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Politica | 03 ottobre 2022, 07:07

Elezioni, l'analisi della sconfitta di Pippo Civati: "Non basta cambiare nome, questa è la crisi della non sinistra"

Giuseppe Civati, fondatore di Possibile, lo scorso fine settimana a Genova da editore di 'People', al Book Pride fa un'analisi della sconfitta di quella che definisce la 'non sinistra'

Elezioni, l'analisi della sconfitta di Pippo Civati: "Non basta cambiare nome, questa è la crisi della non sinistra"

La crisi della sinistra non si risolve in una settimana cambiando nome o con furbizie da quattro soldi”. Così Giuseppe Civati, fondatore di Possibile, lo scorso fine settimana a Genova da editore di 'People', al Book Pride fa un'analisi della sconfitta di quella che definisce la 'non sinistra'.

Civati, tornano finalmente le fiere, com'è andata questa due giorni genovese?

Noi stiamo sempre bene alle fiere, l'obiettivo non è solo quello di vendere i libri, che sarebbe un po' modesto, ma quello di incontrare i lettori, parlare dei libri, presentarli, ragionarci insieme. Queste sono occasioni uniche di confronto”. 

Il mercato dell'editoria indipendente? C'è chi dice che va bene, chi dice che la crisi pesa.

Questi sono mesi di crisi economica e inevitabilmente del settore editoriale. Noi stiamo resistendo, non si tratta di un periodo felice, l'inflazione cerchiamo di compensarla non aumentando i prezzi di copertina, cercando di trovare altre soluzioni, ma altri colleghi si sono trovati di fronte a scelte molto dolorose. Non è un periodo felice, dopo la pandemia pensavamo che sarebbe stato più semplice, ma la guerra, soprattutto dal punto di vista psicologico, non solo economico, ha bloccato la lettura e l'acquisto dei libri. Dopodiché dovremmo ricordarci che anziché stare sempre attaccati allo smartphone farebbe bene al cervello leggere qualche pagina un po' più profonda, un tempo più lungo da prendersi”.

Lei ha presentato 'Un po' di possibile (altrimenti soffoco'). Un richiamo a qualcosa di concreto, anche in politica.

Il problema è culturale prima che politico, una volta si sarebbe detto pre politico. Tutta una serie di questioni, modi di dire, riflessi, immaginari che portano a risultati elettorali. Mi sorprende che si parli degli ultimi dieci giorni della campagna elettorale, quando in realtà queste cose maturano politicamente e culturalmente in decenni. La seconda riflessione è che siamo invasi dal realismo politico, dalla croncretezza, dalla necessità ipertecnica di affrontare le cose. L'impressione è che si sia persa la visione di insieme, il senso, il perché. Il possibile non è immaginifico, ma il richiamo al fatto che esistano delle alternative a come è concepito il sistema economico, il modello di sviluppo, le relazioni interpersonali. Anche il riconoscimento delle persone e dei diritti che secondo me si possono fare diversamente. Se lo dici sembri un matto velleitario, ma anche in presenza di questi risultati elettorali insisto, anzi bisogna dirlo di più, non di meno”.

Questa è parte dell'analisi della sconfitta. Passiamo all'altra parte: si dice 'la sinistra riparta da...'. Da cosa può ripartire?

Questa è una delle discussioni più tremende di tutte, secondo me la sinistra dovrebbe partire perché da troppo tempo è parcheggiata in doppia fila. Il momento è quello di darsi una mossa sulle questioni fondamentali, però senza avere fretta perché i problemi non si risolvono in una settimana cambiando il nome o facendo queste furbizie da quattro soldi. C'è bisogno di ricostruire davvero un tessuto, prima culturale, poi sociale e fare proposte che siano banalmente di sinistra. Banalmente più che la sconfitta della sinistra, questa è la sconfitta della non sinistra, questa è la riflessione che pongo. Credo che ci sia anche da chiarire il sistema politico dal punto di vista tecnico: questo sistema elettorale è una vergogna, che qualcuno lo cambi. In presenza di un sistema che non è più ispirato al bipolarismo bisogna cambiare anche il modo di votare e di concepire i partiti, perché queste esigenze di stare tutti insieme appallottolati mi pare abbia portato solo a dei disastri, ha portato al disappallottamento, vedi Calenda, Renzi, il disagio che c'è a sinistra. Questo dimostra che forse il campo va organizzato in maniera diversa. Non so se questo significhi che il Partito Democratico debba sciogliersi, ma forse si può tornare a fare politica dicendo le cose che si pensano e non continuando a concedere al fatto che siamo in un partito gigantesco, come dice qualcuno e quindi dobbiamo considerare le opinioni di tutti, siamo al governo con tutti e quindi dobbiamo considerare le opinioni degli altri, mai con Salvini e poi con Salvini. Forse bisogna tornare come ha fatto la destra, che è riconoscibile nei suoi personaggi, anche noi dobbiamo cominciare a pensare che c'è un centro, che c'è una sinistra, che si possono coltivare tenendo le relazioni, ma senza confondersi in continuazione, perché poi sparisce sempre la sinistra, non si capisce perché”.

In Liguria una buona notizia per la sinistra c'è con l'elezione un po' a sorpresa di Luca Pastorino, che con lei ha condiviso un percorso importante, dalla fuoriuscita dal Pd alla fondazione di Possibile.

Luca ha tanto consenso nel territorio, se lo merita. Bisogna consentire a tutti di fare campagne elettorali in cui sia riconoscibile la candidatura e possa essere apprezzata dai cittadini, nel suo caso c'è stato, il suo era uno dei collegi più piccoli, e io dico sempre che i collegi dovrebbero essere molto piccoli, in cui si sceglie una persona, o ci siano le preferenze. Questa roba indecente, le liste bloccate in un sistema che addirittura finisce col flipper, che con la riduzione dei parlamentari è diventato qualcosa di inaccettabile, con soglie indirette altissime, perché in alcuni collegi non basta il 3 per cento, ma bisogna fare l'8, il 10 per cento. Una cosa che non ha alcun senso, tra l'altro è una cosa che fa perdere un sacco di credibilità, perché tu chiedi il voto a persone che non riescono a capire come esprimerlo e capire dove va a finire, e tu stesso rischi di stare a regole talmente bislacche, per non dire antidemocratiche, che alla fine le persone non sanno votato e tu non sai cosa rispondergli”.

Francesco Li Noce

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