Solidarietà - 21 agosto 2017, 08:05

"Mia moglie non aveva speranza. Grazie ai medici del Santa Corona è tornata a vivere" la testimonianza di Michele Lenzi

"Voglio rendere di pubblico dominio per rendere omaggio a quanti – in particolare tra gli operatori sanitari specializzati e anche non – si sono prestati, con affetto, devozione, professionalità, esperienza, attenzione, sensibilità e stima, perché la Professoressa Isabella Moroni venisse accudita nel migliore dei modi e nella speranza possa tornare, un domani, ad abbracciare anche i suoi amati allievi."

"Mia moglie non aveva speranza. Grazie ai medici del Santa Corona è tornata a vivere" la testimonianza di Michele Lenzi

"Chiedo venia per il ritardo con il quale esprimo quanto di seguito ma - lo comprenderà chi mi leggerà ed era, prima, all’oscuro di tutto ciò - ho dovuto, E DOVRO’ ANCORA, occuparmi di ben altre priorità.

Scrive Michele Lenzi, marito e - dal luglio 2016 - anche Amministratore di Sostegno della Prof.ssa Isabella Moroni.

Mia moglie l'8 maggio 2016 si è sentita parecchio male ma solo il 14 maggio si è potuto comprendere che il suo male dipendeva da una emorragia da aneurisma cerebrale.

E' stata fortunata nel non mancare prima che le venisse fatta tale diagnosi, lo stesso 14 maggio 2016 presentandosi finalmente presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure; come è stata fortunata a non rimanerci nelle successive innumerevoli operazioni salvavita che ha dovuto, lì, sopportare fino al 23 maggio (ben oltre 12 da 4-6-8 ore di "terapia interventistica", come vengono ora chiamati taluni interventi, risolvendo poi con un'unica terapia interventistica prevista programmata, e effettivamente eseguita, durata la bellezza di cinque giorni consecutivi). E, così, altrettanto, è stata fortunata ad essere stata costantemente seguita poi, trasferita il 6 giugno 2016 al reparto riabilitativo Gravi Cerebrolesi Acquisiti della Fondazione Don Gnocchi in La Spezia, ove oltre alle cure riabilitative ha dovuto affrontare pure varie bruttissime crisi cardiache.

Pareva condannata ad anni di coma vegetativo profondo non fosse che l'intera Neurologia e Rianimazione del Santa Corona di Pietra Ligure si resero presto conto di quanto fosse amata non solo da me bensì da un'impressionante numero di suoi allievi vecchi e nuovi, da tanti colleghi, tanti amici e pure tanti genitori.

Dal 14 maggio al 6 giugno 2016 furono oltre 200 le persone, giovani e meno giovani, che le hanno testimoniato il loro affetto con presenza, omaggi, scritti, foto. Chi venuto dal milanese (ove abbiamo vissuto i primi anni di matrimonio), chi dal pavese (sua terra natia), chi dall'imperiese e savonese (sue successive terre operative).

E dal 14 maggio al 30 novembre 2016, tra Pietra Ligure e La Spezia, non mancò nemmeno chi ormai aveva travalicato ogni confine italiano ed europeo, magari mettendo su figli e anche nipoti.

Ogni spazio che ha dovuto ospitarla, vuoi in Rianimazione al Santa Corona, vuoi nel reparto GCA a La Spezia, vuoi ancora al reparto superiore a quello dei GCA a La Spezia (quando la promossero tra le più promettenti recuperare il recuperabile e in grado non dover più sottostare ad una osservazione medica così pressante), ecco che puntualmente venivano riempiti e sempre incrementati da manifestazioni di affetto, augurio, tutti scritti ed appesi qua e là (vietatissimi fiori e doni alimentari) a infondere forza e coraggio, sì che tenesse duro dimostrando a tutti - come quando insegnava a scuola - che ce la poteva e ce la si doveva fare... perché tutti la volevano di nuovo tra loro!

Oggi è a casa, ha ritrovato le sue memorie, tutti i suoi ricordi, si commuove ogni volta che la vengono a trovare gli allievi, i colleghi, gli amici ed anche chi si conosceva meno. E' costretta in carrozzina, ma pian piano sono certo che tornerà a camminare, sebbene parzialmente paralizzatole il lato destro: ci stiamo lavorando sodo e, rispetto ad una sentenza crudele confessatale dal fisiatra di turno al Centro di Riabilitazione Logopedica e Motoria del Santa Corona il 23 febbraio scorso "...Signora, se lo tolga dalla mente, che Lei possa mai più tornare a parlare e a camminare." , ecco, a quello stesso fisiatra glie lo abbiamo fatto vedere noi il 29 giugno 2017, che questa donna ha la testardaggine di farcela, camminandogli davanti pochi passi ma solo con l'aiuto del proprio bastone e non più tenuta stretta da un operatore sanitario!!

Ci vorrà molto più tempo ma, se prima non parlava, non leggeva, non scriveva più, ecco che oggi possiamo ritenere che, invece, presto o tardi tornerà a leggere ed a scrivere!

Unica nota senza apprezzabili migliorie, salvo quelle sopravvenute in corso di riabilitazione alla Don Gnocchi di La Spezia e di ben pochi sviluppi poi, riguarda la "parlata": SI, NO, OK, CIAO... un tempo le scappava di dire anche qualche altro termine, BUONGIORNO, SALVE, MAMMA, MICHELE, ancorché strascicati; ora non più, sebbene di tanto in tanto ma inutilmente sollecitata.

Al momento è seguita da una professionista della Logopedia, presso l'Ospedale di Albenga, che penso anzi ritengo l'artefice delle ultime, prima impensabili, migliorie linguistiche (lettura e scrittura sono certo merito dell'immensa capacità del cervello della paziente ma, ne sono sicuro, è questa Professionista Logopedista, la Dottoressa Daniela Bosso, che ha saputo sbloccarla).

E, di certo, la stanno aiutando tutti coloro che con analisi, visite cardiologiche, attività motorie (in questo caso mille ringraziamenti vanno di certo al relativo reparto fisioterapisti della Don Gnocchi, di La Spezia, ma là - alla Don Gnocchi - andrebbero ringraziati tutti, uno per uno, medici, infermieri, assistenti, coadiuvanti e pure chi si preoccupò di darmi da mangiare tutti i santi giorni nonché farmi praticare una serie di massaggi quando, anch’io debilitato, faticai a reggermi in piedi; e pure agli assistenti domiciliari tutti, mossisi da Albenga: medici, fisiatri, infermieri), neurologiche, infermieristiche, logopediche... ora pure odontoiatriche e non solo... non la perdono di vista un solo istante.

Dal suo coma profondo, una scossa di ritorno alla vita la dimostrò quasi subito, dopo che le smisero ogni sedativo, quando i suoi allievi - e tra loro alcune sue allieve predilette - istruiti/e parlarle col cuore e produrle un massaggio sul polso tenendole la mano destra, ottennero in risposta prima un fremito e poi, poco a poco, giorno dopo giorno, la graduale tentata riapertura delle palpebre, da farle poco dopo svenire loro, le allieve, dalla commozione provata. Gli addetti ai lavori della stessa Rianimazione, infermieri medici e specialisti, anch'essi piacevolmente sorpresi e commossi nonché increduli da quanto possa produrre la forza dell'amore così reciprocamente espressa tra un'insegnante e i suoi ragazzi (per Lei tutti figli e figlie, quasi fossero suoi, da seguire, nessuno escluso, come mamma chioccia fa con i suoi pulcini)!!

Ma il suo vero risveglio, dal torpore prodotto da una quantità immensa ed a lungo sofferta, di droghe varie atte soprattutto a mantenerla appunto in coma profondo (a quanto pare usarono anche il curaro per mantenerla immobile come una statua durante l'ultimo intervento, durato cinque giorni continuativi e con periodici spostamenti del letto operatorio dal reparto angiografia alla tac e altro e poi attraverso i corridoi - organizzati perché nessuno rischiasse di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, a rischiare darle un contraccolpo allo scorrimento del suo giaciglio operatorio e sormontato da una miriade di strumentazioni, tubazioni, sensori, infusori; glie ne contai ben 48 la prima volta che mi consentirono di avvicinarla; ma mica tanto néh), avvenne a La Spezia, il 18 giugno 2016, quando - evidentemente scossa dal trambusto locale ma per nulla sollecitata dalla dottoressa di turno lì presente per assistere la vicina di letto - spalancò gli occhi facendosi non so come notare dalla medesima dottoressa che poi me lo raccontò. In quel mentre, su comando della Fondazione Don Gnocchi, io mi trovavo momentaneamente a casa o forse ancora in viaggio per ritornare da lei uno o due giorni dopo.

Dopo quasi 30 giorni di immobilizzazione più totale, mia moglie rimase ancora a lungo incapace di muovere un solo muscolo, un solo arto, la testa, le mani, i piedi. Solo apriva e chiudeva gli occhi, di tanto in tanto.

E passarono settimane, mesi in verità, prima che iniziasse a raccapezzare qualcosa. Eravamo tutti degli emeriti sconosciuti, io compreso: apparentemente ci guardava domandandosi chi fossimo e cosa ci stessimo a fare, lì nei dintorni. Quasi ci temesse. Ma il suo cervello non sarebbe stato ancora in grado né di capire né di provare emozioni, in quei primi momenti, istanti lunghe settimane e mesi per noi ma secoli per le sue capacità cognitive: il suo cervello motore doveva, appunto, essere convenientemente rimesso in moto, con le dovute cautele.

La Divina Provvidenza ha di certo fatto la sua parte, consentendo a mia moglie di arrivare alla veneranda età attuale prima che le succedesse quanto accadutole l'8 maggio 2016 (e che dalle risultanze angiografiche pare potesse accaderle fin dalla nascita e che, purtroppo, potrebbe anche ripetersi); così, altrettanto, ha permesso una serie infinita di occasioni, di momenti particolari, di coincidenze, di incontri giusti al momento giusto e, sicuramente, anche di momenti sbagliati però serviti farle prendere poi altre strade si spera sempre più congeniali...

Di fatto, il 14 maggio 2016, la Prof.ssa Isabella Moroni ha incontrato un servizio di pronto soccorso ai più alti livelli professionali (che ha capito in quattro e quattr'otto di cosa soffrisse) e un servizio di allertamento medici chirurghi, neurologhi cardiologhi anestesisti psicologhi rianimatori, di prim'ordine (era quasi mezzodì, sabato, un comprensorio – tra Loano e Pietra Ligure – quanto mai convulsionato per l'imminente esibizione preventiva delle Frecce Tricolori, che poi avrebbero attirato ancor maggiore traffico il giorno a seguire).

Il Dr. Stefano Calìa e il Dr. Riccardo Padolecchia, entrambi rintracciati nell'immediato pomeriggio probabilmente a bordo dei loro mezzi, mentre rientravano alle loro residenze per la pausa settimanale, fecero immediato dietrofront rientrando in ospedale e non allontanandosene più per giorni, occupati come furono ogni una media di otto ore a ripetere tutte le azioni e le terapie interventistiche di cui necessitò mia moglie.

Se la Prof.ssa Isabella Moroni oggi è ancora viva, vegeta, camminante anche se ancora per brevissimi tratti, le è ritornata tutta la memoria e anche tutti i ricordi più lontani come pure quelli vicini; se mi ha riscoperto quale il suo amato marito ed i nostri sogni sono tornati lì ad aspettarci... Ecco, i primi ai quali va porto il ringraziamento più sentito sono certamente i Dottori Riccardo Padolecchia e Stefano Calìa della cosiddetta Struttura Complessa NEURORADIOLOGIA DIAGNOSTICA E TERAPEUTICA dell'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.

Non dimentichi però delle attenzioni, delle professionalità e delle evidenti capacità e disponibilità oltre che sensibilità umane mostrate da tutti coloro che, dal 14 maggio 2016 in poi, nel Pronto Soccorso, nel reparto di Rianimazione (qui a cominciare dalla cortesissima Dottoressa Caprio Jessica ma non per finire con l'altrettanto Egregio Dottor G. Schiappacasse, bensì comprendendo proprio tutti gli addetti ai lavori lì operanti), nei vari laboratori strumentali, e in ogni altro dove, ha non solo prestato la propria assistenza a mia moglie per dovere, ma anche - ai miei occhi evidente - prestava la massima attenzione a chiunque con passione ed amore avesse bisogno sia del loro operato sia di quello di altri tecnici medici e infermieri vari...

E' stata dura, e lo sarà ancora, ma per quanto dolorosi ed apparentemente disperati siano stati i momenti vissuti in quei reparti ospedalieri, in attesa anche della più lieve buona notizia, a volte donatati da un altrettanto commosso e speranzoso medico o comunque specialista o anche solo infermiere qualificato, maschi e femmine tutti di cuore, io non posso che sentirmi arricchito per un'esperienza che non auguro di dover vivere a nessuno ma che, la dovesse obtorto collo affrontare, gli auguro di trovarsi ad aver a che fare con pari professionisti, meritevoli dell'amicizia e del rispetto più profondi". 

La presente, a promemoria e testimonianza sincera di chi vi avesse interesse. Michele Lenzi - marito felice e A.d.S. dell'amatissima Professoressa Isabella Moroni

RG

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