorio l’abbattimento di tutti gli allevamenti a carattere brado e semibrado. Questo vuol dire che non sono garantite le misure di sicurezza atte a impedire il contatto tra l’animale domestico e il mondo dei selvatici, quindi i cinghiali. Se gli animali si riesce a metterli in sicurezza, che vuol dire chiuderli in un capannone, teoricamente stanno lì, ma per quanto riguarda la tipologia dei nostri allevamenti, che sono piccoli, di carattere semibrado, a questo punto, sentendo il ministero e il centro referenza, oltre all’osservatorio epidemiologico dell’istituto zoo profilattico di Torino,  l’unica strada percorribile è quella dell’abbattimento che ci consente di fare una zona di rispetto di parecchi chilometri all’interno del quale il domestico non c’è e da questo punto di vista siamo sicuri, anche perché, ripeto, il pericolo è altissimo.


Noi parliamo di tre cinghiali nostri, in totale sono quindici, ma se noi trovassimo un suino domestico, il sistema di allerta si alzerebbe a livelli massimi. A quel punto il sistema agro zootecnico chiuderebbe, basta un maiale. A questo punto il rischio è troppo alto, e l’unica cosa da fare è questa. Ovviamente dispiace per gli allevatori che però non si devono preoccupare perché in qualche modo ci saranno ristori. Su questo posso sbilanciarmi dicendo che non ci saranno problemi”.

Francesco Li Noce e Christian Torri

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