Sanità - 03 dicembre 2025, 08:39

A Savona il "Tour" delle opposizioni sulla riforma sanitaria: "Si zittiscono i territori e non si investe sui servizi"

"Genovacentrico e senza basi di uno studio epidemiologico e sulle esigenze della popolazione": bocciato in sala il piano che sarà discusso in Consiglio regionale la settimana prossima

Una riforma “sulla fiducia”, “accentratrice” e “genovacentrica” che toglie voce ai sindaci dei territori, non interviene sui servizi e non parte da uno studio epidemiologico né da un’analisi dei fabbisogni sanitari della popolazione. È stata smontata praticamente punto per punto la riforma sanitaria della giunta Bucci, che approderà in Consiglio regionale la prossima settimana per entrare in vigore già dal primo gennaio.

Del disegno per la nuova sanità si è parlato il 2 dicembre a Savona, al teatro dei Cattivi Maestri, in una sala gremita, con gli interventi di addetti ai lavori, medici e personale sanitario, oltre alle organizzazioni sindacali, che bocciano la revisione del sistema.

Molti i punti controversi secondo le opposizioni in Consiglio regionale (Pd, Avs, Lista Orlando, 5 Stelle), che hanno presentato una “controriforma” illustrata durante l’incontro. Il punto di partenza, spiegano, è un piano di riforma elaborato e preparato in pochi giorni, senza confronti preliminari con i territori e che la Regione vuole portare all’approvazione entro l’anno.

“Perfino l’ordine professionale dei medici, in audizione in Commissione, ha detto di non essere stato consultato – ha spiegato Gianni Pastorino (Lista Orlando) –. E non è casuale che nella prima ipotesi di questa riforma si fossero ‘dimenticati’ tre ospedali dell’area metropolitana. È una riforma studiata a tavolino con l’unico scopo di evitare il commissariamento a causa del buco di bilancio”.

Intervenendo solo sul piano amministrativo, con l’accentramento in un’unica Asl, il disegno della giunta Bucci produrrebbe un risparmio ridotto, senza ricadute positive sugli investimenti nei servizi: il budget verrebbe deciso a livello centrale e primari e nuovi direttori di area non avrebbero poteri decisionali. Senza contare che le prestazioni potranno essere erogate su tutto il territorio regionale, costringendo i pazienti a spostarsi da Sarzana a Ventimiglia.

“È una riforma che allontana i territori dai centri decisionali – ha spiegato Roberto Arboscello –. Prima un sindaco poteva confrontarsi direttamente con il direttore generale, ora non sarà più così. Le prestazioni, poi, potranno essere erogate su tutto il territorio regionale”.

"Una riforma semplicemente di governance – ha spiegato Jan Casella, consigliere regionale di Avs – e che lascia il vuoto sui servizi. Nelle audizioni delle Commissioni sindaci, sindacati e comitati ci dicono che non sono stati ascoltati e sentiti prima di questa riforma".

Gli interventi più critici sono stati quelli degli “addetti ai lavori”: medici, come Roberto Lerza o Goffredo Quadri, e infermieri. “Una riforma di tipo amministrativo – ha detto Lerza, ex primario del Pronto soccorso del San Paolo – che offende il personale amministrativo, tacciato di essere inefficiente e in esubero. Non c’è risparmio, e questo fa pensare che il taglio possa ricadere su altro. Il Pronto soccorso del San Paolo è secondo per accessi dopo il San Martino e dovrebbe avere qualcosa in più”.

Carenza di un Piano organizzativo aziendale, assenza di un sistema di relazioni sindacali, complicazione dei percorsi decisionali e centralizzazione sono i punti evidenziati dalle organizzazioni sindacali negli interventi di Ennio Peluffo (Fp Cgil) e Giovanni Oliveri (Fp Cisl), mentre Magnone (Cub) ha chiamato alla mobilitazione.

A emergere anche la frustrazione dei sindaci, responsabili della salute pubblica delle proprie comunità, che si trovano a dover subire un piano calato dall’alto. “Ho provato amarezza e umiliazione – ha spiegato Marco Russo, sindaco di Savona, città a capo di un Distretto sociosanitario –. L’avevamo già provata ai tempi del rigassificatore. Ad Anci è stato chiesto di esprimersi in nove giorni e Anci ha sbagliato a non puntare i piedi: doveva dire ‘il parere ve lo diamo nei tempi dovuti’. Abbiamo bisogno di un dialogo serio e, ad oggi, non c’è stato”.

Elena Romanato

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