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In Breve

| 27 gennaio 2011, 12:02

Una visita dovuta ad un cimitero, per posare un fiore, incaricato da una madre

Ancora una storia dello studio Roberto Nicolick su uno degli eventi tragici della Seconda Guerra Mondiale nel savonese

Una visita dovuta ad un cimitero, per posare un fiore, incaricato da una madre

L’anziana signora savonese, costretta sulla sedia a rotelle, che mi sta davanti, ha un’aria decisamente sofferente, mi parla con frasi toccanti e intervallando parola per parola, in una modesta abitazione . Questa povera donna inferma e vedova, è una madre, ultranovantenne e mi ha fatto chiamare al telefono da una vicina che mi ha pregato di andare a visitarla per chiedermi una cortesia.

 Ecco la sintesi del colloquio: suo figlio appena sedicenne, contro la volontà dei genitori, nel 43 animato da un ideale, si arruola nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, la signora non è in grado di precisare in quale corpo e in quale zona, sa solo che il ragazzo va in Germania a fare un addestramento militare, riceve delle cartoline e lo rivede in uniforme prima di essere destinato al suo reparto e poi basta, nelluna altra notizia.

Nell’aprile del 1945, quando avviene il crollo del Regime Repubblicano, il giovanissimo volontario viene preso dai partigiani  in Valtellina, e vive i momenti terribili e disperati del redde rationem, assiste all’arresto di Mussolini e della Petacci, oltre che dei vari gerarchi in fuga, anche per il ragazzo non va bene.

Muore contro un muro, freddato dal plotone di esecuzione partigiano, senza neppure uno straccio di processo, il suo corpo verrà ritrovato in una forra in Lombardia, e in seguito sepolto a Milano, al Cimitero Maggiore , detto il Musocco. Qualcuno ,pietosamente, avvisa la madre della tragica morte, sorte  toccata a moltissimi giovani che hanno fatto una scelta scomoda.

 La donna  per diversi anni si reca a Milano a portare un fiore sulla tomba del ragazzo, finchè la salute la sostiene. Ora, purtroppo, a causa della vita che sta fuggendo dal corpo della poveretta, da qualche anno la tomba del figlio compianto, non riceve la visita periodica e neppure ha la consolazione di un fiore.

La povera signora ha letto alcuni miei articoli su un quotidiano di Genova, dalla parte dei Vinti, chiama la sua vicina e mi fa convocare, per chiedermi di recarmi, al posto suo, a pregare sulla tomba del figlio, lei è immobilizzata e sente la necessità di incaricare una persona di fiducia di una visita alla tomba.

Accetto di buon grado, prendo il treno per Milano, scendo alla Stazione Centrale, metropolitana linea verde, fermata Lanza, poi tram n. 14 ed eccomi al cimitero Maggiore.

L’ingresso del camposanto è imponente, gotico, lo attraverso ed entro in un vialone lunghissimo, questo camposanto copre circa 60 mila metri quadri, ai lati del vialone principale si dipartono altre strade che collegano ai vari campi , sulla destra intravedo un gruppo di croci, scure, disposte in modo ordinato, il perimetro è delimitato da un sottile nastro tricolore. Una leggera nebbiolina, galleggia a breve distanza dal terreno, le croci emergono dalla nebbia creando un effetto surreale.

  Raggiungo il campo , si sente solo il rumore dei miei passi sul ghiaietto, arrivo ad una targa di marmo, su cui a lettere di metallo è inciso Campo 10, sormontato da una piccola croce.

Rimango impressionato, il campo è vastissimo, centinaia di croci massicce, di granito grigio , annerite dagli anni sono schierate militarmente una dopo l’altra in file ordinate come un disciplinato esercito di fantasmi nel cortile di una caserma. Ogni croce riporta un nome e una data,  soltanto quella della morte, più in basso appare un piccolo ovale con una foto smaltata in bianco e nero, più sotto un numero progressivo. Le croci sono spesse, danno una idea di solidità,sulla sommità c’è legato un nastrino tricolore, il prato erboso antistante è abbellito, sobriamente da alcuni fiori. Cammino sui vialetti, in silenzio, osservo un’altare di pietra con delle corone di alloro e dietro svetta una croce, sulla cui base una scritta , ai caduti della rsi, 1943 – 1945. Una scritta su di una targa di ottone richiama la mia attenzione e mi stringe il cuore :

“Cittadino che passi e che non sai, accendi un cero per tutti questi eroi, per questa gioventù che non ha tradito, per questa gioventù che non si arrese mai, per tutti questi ignoti trucidati , per le strade di Milano abbandonati , per tutti quei dispersi ( e son migliaia ) gettati nei fondali dei nostri laghi”. Nel silenzio del campo, queste parole pesano come macigni e mi spingono a cercare velocemente la tomba del povero giovane.

Non è difficile trovare la tomba, infatti  sulla croce riconosco il nome e la dat ipotetica della morte che mi ha dato la madre, la foto mostra un viso sorridente di un ragazzino, capelli neri imbrillantinati , un basco sulle ventitre, aria spavalda, due mostrine militari… un pensiero mi attraversa la mente, chissà che cosa deve aver subito prima di essere fucilato, poso un fiore e mi soffermo davanti alla croce, ma non riesco a raccogliermi in preghiera, il mio sguardo corre lungo altre lapidi, numerose, su cui campeggia una scritta: IGNOTO.

Forse i corpi dei caduti erano talmente messi male da essere irriconoscibili ed allora è stato gioco forza definirli Ignoti. Proseguo per i vialetti e mi avvio verso l’uscita del campo, che apprendo sia denominato “Campo dell’Onore” mentre il campo dove sono sepolti i partigiani è chiamato “Campo della Gloria” chissà perché anche nella morte esiste una differenziazione tra le due Italie?

 Cimitero ricco di storia questo, nel campo 16, a poche centinaia di metri,vi era nel maggio del 45, una tomba anonima, senza nome. Si scoprì che vi era la salma di Mussolini, decine di persone, in un impeto di odio, andavano quotidianamente, a sporcare con escrementi la tomba come estremo sgarro. Tre personaggi nottetempo, entrarono nel cimitero e trafugarono la salma che fu nascosta in un convento di frati nel Pavese, lontano da altre odiose offese e nel 56 fu restituita alla vedova Rachele che la seppellì a Predappio.

Esco dal cimitero per andare alla stazione, ho svolto il mio pietoso incarico, ma sono un pochino piu triste per quello che ho visto: centinaia di croci per ricordare uomini, ragazzi, donne massacrati per una unica ragione: aver fatto una scelta ideale.

 

roberto nicolick

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