Il Matha Gitananda Ashram di Altare è un monastero induista fondato nel 1984 per volontà di un gruppo di persone che inizialmente desideravano vivere lo yoga, e successivamente abbracciare l’intero insieme della filosofia induista, 24 ore su 24. In questi 21 anni il monastero si è trasformato, è cresciuto e continua a evolversi. Oggi è composto da circa 20 persone, tra monaci e novizi, una comunità mista.
Il monastero è un punto di riferimento per gli induisti d’Europa ed è considerato uno dei più importanti al di fuori dell’India, anche dal punto di vista architettonico. Il tempio di Altare è frequentato da varie comunità induiste provenienti dallo Sri Lanka, dalle Mauritius e dall’India, residenti in Italia, che qui ricevono benedizioni e partecipano a rituali e festività.
Lo abbiamo visitato in una giornata "aperta" con la guida della monaca Svamini Shuddhananda Ghiri.

"Siamo una comunità monacale mista, con vite separate – spiega la monaca Shuddhananda – viviamo come una famiglia. L'Ashram è scandito da momenti di meditazione e yoga, che oggi purtroppo vengono spesso proposti in contesti non appropriati. Spesso nella società lo yoga viene associato semplicemente a una ginnastica che fa bene dal punto di vista psicofisico. In effetti è anche questo, ma non è il fine dello yoga. Lo yoga è un modo di vivere, è sia lo strumento sia il fine: è l'azione consapevole. Al monastero ci sono momenti di meditazione vera e propria al mattino appena svegli e alla sera prima di dormire. Questi momenti scandiscono il tempo insieme al Karma Yoga, ovvero il servizio, che si svolge come in tutti i monasteri: attività in cucina, cura degli animali, del giardino. C'è anche chi lavora fuori dal monastero."
Il monastero fa parte dell'Associazione Induista Italiana, un ente nazionale che porta i monaci in tutta Italia, promuovendo il dialogo interreligioso. "Il dialogo interreligioso è uno dei nostri impegni principali – prosegue – non tanto per una volontà di sincretismo, né tantomeno di conversione o proselitismo, perché queste cose sono quasi avulse dall’induismo stesso. Tuttavia, c'è l'esigenza di far conoscere l'induismo, perché ancora oggi è spesso stereotipato. Ci sono pregiudizi che lo associano esclusivamente all'India, e l’idea che non si possa diventare induisti se non si nasce lì. Sono concetti quasi ossimorici, perché lo stesso concetto di Sanatana Dharma, cioè la norma eterna, non è vincolato né alla geografia né alla storia. Stride, quindi, con l’idea che per essere induisti si debba nascere in India. Quale India, poi? L’India è induista, buddhista, ebraica, musulmana, cristiana. Eppure, anche in ambito accademico, esistono ancora frange – seppur ormai circoscritte – che sostengono queste tesi sulla scia di alcuni integralismi."
Matha Gitananda Ashram è stato da subito un punto di riferimento per gli induisti in Italia e in parte d’Europa, soprattutto nei primi anni dalla sua fondazione. Nel 1984 si è assistito al fenomeno sociologico della grande immigrazione induista in Italia. All’epoca le comunità dello Sri Lanka e dell’India erano appena nate, e molte famiglie iniziavano a trasferirsi nel nostro Paese. Questo contesto ha spinto Swami Yogananda Giri, fondatore dell’Unione Induista Italiana e guida spirituale del monastero, a creare un’unione in grado di rispondere alle esigenze degli induisti di qualsiasi origine e di fungere da ponte tra le istituzioni e questa nuova realtà religiosa. All’inizio, in Italia non esistevano templi o luoghi che potessero accogliere queste famiglie, offrire spazi di preghiera e creare comunità.
Con il tempo, sono nati altri templi grazie anche agli sforzi dell’Unione Induista Italiana, che oggi rappresenta anche comunità di origini srilankesi, indiane, mauriziane. Sebbene ci sia ancora molto da fare, nuovi luoghi di culto stanno nascendo in varie parti d’Italia.
Il dialogo interreligioso ha portato la realtà monastica dell'Asrham a confrontarsi con le altre autorità religiose, in particolare Papa Francesco.

"Un bellissimo verso dei Veda – aggiunge Svamini Shuddhananda Ghiri - recita: ‘La verità è una, i saggi la chiamano con molti nomi’. Questo è alla base del concetto di dialogo- afferma Nell’induismo il dialogo è parte del suo DNA, anche se poi storia e politica hanno talvolta distorto questo spirito. Nessun essere umano è perfetto, soprattutto quando subentrano dinamiche di potere. Le Scritture dicono: ‘La verità è una’, quindi non c’è bisogno né di conversione né di proselitismo. L’induismo dice: purché siano vere vie – e non vicoli ciechi – tutte sono benvenute. Ci sono tante vie che portano alla cima della montagna e vedono la stessa luce."
Purtroppo la storia ci insegna che le religioni sono state spesso causa di conflitti. Anche per questo motivo il dialogo interreligioso è fondamentale. Mostrare che le religioni possono convivere, comunicare con linguaggi diversi e andare verso una direzione comune, è un messaggio potente e un modello per una società possibile. "Abbiamo avuto molti incontri con il Papa, in particolare con Papa Francesco. Siamo stati invitati a convegni, momenti di preghiera comuni, e recentemente anche alla Santa Messa dei funerali, su invito del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. È stato un momento molto partecipato da parte di tutte le religioni."
Si tratta di una realtà monastica attiva sul territorio, integrata e impegnata sia in ambito sociale che civile. Ad esempio, due anni fa, l'Unione Induista Italiana ha donato all'ospedale San Paolo di Savona 6 poltrone da chemioterapia e circa 12 poltrone per l'attesa, destinati al reparto di ematologia diretto dal dottor Rodolfo Tassara.
" Nei primi anni siamo stati abbastanza discreti.- conclude Suddhananda - Questo ha favorito il rispetto reciproco nei rapporti con il territorio. L’incontro con la comunità locale è stato delicato, ma oggi c'è rispetto reciproco e una collaborazione attiva, anche con realtà come Carcare, Altare e Savona. Sicuramente, c'è l’impegno anche in ambito sociale, per sostenere progetti di ricerca e iniziative a favore di persone in difficoltà. Tutto ciò è reso possibile anche grazie all’Unione Induista Italiana che, dal 2012, ha firmato l’intesa con lo Stato italiano e può accedere all’8 per mille. Il nostro impegno è quello di sostenere progetti che promuovano la cultura e la ricerca, a beneficio della collettività.










