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Politica | 11 ottobre 2012, 10:54

La Regione riduce l'edilizia sociale. Ma per il PdL non è abbastanza

Approvato in VI Commissione il DDL 223 che modifica la legge Regionale 38 del 2007 che obbliga chi realizza un intervento di nuova costruzione sopra i 500 mq. a destinare una quota di edilizia “sociale” pari al 10%. In precedenza la quota oscillava tra il 10 e il 20, per gli esponenti PdL è “gabella” illiberale

La Regione riduce l'edilizia sociale. Ma per il PdL non è abbastanza

Melgrati e Garibaldi: “legge che migliora quella attuale, ma comunque una “gabella” illiberale, in un momento di crisi del settore edilizio”.


Approvato in VI Commissione con il voto di astensione del P.d.L. e di tutta la minoranza di centro-destra il DDL 223 che modifica la legge Regionale 38 del 2007. Lo fanno sapere il Capogruppo del Pdl Marco Melgrati, anche vicepresidente della Commissione VI, e Gino Garibaldi che spiegano: “Voto di astensione in Commissione perché riteniamo questa legge una Legge illiberale che va a penalizzare il settore dell’edilizia, che già sta subendo una forte contrazione, e vede licenziamenti e chiusure di aziende, anche storiche, con numeri che sul territorio Regionale fanno paura”.


Gli esponenti del Pdl, che ci tengono precisare che gli emendamenti presentati in Commissione sono stati presentati dai Gruppi di Minoranza, Pdl e dal Consigliere regionale Maurizio Torterolo, continuano: “dobbiamo dare atto all’assessore Boitano di aver migliorato la legge, che vincola i nuovi interventi superiori ai 500 mq. o ai 1750 mc., limitando al 10% la quota di edilizia popolare che prima oscillava dal 10% al 20%, e introducendo ex lege la possibilità di monetizzazione. Risultava infatti difficile per un imprenditore che decideva di realizzare una nuova lottizzazione o costruzione di pregio destinare, all’interno dell’operazione, una quota parte di edilizia popolare”.


“Apprezziamo gli sforzi dell’Amministrazione di centro sinistra di venire incontro alle minoranze approvando emendamenti, volti a non penalizzare i piccoli comuni, specialmente quelli dell’entroterra, e dando ai Comuni la possibilità di eventualmente ridurre, in particolari situazioni, e concordandolo con la Regione, la quota del 10% da destinare ad edilizia popolare”.


“Riteniamo - continuano Melgrati e Garibaldi - che la politica della prima casa per le famiglie meno abbienti debba essere un compito dello Stato, ed in sub-ordine della Regione, e non delegato e a carico, obtorto collo, degli imprenditori che decidono ancora, nonostante il periodo non propizio e di crisi del settore, di investire nell’edilizia”.



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