Per loro è normale, e un po' si stupiscono quando qualcuno li contatta per fare emergere le loro storie. Sono medici e infermieri dell'Asl2 che dedicano le ferie, o prendono settimane di aspettativa non retribuita, per andare in missione dove le cure mediche non sono accessibili come da noi e dove si può morire di malnutrizione.
Partiranno tra pochi giorni per Bozoum, villaggio della Repubblica Centroafricana, come medici volontari nell’ambito dell’iniziativa di cooperazione internazionale “Un dispensario per Bozoum” promossa dall’organizzazione Amicizia Missionaria di Arenzano.
Sono due medici del Pronto Soccorso dell’ospedale San Paolo di Savona, Francesca Calcagno e Paolo Rinaldi, che tra qualche giorno raggiungeranno il Paese centroafricano dove è presente una missione dei Carmelitani Scalzi. Lì presteranno servizio per circa quindici giorni.
Per loro non è la prima esperienza con Amicizia Missionaria. Francesca Calcagno, 43 anni, è già stata più volte nella Repubblica Centroafricana e in altri Paesi, come il Camerun.
“A Bozoum c’è un piccolo dispensario dell’associazione Amicizia Missionaria – spiega Calcagno – dove effettuiamo visite generiche ai pazienti con gli strumenti a disposizione, collaborando con gli ospedali pubblici quando necessario.”
Un’esperienza “forte”, lontano da casa, dove i mezzi medici non sono come in Italia, ma dove anche una semplice visita o una diagnosi possono salvare una vita.
“È un’esperienza arricchente dal punto di vista professionale – continua la dottoressa – perché a volte, con pochissimi strumenti, bisogna fare una diagnosi e trovare terapie adeguate. Dal punto di vista umano è un’esperienza forte: purtroppo, malattie che da noi sarebbero facilmente curabili diventano difficili da trattare per la scarsità di risorse, e questo genera un forte senso di impotenza.”
Tra i problemi e le patologie più frequenti ci sono la malnutrizione infantile e il diabete nei giovani, ma anche la poliomelite colpisce i giovani. “La malnutrizione è molto diffusa e una causa di morte dei bambini e la gestione del diabete in quelle zone è complessa – prosegue Calcagno – perché la reperibilità dei farmaci non è sempre garantita e la loro conservazione richiede condizioni adeguate di temperatura e stoccaggio. Ci sono anche molti casi di malaria e infezioni, come la parassitosi intestinale.”
Dietro ogni caso c’è un paziente, una persona, con un vissuto difficile da dimenticare. “Tra i casi che mi hanno colpita di più – racconta Calcagno – c’è stato quello di un giovane con uno scompenso cardiaco, poi complicato da un edema polmonare. Lo avevamo trasferito nell’ospedale della capitale, dove però le risorse sono limitate. Avevamo cercato di portarlo in Italia per curarlo, ma purtroppo le tempistiche non lo hanno permesso e il ragazzo è mancato prima che il viaggio potesse essere organizzato.”
Paolo Rinaldi, 34 anni savonese e da un anno al Pronto soccorso, è stato in Sudan e in Indonesia come studente di medicina e come strutturato è la prima esperienza. "In Sudan – dove sono stato da studente , c'era un edificio dove si curavano le persone – spiega Rinaldi – in Repubblica Centroafricana sarà tutto più strutturato e vicino c'è anche un ospedale. L'idea di partire è venuta dalla collega Calcagno che conosce già la situazione, è già stata in Africa altre volte e si è occupata di tutta la parte burocratica. Quello che mi spinge a partire è portare competenza dove c'è bisogno".
Poche settimane fa, invece, Paola Tortorella, infermiera del Pronto Soccorso del San Paolo, è partita per partecipare all’iniziativa di cooperazione internazionale “Fornitura di assistenza sanitaria qualificata, salvavita e gratuita in risposta alla prolungata crisi umanitaria in Afghanistan”, realizzata da Emergency, dove resterà fino a febbraio.