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In Breve

| 30 dicembre 2010, 12:02

Il deposito clandestino di armi dell'allestimento navi dell'Ansaldo a Genova

Continuano i racconti dello studioso Roberto Nicolick sui drammatici episodi vissuti dalla popolazione savonese e ligure nel corso della Seconda Guerra Mondiale

Il deposito clandestino di armi dell'allestimento navi dell'Ansaldo a Genova

Subito dopo il 25 aprile del 45, i reparti armati partigiani, di orientamento comunista della cosiddetta  II zona Ligure,  compresero, che il tanto agognato cambiamento della società, non sarebbe potuto avvenire, almeno nell’immediato.

Mancava il consenso del popolo e le condizioni  politiche, storiche - oggettive  favorevoli ad una dittatura del proletariato, inoltre nell’Italia  settentrionale erano presenti  in forze gli Alleati Anglo – Americani e quindi non era assolutamente possibile un presa di potere con la forza militare,  da parte dei partigiani comunisti, senza contare che gli stessi vertici del P.C.I., con Palmiro Togliatti in testa, non erano entusiasti di una simile azione tesa ad una ipotetica presa di potere e medesima indicazione veniva dal governo capofila di Oltre Cortina.

In quei momenti gli alleati e le risorte forze di polizia italiane, Pubblica Sicurezza e Carabinieri,  consci della minaccia, stavano iniziando a  rastrellare tutto il materiale bellico  e concentrando tutte le armi disseminate  in giro, disarmando i partigiani anche quelli più riottosi e violenti.

A quel punto, i Comandi partigiani , soprattutto quelli comunisti,  i più duri e puri dal punto di vista della  ortodossia marxista, e  orientati ad una strategia di medio – lungo termine, iniziarono metodicamente e in modo sistematico , sul finire del 1945, a creare dei depositi clandestini di armi e relativo munizionamento, per un futuro uso in tempi e modi più adeguati. Creando addirittura una struttura organizzativa segreta, l’organizzazione K,  un vero e proprio esercito clandestino con quadri di comando e truppe, in sonno, ma sempre pronte ad entrare in azione. Ovviamente questa Gladio Rossa doveva disporre di armi per poter contrastare le forze di polizia governative al momento scelto per l’insurrezione.

Le armi, dopo essere state lubrificate e protette ,  vennero occultato, nel corso della notte, in siti, noti a pochissime persone, che avrebbero provveduto ad una sorveglianza discreta e ad una continuativa manutenzione del materiale, che poteva essere deteriorato dall’umidità e dai fattori meteo avversi.. 

In Liguria era stata stilata una mappa dettagliata dei nascondigli  , redatta  in pochissimi esemplari, il disegno mostrava i luoghi , spesso strani ed impensabili, dove le armi dei partigiani erano state occultate : fabbriche, grotte, vecchie case di campagna, cascinali, sottoscala, soffitte, cantine etc..

Nei C.R.A.L. e in altri luoghi di ritrovo dove bazzicavano gli ex partigiani, si parlava spesso, solo tra gli addetti ai lavori, di queste armi, pronte all’uso, ovviamente se ne fiatava in modo ermetico ed elusivo, per il timore che gli infiltrati della Questura o dei Carabinieri venissero a conoscenza della localizzazione dei  depositi clandestini e provvedessero al loro ritrovamento ed al loro  sequestro.

In effetti le forze dell’ordine, seppur tra mille difficoltà e con mezzi e personale scarso,   avevano iniziato le attività investigative per il ritrovamento delle armi nascoste e negli anni successivi al 1945 , scontrandosi con l’omertà e le reticenze degli ex partigiani avevano effettuato qualche ritrovamento, soprattutto in Lombardia e nel basso Piemonte oltreché in Liguria.

Uno dei timori degli inquirenti era, a parte una sollevazione armata comunista armata fatta da ex partigiani ancora in attività,  che queste armi potessero servire a bande di criminali comuni per compiere rapine ad istituti di credito.

Cosa che era accaduta a Lambrate , nell’hinterland Milanese, dove un nutrito gruppo di ex partigiani comunisti, sopranominato la “Volante Rossa”, assassinò e rapinò per diversi anni in tutta  la Lombardia, dopo il 25 aprile 1945, usando proprio le armi nascoste dopo la Liberazione.

Le indagini congiunte  della polizia e dei carabinieri raggiungono i primi eclatanti risultati proprio in Liguria, a San Pier d’Arena,  negli anni 50, presso l’officina allestimento navi dell’Ansaldo, dove alcuni informatori avevano comunicato che , forse, erano celati ben due depositi clandestini di armi.

L’informativa in sé non facilitava il compito, viste le vastissime dimensioni dell’impianto industriale .Inoltre questi locali, dove si supponeva vi fossero celate delle armi, sarebbero passati  ad un’altra amministrazione , il Consorzio del porto di Genova, formato dai Camalli, che all’epoca erano rigorosamente antigovernativi e inclini ad un orientamento decisamente comunista.

Era evidente quindi, che se armi c’erano, esse sarebbero state spostate a breve da questi locali verso altri nascondigli magari ancora più difficili da trovare.

Vista la situazione di oggettiva urgenza, dopo una prima ispezione ,segreta e fatta col buio, dei carabinieri, il Commissariato di San Pier D’Arena, decide di effettuare un’irruzione in grande stile con numerosi agenti e carabinieri, tutti armati che setacciano l’impianto

L’operazione  dura ben otto ore con inizio dalle 23: decine di agenti, di sorpresa, circondano le officine di allestimento navi, quindi un gruppo di poliziotti fa irruzione nei locali, tra la sorpresa degli operai, vengono perquisiti  capillarmente i locali della ex mensa, una costruzione a tre piani, che presentava una strana caratteristica, il sottoscala era murato.

 Il muro in oggetto veniva abbattuto a picconate e dietro di esso si rinveniva, in un cunicolo  usato un tempo della Marina,  un mucchio di contenitori metallici in cui erano stivati ordinatamente ben 60 quintali di armi e munizioni! 

In fondo al locale si intravedeva una porta murata, dopo averla sfondata gli agenti si sono trovati di fronte ad un ulteriore e più massiccio deposito di armi.

Alla fine dell’operazione di ritrovamento , nelle mani della polizia sono caduti ben quindici tonnellate di armi e munizioni, che vennero trasportate alla caserma Miramare , per essere rese inoffensive, per il trasporto di tutto questo ben di Dio ci sono voluti l’uso due camion pesanti.

Alla fine delle giornate di lavoro, fu stilato un inventario di tutto rispetto, ecco il materiale rinvenuto : un cannone controcarro, 22 mitragliere pesanti, 300 bombe a mano, 50 moschetti, una cassa di bombe a orologeria, una cassa di bombe da mortaio, 130 casse di munizioni per  fucili e mitragliatori, 50 cassette di cartucce per armi leggere, 20 nastri completi per mitragliatrici, due mitra, due “sten”, una pistola lanciarazzi con relativo munizionamento e per finire una mitragliera a due canne. Ce n’era da armare un piccolo esercito e mettere a ferro e fuoco Genova e delegazioni.

Tutte le armi erano perfettamente efficienti , lubrificate di fresco, qualcuna addirittura spalmata di grasso, smontate secondo un criterio tecnico molto preciso , chiuse in cassette stagne oppure avvolte in carta oleata.

Qualcuna delle armi leggere era fasciata in quotidiani del 1948 e del 1949, in questo caso erano L’UNITA’ e IL LAVORO, particolare curioso questo.

 I locali dove sono state rinvenute, avevano un accesso sul mare, in modo da facilitare il trasporto veloce con mezzi di superficie.

Evidentemente molte delle armi occultate, erano state paracadutate dagli alleati nel periodo bellico, per armare i partigiani in funzione antifascista, infatti, qualcuno con un qual certo senso dell’umorismo, aveva tracciato sui muri questa scritta : “queste erano le armi della pace, ce le ha date Ike”.

Nel  deprecabile caso che  un fulmine o un incendio accidentale, avesse colpito il deposito clandestino, le conseguenze sarebbero state terribili e catastrofiche con centinaia di morti e feriti, e devastazioni pazzesche.

Avvennero in tutto il nord Italia , ritrovamenti di armi, ma questo, a Genova e in Liguria, fu il più grande deposito clandestino di armi mai trovato dal dopoguerra ad oggi.

Il Questore e la Polizia di Genova e di San Pier D’Arena ricevettero uno speciale encomio dal Ministro dell’Interno per questa operazione.

Le indagini proseguirono per  identificare gli occultatori, ma fu subito alzato un muro di omertà per rendere difficoltoso il lavoro investigativo.

Fu comunque una vittoria, che disarmò persone con ideali eversivi e che risparmiò agli Italiani altri lutti ed altro sangue

Roberto Nicolick

 

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