Il fenomeno della criminalità legato al traffico di stupefacenti attraversa tutti gli anni recenti della storia di Albenga. Dai mandati di Angioletto Viveri a Zunino, dalla Guarnieri a Cangiano, passando attraverso l'ordinaria amministrazione dei commissari prefettizi (ben 6 in 20 anni). Con picchi più o meno alti di emergenza sociale, regolamenti di conti, degrado e tragedie della tossicodipendenza, è un'evidenza con cui i cittadini ingauni sono costretti a convivere tutti i giorni.
E ancora: dalle berline che escono al casello con i pacchi di coca sotto i sedili sino ai pezzi di hashish nascosti nelle fioriere dei vicoli, i mestieranti degli stupefacenti trovano una "piazza" sulla quale muoversi agevolmente ad ogni livello. Nonostante il caparbio, persistente e faticoso presidio dei carabinieri.
La presenza abbondante di sbandati, e fra questi - è notorio - tanti magrebini, alimenta il numero dei pusher, che si rinnovano senza sosta. Sono gli esecutori della vendita al dettaglio. Ma ci sono anche i burattinai, che è più difficile intercettare e stroncare. Si interessano alla piazza albenganese perché la domanda c'è e, a prescindere dall'immagine di "ripulita" che ogni tanto qualcuno riesce ad imprimere alla città, continua ad esserci.
Se una o più consorterie criminali mettono le mani su una città, dove il mercimonio di sostanze illegali è fiorente, è difficile che rinuncino alla presa. Ancor più se trovano facile manovalanza di spacciatori. E quasi altrettanto facile clientela. Il problema sono i grossisti e l'assenza di vie d'uscita per le vittime della dipendenza. Gli intermediari sparano colpi in aria che fanno paura e rumore, ma è nel silenzio che si muovono i soggetti più velenosi.
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