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Attualità | 11 maggio 2020, 13:58

Gli imprenditori della ristorazione scrivono al premier Conte: "Iva al 10% sulle pietanze da asporto"

Richiesta al premier da Confcommercio una sostenibilità finanziaria in vista di ciò che potrebbe diventare uso sempre più frequente nel mondo del cibo: "L'imposta va equiparata a quella relativa al servizio in loco"

Gli imprenditori della ristorazione scrivono al premier Conte: "Iva al 10% sulle pietanze da asporto"

Si preannunciano mesi difficile per il mondo della ristorazione, insieme al turismo tra i più consistenti nella nostra provincia e tra i maggiormente colpiti dal lockdown imposto dal Governo per limitare il contagio del Covid-19.

Per ripartire e limitare se non altro i danni, molti attività del campo come ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie si sono adeguate alle norme nazionali e regionali, cercando con l'asporto di sopperire in parte ai mancati guadagni derivanti dalla chiusura forzata. 

"Illustrissimo Presidente, scrivo Lei questa mia a nome degli imprenditori di Confcommercio, per portare alla Sua attenzione una oggettiva difficoltà per il settore dei PE. Il delivery e l’asporto saranno ancora protagonisti nel prossimo futuro, si spera per lungo tempo, a costituire non solo un ammortizzatore economico o sociale ai bisogni in caso di nuovo lockdown, ma come una vera e propria realtà produttiva avanzata, un nuovo servizio alla collettività per ulteriori bisogni, prima sottovalutati".

Lo scrive in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, Lorenza Giudice a nome degli imprenditori del settore associati di Confcommercio. Una rivoluzione avviata a forza, che in futuro potrà diventare consuetudine, ma per farlo necessità di alcune misure governative: "Seppur tutti noi, si auspichi una prossima serenità seppur rigorosa, abbiamo il dovere di vedere il futuro con una prospettiva di impresa efficiente e competitiva. Il continuo aggiornamento ai dispositivi, il ritorno in autunno agli spazi ridotti recuperati in esterno durante il periodo estivo, dovrà trovare le imprese preparate sia progettualmente che finanziariamente, pertanto Le chiedo di voler cogliere questa riflessione come uno tra i tanti spunti che arrivano nei suoi uffici dalla quotidianità".

"La somministrazione se consumata in loco è da considerare come una prestazione di servizi ed è sottoposta all’aliquota agevolata del 10% - specificano gli imprenditori -. L'asporto e/o la consegna a domicilio sono assimilati alla 'cessione di beni' e scontano l’aliquota della singola tipologia di bene alimentare. Ad esempio una bibita col 22% mentre un frutto il 4%. La vendita del piatto pronto sconta l'aliquota del 22%".

La richiesta al premier per poter continuare su questa strada è ben chiara: "Voglia accogliere l’istanza di ridurre quest’ultima al 10% equiparandola a quelle applicata durante il servizio in loco". Insomma, un futuro possibile ma che la burocrazia ed una tassazione ragionata dovranno rendere sostenibile.

Redazione

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