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Finalese | 17 ottobre 2019, 18:05

Finalborgo: il 26 ottobre l'inaugurazione della mostra fotografica "Ierofaine, Cina, Vietnam, Cambogia - Manifestazione del sacro"

Appuntamento alle ore 18:00 nel Complesso Monumentale di Santa Caterina, nelle suggestive sale dell’Oratorio dè Disciplinanti

Finalborgo: il 26 ottobre l'inaugurazione della mostra fotografica "Ierofaine, Cina, Vietnam, Cambogia - Manifestazione del sacro"

Il Complesso Monumentale di Santa Caterina, nelle suggestive sale dell’Oratorio dè Disciplinanti, prosegue il programma espositivo con la mostra di Pietro Rosso dal titolo "Ierofanie. Cina, Vietnam, Cambogia - Manifestazione del sacro" che si inaugurerà sabato 26 ottobre 2019 alle ore 18:00 nella sede di piazza Santa Caterina, in Finalborgo (SV).

La mostra, organizzata con il patrocinio del Comune di Finale Ligure, in collaborazione con l’associazione Traumfabrik, sarà visitabile fino al 30 novembre e documenta la ricerca fotografica, le riflessioni, gli oggetti e i racconti di Pietro Rosso, esito dei suoi recenti viaggi e della sua passione per la cultura orientale.

Pietro Rosso, autore, nato a Genova il 6 Giugno 1992, ingegnere e dottore in architettura, vive a Calice Ligure.

E’ interessato alle tematiche dell’inclusione, dell’immigrazione e della spiritualità che approccia durante gli studi universitari e approfondisce nella tesi di laurea magistrale, laureandosi nel 2018 presso la Tongji University di Shanghai e presso l’Università degli Studi di Pavia con una ricerca riguardante la progettazione di ambienti sacri al fine di garantire una corretta inclusione degli abitanti nel contesto di un quartiere multiculturale a Milano.

In cerca di un percorso professionale che coniughi l’architettura e l’impegno sociale, lavora presso studi di architettura del savonese ed è attualmente coinvolto nello studio preliminare di alcune residenze multiculturali all’interno di un nuovo grattacielo a scopo sociale nella città di Montreal, Canada.

Da più di dieci anni è affascinato dalla cultura orientale, sceglie di vivere e studiare per un anno in Cina dove entra in contatto con una forma di spiritualità meno formale e più spontanea, dedica i viaggi alla scoperta di paesi asiatici come il Giappone, le regioni cinesi dello Yunnan e Guanxi, Cambogia e Vietnam. Al ritorno, riscopre nel suo paese di origine nuovi tratti, spesso incredibilmente simili a quelli tanto esotici che ha amato.

La mostra vuole trasmettere le suggestioni raccolte durante alcuni viaggi in Oriente, di fronte a particolari oggetti e micro architetture informali che grazie a precise proporzioni, materiali e metafore riescono a essere un punto di contatto con il sacro, manifestando un qualcosa d’altro pur rimanendo se stessi.

L’autore è infatti interessato alle modalità mediante le quali l’uomo può costruire luoghi ed oggetti, che per quanto concreti, sono la manifestazione di qualcosa di completamente diverso, di una realtà che non appartiene al nostro mondo.

Riccardo Zelatore, curatore della mostra

Ho sempre pensato ci dovessero essere buone ragioni per prendersi la responsabilità della prima mostra personale di un autore. Ora, considerato che questo progetto espositivo sancisce il primo ingresso in campo di una parte delle ricerche di Pietro Rosso, non posso esimermi da esporne almeno alcune.

La prima, di carattere generale, è riconducibile a un pensiero che mi porto bene impresso nella mente: la semplificazione, l’appiattimento e l’annacquamento che prevalgono oggi nelle proposte culturali, tranne in rari casi privilegiati, sono da considerarsi criminali. Sono da considerarsi come atto di disprezzo per le capacità latenti del pubblico. Il punto è, o dovrebbe essere: indirizzare l’attenzione dello spettatore verso quello che, all’inizio, egli potrebbe anche non capire, ma il cui fascino e la cui qualità sono oggettivi. Pertanto, se capita di intersecare manifestazioni di sensibilità, gusto, equilibrio, desiderio di approfondimento, umiltà, il minimo che si può fare è cercare l’opportunità di condividere queste esperienze con altre persone.

Per la seconda ragione, nel caso di Pietro, anche un fattore genetico non va trascurato e, a differenza di quanto a volte accade in circostanze similari, l’essere cresciuto a stretto contatto - come scriverebbe George Steiner - con il riverbero di menti eccelse ha sicuramente giovato in termini di autenticità. Vorrei aggiungere che, probabilmente, è una questione di prossimità, di vista e di udito, quindi di sensi, che gli hanno certamente già procurato una sorta di protezione naturale contro il vuoto. E non è poco.

La terza ragione è anche personale: delle Ierofanie (che letteralmente significano manifestazioni del sacro) avevo appena sentito parlare sinchè Pietro mi ha condiviso il suo interesse e mi ha contaminato con la sua curiosità per un mondo che a me era quasi completamente estraneo. Mi è parso un ulteriore ottimo motivo per farne una mostra nella quale la relazione tra un oggetto costruito e la sua capacità di evocare qualcosa d’altro, diventa bellezza.

La mostra sarà visitabile sino al 30 novembre 2019.

Comunicato Stampa

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