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Eventi | 12 febbraio 2011, 18:15

Albenga: Canzoni e madrigali all’epoca del Chiabrera, musica vocale del primo barocco italiano

Il secondo appuntamento della rassegna musicale “A Cadenza Quindicinale”

Albenga: Canzoni e madrigali all’epoca del Chiabrera, musica vocale del primo barocco italiano

Domani alle 17.30, presso la Musikalische WunderKammer al quarto piano di Palazzo Oddo, in Via Roma ad Albenga, si svolgerà il secondo appuntamento della rassegna musicale “A Cadenza Quindicinale”, organizzata e promossa dalla Palazzo Oddo Srl, in collaborazione con l'UCAI e con l'associazione InMostLight. Sarà  di scena il “Fuggilozio Musicale” di Anna Delfino (soprano) e Virginio Fadda (tiorba), dal titolo “Canzoni e madrigali all'epoca del Chiabrera”, concerto di musica vocale del primo barocco italiano, con canzoni e versi amorosi di Frescobaldi, Caccini, Monteverdi e Chiabrera che ricreano i fastosi ambienti di corte e le atmosfere dell'amor cortese e tragico tipici dell'epoca.

Di seguito, la presentazione dell'appuntamento, a cura di Maurizio Natoli, responsabile dell'Associazione InMostLight:

Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
le cortesie, l'audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passaro i Mori...

così l’incipit dell’Orlando dell’Ariosto, ancora macchiato del rosso tragico e sanguigno della crociata, ma anche incunabolo di un sentimento originale, una concezione novissima che prende l’avvio, inesorabile, colorando di tinte più varie (dopo l’universo tetro ma sfolgorante di Grazia del medioevo): l’Universo al centro del quale sta l’uomo e della sua arte.

Le parole intrecciano forme, fiori e colori, indicando, anzi realizzando un contesto che meraviglia ed incanta, così la superba rosa diventa “Vaga su spin' ascosa è rosa rugiadosa, ch' all' alba si diletta, mossa da fresc' auretta”, come rimava Gabriello Chiabrera – savonese - sorpreso e stupito per aver intuito il filo gioioso che attraverso il colore unisce le guance della rosa all’ Aurora, contemplando meravigliato la Natura che si schiude alla Primavera che il Poeta vorrebbe senza fine.

Natura animata di creature invisibili, tessitrice di trame nascoste, forze eterne ed implacabili eppure...

Eppure, nel tempo dell’uomo, ogni cosa è destinata a finire, e così finisce la Primavera, i fiori muoiono, sfiorisce la bellezza.

Il tema dilettissimo ai pittori barocchi, “vanitas” affiora prepotente, raffigurato dalle orbite vuote di un teschio, che posato su un tavolo ammonisce chi, seppure tramite l’Arte, cerca Immortalità ed eterna giovinezza.

A che vale il marmo perenne delle statue, sopravvivranno i libri, la Corona Regale, simbolo di regno in Terra cosa sarà di fronte alla Morte?

Così il Barocco dispiega le sue ali, insiste meticoloso sui particolari, sulle fioriture, su linee ardite e riprese senza fine, alla ricerca spasmodica di una sospensione del Tempo, quasi che a contemplare l’Arte si possa essere graziati, anche solo per un’ attimo, che vorrebbe trasformarsi, grazie alla teknè in canone perpetuo .

Istanti immersi nella polvere magica delle fate, quella che intuì d’Annunzio narrando della “Gavotta delle Dame Gialle” di Rameau (invero un po’ più tardo del nostro programma), definita “l’indimenticabile danza antica del Tedio e dell’Amore” e descritta: “certe dame bionde, non più giovinette...” condannate ad essere evocate dalla malìa della Musica, ed a ripetere il gesto della danza, per sempre, danzatrici ormai passate, ombre oramai.

La parola racconta attimi d’immenso gaudio, persi a contemplare l’amata o rapiti dal luccichìo di un raggio di sole che gioca tra i rami, e che per un istante suggerisce il tema prezioso dei suoi occhi: “Occhi belli, occhi cari, occhi del sol più chiari” ma, che nello scorrere inesorabile della sabbia nella clessidra (altro tema ricorrente) come la violetta: “Pregio d’Aprile vieppiù gentile, ma che divenne al fine?” panta rei...

Di questo racconteranno domenica, di storie e strumenti dimenticati, di modalità superate e odorose  d’antico, di sacro quotidiano (di quattro secoli fa) e sensibilità arcaiche perchè, come scriveva Igor Stravinskij: "Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente".

 

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