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Attualità | 01 febbraio 2022, 16:00

Processo Tirreno Power, ascoltati i consulenti della difesa. L'azienda: "Emerso che i dati sono stati raccolti in modo approssimativo"

Sono stati ascoltati in aula Renato Rota, professore di ingegneria chimica e Stefano Loppi, professore di botanica ambientale

Processo Tirreno Power, ascoltati i consulenti della difesa. L'azienda: "Emerso che i dati sono stati raccolti in modo approssimativo"

Oggi in Tribunale a Savona nell'ambito del processo su Tirreno Power sono stati ascoltati i primi consulenti della difesa che hanno approfondito le criticità degli studi che hanno portato alla creazione delle mappe di ricaduta della centrale e l’affidabilità delle indagini licheniche sulle quali sono state costruite le tesi dell’accusa.

"E’ emerso oggi che i dati sono stati raccolti in modo approssimativo, utilizzando protocolli scientifici riadattati in modo personale o modelli di calcolo non certificati. Renato Rota, professore di ingegneria chimica al politecnico di Milano, in aula ha riportato la sua analisi sulla metodologia utilizzata per disegnare le mappe di ricaduta e ne ha evidenziato la superficialità - spiegano da Tirreno Power -  I valori di biossido di zolfo utilizzati per disegnare le mappe sono così bassi che semplicemente modificando un parametro, o il software di calcolo, si modificano sostanzialmente le aree in cui risiedono gli abitanti più o meno esposti alle ipotetiche ricadute. Inoltre nessuno ha mai indicato quale sia la sostanza responsabile del presunto danno sanitario e non c’è dunque la possibilità di verificare se questa fosse o meno presente nelle diverse aree della mappa e quindi confermare l’ipotesi del modello di calcolo".

"Il professor Rota ha poi evidenziato che nella creazione delle mappe di ricaduta non sono state considerate fonti come il traffico, il riscaldamento e le altre fonti industriali. Ha proiettato alcune mappe utilizzando dati ufficiali dell’Arpal dalle quali è risultato che le ricadute degli inquinanti provenienti da queste fonti sono fortemente presenti proprio in alcune delle aree considerate di maggiore esposizione. Ha poi deposto Stefano Loppi professore di botanica ambientale applicata all’università di Siena, esperto di licheni e biomonitoraggio - prosegue l'azienda - Loppi ha dimostrato che non ci sono elementi che facciano ipotizzare che la centrale sia stata la sola o anche la principale responsabile della rarefazione lichenica. In aula ha analizzato il lavoro di monitoraggio lichenico rilevando numerosi errori nell’applicazione di protocolli e rilevanti approssimazioni metodologiche".

"Inappropriata ad esempio la rete di monitoraggio per dimensione e concentrazione dei campioni. Una rete realizzata con licheni che vivono normalmente a 1.700 metri di quota e che invece sono stati impiantati in area marina del tutto diversa dal loro ambiente naturale. Ignorato nelle analisi dei consulenti dell’accusa l’incendio di Natale del 2011 che per giorni ha coinvolto un’ampia superficie influenzando le rilevazioni di numerose stazioni in cui erano stati deposti i licheni per il monitoraggio - conclude Tirreno Power - E’ stata poi illustrata una mappa che confronta la piovosità sul territorio con quella delle presunte ricadute della centrale. Le due mappe sono ampiamente sovrapponibili confermando che i licheni montani selezionati crescono meglio dove piove di più ed è più fresco e meno dove la pioggia scarseggia e fa più caldo, indipendentemente dalle ricadute dell’impianto.

La deposizione di Loppi sulle criticità del modello lichenico proseguirà nella prossima udienza del 15 marzo.

Redazione

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