Quando si presenta un pericolo, vero o presunto, invece di darsi all’allarmismo ed all’isteria, le cosiddette autorità competenti dovrebbero subito diffondere istruzioni su come affrontarlo correttamente.
Invece di mantenere senso della misura e razionalità, l’uccisione di una persona a Cefalù da parte di un cinghiale è diventata, per opera delle pubbliche amministrazioni, semplicemente l’occasione per ampliare la caccia al cinghiale, mentre è proprio la caccia la causa di quanto accade; uccidere gli animali infatti è controproducente, come dicono studi scientifici colpevolmente ignorati che provano che le perdite vengono velocemente compensate dall'arrivo di nuovi esemplari e le battute di caccia mediante “braccata” disperdono i branchi sul territorio, aumentandone la capacità riproduttiva perché ne alterano la struttura sociale. Dopo decenni di politiche fallimentari e filovenatorie si è quindi di nuovo persa l’occasione di voltare pagina, evitando altri inutili spargimenti di sangue - umano ed animale - ed un ulteriore sperpero di risorse pubbliche per "soluzioni" che non risolvono nulla.
Constatando che in Liguria si ripete lo stesso canovaccio, i volontari della Protezione Animali savonese si sostituiscono agli enti pubblici “competenti” ed hanno elaborato un “pentalogo” di semplici istruzioni che offrono a tutti coloro che in questi giorni, in cerca di funghi o per passeggiare, andranno per boschi, in modo da ridurre i presunti rischi e trasformare l’incontro con un cinghiale in un magico e pacifico contatto con la natura. Rimarrà però il concreto pericolo di prendersi una fucilata se, come pare, i suddetti enti pubblici “competenti” anticiperanno o permetteranno la caccia al cinghiale quando gli alberi hanno ancora foglie e la visibilità sarà di poche decine di metri; l’unico consiglio che si possa quindi dare è “Buona fortuna”.
E a proposito di azioni inutili, la Protezione Animali segnala l’ininfluernza delle ordinanze a pioggia emesse da alcuni sindaci di divieto di foraggiamento dei cinghiali in città per tenerli lontani; questi animali, abituati da anni dal rifornimento nelle zone di caccia di tonnellate di scarti alimentari da parte dei cacciatori – senza che nessuna autorità abbia detto o dica nulla – per tenerli legati al loro territorio di caccia, ormai associano l’uomo al cibo e, quando nelle campagne ce n’è poco come d’estate, scendono in città a cercarlo; e non è certo il sacchetto di pane secco gettato da un ponte (meglio però non farlo) che li attira e li sfama ma la presenza di rifiuti di ogni genere.