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Attualità | 17 settembre 2011, 09:25

Chi deve fare cosa? Quesiti sul problema della sicurezza, dopo l'ennesimo caduto sul lavoro

61 anni, operaio piemontese, originario di Prunetto, residente a Saliceto, sposato, con una figlia, assistente vice capo cantiere della ditta esterna Simic, operante all’interno dell’Italiana Coke di Bragno

Chi deve fare cosa? Quesiti sul problema della sicurezza, dopo l'ennesimo caduto sul lavoro

Si chiamava Santino Barberis, morto pochi giorni fa. Non per cause naturali. E’ morto per un incidente sul lavoro. Schiacciato da un veicolo guidato dal un suo collega della ditta Emi dei cugini Bagnasco, anch’essa operante negli stabilimenti dell’Italiana Coke.

E come sempre accade in casi come questi, le voci, almeno per un paio di giorni, si alzano.

Così, mentre si parla di cordoglio unanime, sono accadute tre fatti:

  • viene avviata l’inchiesta di rito per omicidio colposo, che dovrebbe avere il compito di individuare i responsabili dell’incidente

  • L’RSU si incontra con Azienda e Sindacati per “chiarire l’accaduto” (in tutta fretta aggiungerei, perché gli impianti sono fermi) e per discutere del problema sicurezza

  • I sindacati Confederali di Savona hanno indetto uno sciopero di un’ora “in segno di lutto e di protesta”

Purtroppo questo non è un caso isolato.

Secondo l'osservatorio indipendente di Bologna per le morti bianche, al 14 settembre 2011 la cifra arrivava a oltre 780, rilevando un aumento del 14% rispetto all'anno scorso.

Significa che l’aumento dei morti sul lavoro è concomitante con il peggioramento delle condizioni di lavoro in generale, con la diminuzione dei diritti sindacali, con l’aumento della flessibilità e della precarietà, e con l’aumento del potere ricattatorio dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori

Ma allora, forse, è necessario fare un passo indietro, e fare un attimo il punto della situazione.

Anzitutto: a chi spetta il compito di risolvere il problema della sicurezza? Chi ha questo onere, questa responsabilità?

La legge dice che è il datore di lavoro. Questo perchè la legge ritiene che mentre il lavoratore ha il diritto ad essere “ignorante” (nel senso di non avere informazioni sufficienti per l'autotutela sul posto di lavoro), ritenendolo quindi la parte debole nel rapporto di lavoro, l'imprenditore ha il dovere di conoscere appieno tutte le normative e gli strumenti esistenti in merito alla sicurezza, e ha l'obbligo di garantirne l'applicazione, al fine di tutelare, a proprie spese, la salute delle persone dal cui operato trae profitto.

In questo senso la legge, nel tempo, ha stabilito che il datore di lavoro non solo ha la responsabilità, ma deve assumersi l'incarico, sempre a proprie spese, di valutare i rischi, mansione per mansione, e di porvi rimedio. In parole povere, di redarre i DVR – Documenti (o Schede) di Valutazione di Rischio – sulla base delle quali adeguare norme interne e strutture.

Ma qua sorge una domanda: se l'imprenditore è controllore di se stesso, cosa farà quando la prevenzione farà lievitare i costi di produzione, soprattutto nei confronti di paesi dove la concorrenza la fanno proprio non sostenendo alcuna di queste spese? Di chi è il compito di assicurare che l'imprenditore faccia il proprio dovere PRIMA che ci scappi il morto?

La legge prevede che anche i lavoratori, attraverso propri rappresentanti, possano vigilare sull'operato dell'azienda. Sono gli RLS, ovvero i Rappresentanti Dei Lavoratori per la Sicurezza, solitamente nominati all'interno delle RSU, Rappresentanze Sindacali Unitarie, a loro volta elette dai lavoratori.

In sostanza quindi, salvo casi specifici, i sindacati (scelti proprio dai lavoratori e tra i lavoratori) hanno quindi il compito di redigere assieme al datore di lavoro la Scheda di Valutazione Rischi di cui sopra e di assicurarsi che, una volta individuati tutti i rischi possibili, l'azienda provveda ad eliminarli investendo in adeguate misure di sicurezza.

E qui, allora, viene da porsi altre domande.

Innanzi tutto, in uno stabilimento come Italiana Coke, la cui tipologia di produzione prevede un continuo spostamento di mezzi meccanici che movimentano quotidianamente tonnellate di carbone, come hanno pensato di evitare, ad esempio, il rischio di essere investiti, com'è successo a Santino Barberis?

Cosa prevedono in generale i DVR in cokeria per questo rischio specifico?

Queste sono domande alle quali l'inchiesta a cui facevo riferimento all'inizio deve rispondere. Inchiesta che, purtroppo, avviene in seguito alla morte di un lavoratore. Quindi troppo tardi. E insufficiente, perché ha il compito di occuparsi di un caso specifico, e al massimo porterà ad individuare e condannare gli eventuali colpevoli. Non si pone l’obiettivo di fare prevenzione.

In questo caso specifico, in oltre, c’è l’aggravante della recidiva.

Nello stabilimento Italiana Coke, il 24 gennaio del 2008 aveva perso la vita Giancarlo Garabello, 45 anni, sempre schiacciato da un macchinario che stava manovrando un collega (anche se con dinamiche leggermente diverse), e pochi mesi fa un elettricista era volato da 5 metri d’altezza.

Allora la domanda diventa la seguente: dopo l’analogo incidente di 3 anni fa, con relativa inchiesta e processo, sciopero di 2 ore dei sindacati confederali, incontri tra RSU sindacati e azienda, e cordoglio unanime, cosa è cambiato? Come sono stati modificati i DVR dopo il precedente infortunio? Quali misure sono state adottate (se sono state adottate)?

Nel caso specifico dell’incidente di Barberis, a me, che tecnico non sono, vengono in mente queste semplici considerazioni:

  • Mezzi meccanici così grandi hanno inevitabilmente dei punti morti nella visuale, almeno in retromarcia. Sono stati dotati di segnalatori acustici? E di telecamere del costo di poche decine di Euro?

  • Tra le precauzioni possibili vi è anche quella del controllo del rispetto delle metodologie di lavoro corrette. Chi doveva vigilare affinchè nel raggio d’azione della pala meccanica non vi fosse nessuno? Dov’era in quel momento?

  • Se vi è stata inerzia da parte dell’azienda e del suo Responsabile per la Sicurezza, l’RLS l’ha denunciata? Se si, quando?

  • Invece di indire scioperi simbolici ed assolutamente ininfluenti, che hanno più l’aria del minuto di silenzio, i sindacati hanno posto queste domande? Hanno ottenuto delle risposte? Quali?

Perchè queste domande hanno l'obbligo di una risposta. I lavoratori stessi dovrebbero pretenderle. Certo, anche nel rispetto per la famiglia di Santino. Ma soprattutto verso i lavoratori che sono ancora vivi e che bisognerebbe tutelare.

Perchè quando l’incidente è avvenuto non si può tornare indietro. Ma, almeno, che l’analisi dei fatti ed i provvedimenti servano al non ripetersi di un fatto analogo.

Altrimenti vuol dire che nessuno, proprio nessuno, ha fatto il suo dovere.

Matteo Loschi

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