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Attualità | 16 agosto 2020, 10:26

La Fiaba della Domenica: "La Maledizione delle Pulci"

Quanti luoghi comuni spesso crudeli, sulle pulci! Eppure un tempo...

La Fiaba della Domenica: "La Maledizione delle Pulci"

Nel pensare e nel dire di tutti i giorni, le pulci sono associate a fastidio, sporcizia, miseria.

Per “l’uomo della strada”, per il bimbo che ascolta i racconti del nonno, la pulce è un animaletto schifoso, qualcosa di terribile, portatore di malattie, da schiacciare e da evitare.

Alcuni luoghi comuni come “fare le pulci”, “mercatino delle pulci”, “pulcioso e cencioso”, “una pulce nell’orecchio” e altre ancora contribuiscono a fornire delle pulci un quadro desolante e rivoltante.

I soldati in trincea, racconta il nonno, temevano più le pulci dei cecchini nemici e, sempre il nonno che parla, un materasso pieno di pulci era l’incubo di un soggiorno fuori casa. Ma non fu sempre così.

In un tempo molto, molto lontano, le pulci erano animaletti ben voluti, vezzeggiati e corteggiati da uomini e da dei. Anzi erano addirittura i corrieri e i postini degli dei, nonché i cocchieri delle fate quando le fate, stanche del fato che le infatuava di principi sempre meno numerosi e sempre più pieni di anabolizzanti, decidevano di armare la carrozza e di compiere un viaggio ristoratore tra le bellezze del mondo sfatato: orbene erano proprio le pulci, migliaia di pulci, a trainare le carrozze delle fate verso nuovi lidi inesplorati e noti solo a loro, sacre pulci care agli dei.

Se Minerva aveva un messaggio urgente da recapitare a Venere affinché questa provasse una nuova pozione di bellezza, ecco le pulci saltare di zolla in zolla, di ramo in ramo e, in un baleno, recapitare la missiva.

Se Giove (allora non esistevano né e-mail né fax) doveva divulgare gli ultimi imperiosi ordini sulla scuola degli dei o sul teatro greco, ecco le pulci pronte, indomite e indefesse, correre a perdifiato per ogni landa per volere di Zeus.

Quanti segreti, quanti sospiri, quante lacrime, quanti comandi divennero vivi e condivisi grazie alle pulci: sempre discrete, sempre presenti, sempre attente a non tradire le attese, a rispondere le aspettative, a non tradire… i tradimenti.

Venere, le Ninfe, i Putti tutti in galera e sui giornali sarebbero finiti se le pulci non fossero state più che attente alle consegna, ai tempi, ai luoghi, alle presenze, alle assenze di mittenti e destinatari dei messaggi di cui loro, divine pulci, erano latrici.

Se Giove regalava un nuovo costume di foglie alla ninfa Calipso, ecco le pulci incaricate della consegna e di riferire al capo degli dei come il costume donasse a Calipso, se Venere dava un appuntamento al dio Pan al laghetto dei sospiri, ecco le pulci che ritornavano con l’ambita conferma e con il tombale silenzio sull’evento.

Accidenti, e Minerva che inviava lettere anonime alle dee più giovani? Che dovevano fare le pulci se non consegnarle e tacere, tacere ed eseguire.

E Nettuno, Nettuno che comprava di nascosto vino e tabacco e lo consumava tra la spuma delle onde, mettendo poi, nelle bottiglie vuote, messaggi irridenti su tesori inesistenti che gli uomini si dannavano a cercare!

E Mercurio che invitava le Ninfe a trovarlo sul suo monte isolato?

E le Ninfe che invitavano Marte a visitarle nelle loro quotidiane abluzioni?

E Giove che mandava messaggi a tutte le dee e a tutte le ninfe e, giuravano le pulci, sussurrando tra loro, anche ad Eros e Pan!

E in occasione delle feste, lo scambio dei doni: tutto sulle spalle delle pulci, infaticabili corrieri, affidabili nocchieri. E durante le guerre!

Tutti i consigli degli dei agli uomini: attacca così, combatti così, squarta così, decapita così.

Chi pensate portasse i consigli di Minerva ad Achille, chi quelli di Marte ad Ulisse e, sempre ad Ulisse, chi portava le maledizioni di Nettuno?

Le pulci, vere arbitre in cielo ed in terra.

E gli uomini?

Ci stiamo dimenticando degli uomini!

Se le pulci erano care agli dei, certamente erano ancor più care agli uomini.

Essi affidavano ai forti e saltellanti animaletti ogni sorta di consegna.

Due milioni di pulci in un baleno consegnavano ciò che un cavaliere o un mulattiere portavano in due giorni. E in più gratis.

E già, perché le pulci non volevano compensi, ma si accontentavano della benevolenza e del rispetto di uomini e dei.

Grandi personaggi della storia e della cultura sono debitori alle pulci.

Come avrebbe avuto Platone le pergamene del suo maestro Socrate se non grazie alle fidate pulci? E Anassimene, Anassimandro, Protagora, Pitagora, come avrebbero potuto intessere dialoghi tra loro nel mondo e negli inferi, dialoghi forieri dei loro celebri pensieri, se non in virtù delle pulci viaggiatrici? E come pensate che Alessandro Magno abbia ideato la temibile falange macedone?

Solo grazie a una missiva di Marte in persona fulmineamente a lui consegnata da una falange di pulci.

E gli esempi potrebbero essere molti.

Le fate, abbiamo già visto, con le zucche trasformate in carrozze grazie a stuoli di pulci cocchiere, gli gnomi e i folletti che, in virtù del loro gracile organismo, potevano essere addirittura trasportati a dorso di pulce di bosco in bosco, addirittura gli orchi e i giganti che, un po’ in sovrappeso e impigriti, si facevano trasportare da un esercito di milioni di pulci sui loro carri sgangherati.

Le donne poi, fantasticando, con i loro compagni sempre alla guerra, insolite ansie, attendevano l’arrivo delle pulci come una vela attende il vento, per poi ricadere nell’attesa e nella tessitura della tela fino al giorno seguente.

I bambini poi, i migliori amici delle pulci! Con esse giocavano, si confidavano, attendevano il loro arrivo carico di attesa per un dono, una bella notizia, un amico trasportato.

E loro, le pulci, quando la notizia non c’era o peggio era tragica, partecipavano al dolore del piccolo saltellando di tristezza.

Anche le pulci avevano un re e una regina.

Il diritto dinastico, da secoli, offriva il trono delle pulci alla famiglia Maggiolini.

E i Maggiolini avevano portato le pulci al benessere, al rispetto, alla deferenza descritti da parte di tutti.

Ma i Maggiolini, un triste giorno, si estinsero. Per mancanza di eredi.

I regnanti Ottavio e Settimia Maggiolini morirono di sana vecchiaia, amati e rimpianti, ma senza eredi.

E iniziò il principio della fine.

Si aprì una lotta fratricida per la successione.

Né Giove, né Minerva, ne Platone, né Alessandro Magno poterono qualcosa.

Le pulci si ammazzarono l’un l’altra a milioni.

Da questo periodo nacque la frase “ti schiaccio come una pulce” che ancor oggi usiamo per chi ci molesta come un insetto fetido e dannoso.

Infatti, non dotate di armi né naturali né artificiali, essendo fallito il tentativo di comprarne da Marte e dalla sua fucina (l’impero sovietico non si era ancora disgregato), le pulci si ammazzavano saltandosi addosso dagli alberi e dai muri, con un sistema un po’ macchinoso, ma efficace.

E come sempre succede nelle lotte intestine e fratricide, il sopravvento è del più prepotente.

Si impose infatti il perfido Adolfo Tafani, imparentato con i noti succhiatori di sangue dei bovini al pascolo.

Tafani si impose anche con la promessa di una vita diversa per le pulci, migliore, puntando tutto sull’orgoglio pulcioso: erano sfruttate, erano i paria, erano i proletari, fornivano sudata manodopera e non ricevevano in cambio alcun compenso.

Che diamine! Bisogna fondare nuclei di rivendicazione, obbligando i padroni, fossero dei, uomini, fate o gnomi, a pagarle per i loro servizi, con ferie, malattia, diritto di sciopero, rappresentanze e comitati.

Era ora di cambiare!

Il nuovo mondo era arrivato! Non vi sarebbe stato più sfruttamento dell’uomo… sulla pulce!

E così cominciarono scioperi e lunghe discussioni.

Le lettere di Minerva non giungevano in tempo, gli appuntamenti di Giove andavano deserti, al rendez-vous con Venere andò il vecchio orco anziché lo splendido Pan.

Le fate furono costrette, se volevano visitare il mondo sfatato, a servirsi dei costosi piccioni viaggiatori… e gli uomini dovettero inventare le stazioni di posta e gli sms.

Ma Zeus, si sa, difetta di una sola virtù: la pazienza.

Egli provò a trattare con Tafani, a mediare: con l’aiuto dell’astuto Ulisse era quasi giunto a un accordo, ma come Giove proponeva ” dieci”, Tafani rilanciava “venti”, così all’infinito e Zeus perse la pazienza del tutto.

Lanciò una terribile maledizione: da quel giorno le pulci sarebbero state gli animaletti più schifosi, più reietti, più odiati, più perseguitati della Terra.

Esse non avrebbero né dato più pace né avuto più pace e quando l’uomo avrebbe inventato gli insetticidi, esse sarebbero state cancellate dalla faccia della Terra.

Tratto da: "Le fiabe per... sviluppare l'autostima (un aiuto per grandi e piccini", di Elvezia Benini e Giancarlo Malombra, collana "Le Comete", Franco Angeli Editore. Con il patrocinio dell'Unicef. 

GLI AUTORI:

Elvezia Benini, psicologa, psicoterapeuta a orientamento junghiano, specialista in sand play therapy, consulente in ambito forense, già giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova. Autrice di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Cecilia Malombra, psicologa clinica, specializzanda in criminologia e scienze psicoforensi, relatrice in convegni specialistici per operatori forensi e socio-sanitari. Autrice di pubblicazioni a carattere scientifico.

Giancarlo Malombra, giudice onorario presso la Corte d'Appello di Genova sezione minori, già dirigente scolastico, professore di psicologia sociale. Autore di numerose pubblicazioni a carattere scientifico.

Associazione Pietra Filosofale

L’Organizzazione persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, delle seguenti attività di interesse generale ex art. 5 del D. Lgs. 117/2017:

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

In concreto l’associazione, già costituita di fatto dal 27 gennaio 2016 e che ha ideato e avviato il concorso letterario Pietra Filosofale di concerto con l'amministrazione comunale, intende proporsi come soggetto facilitatore, promuovendo e stimolando proposte di cultura, arte e spettacolo sul territorio, organizzazione di eventi culturali e/o festival, ideazione e promozione di iniziative culturali anche in ambito nazionale, costruzione, recupero e gestione di nuovi spazi adibiti a luoghi di Cultura Permanente, anche all’interno di siti oggetto di riqualificazione e/o trasformazione quali ad esempio l’ex Cantiere Navale di Pietra Ligure, come già attuato nel 2018 presso la Biblioteca Civica di Pietra Ligure, ove ha curato un percorso specifico di incontri dedicati alla salute e al benessere attraverso il progetto Il sogno in cantiere": il sogno, in onore e ricordo del cantiere navale che un tempo a Pietra Ligure ha dato vita a tante navi che sono andate nel mondo, vuole ritrovare nel “Cantiere” il luogo di cultura permanente dove poter trascorrere un tempo dedicato al pensiero del cuore, per nutrire l'anima con letture, scrittura creativa, musica, conferenze, mostre.

La “Filosofia dell'associazione” è quella di ridare vita al "Cantiere" in una nuova forma e in un nuovo spazio, ma con lo stesso intento di progettare e costruire "mezzi" speciali, per poter viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare spazio e tempo migliori in cui vivere.

L'Associazione vuole favorire l'alchimia di differenti linguaggi, promuovendo spazi di arte, cultura e spettacolo, convogliando le energie nascoste, rintracciando il messaggio archetipico attraverso la narrazione, tentando di recuperare i meandri del proprio Sé, per creare momenti di incontro, scambio e ascolto e per gioire dell'Incanto della Vita. L'aspetto narrativo si è già concretizzato nel 2016 attraverso l'esperito Concorso letterario sulla fiaba; la fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare. L'intento è quindi quello di compiere il “varo” di un “Festivalincantiere” quale contenitore di numerose iniziative, in primis il recupero del concorso letterario sulla fiaba, per poter consentire di viaggiare con l'immaginazione, strumento di fondamentale importanza per creare uno spazio e un tempo migliori in cui vivere e per offrire al Comune l'ampliamento della propria visibilità culturale sia a livello locale sia nazionale e oltre.

«I luoghi hanno un'anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana.» scrive James Hillman

La triste verità è che la vera vita dell'uomo è dilacerata da un complesso di inesorabili contrari: giorno e notte, nascita e morte, felicità e sventura, bene e male. Non possiamo neppure essere certi che l'uno prevarrà sull'altro, che il bene sconfiggerà il male, o la gioia si affermerà sul dolore. La vita è un campo di battaglia: così è sempre stata e così sarà sempre: se così non fosse finirebbe la vita. (C.G.Jung, L'uomo e i suoi simboli)

Pedagogia della fiaba

La fiaba è metafora di vita: se il suo linguaggio è ricco e articolato, anche la vita, di conseguenza, sarà ricca e articolata, capace, come per i personaggi delle fiabe, di conservare una nicchia di libertà che faccia considerare l'alterità, l'altro, come un patrimonio da tesaurizzare e non come un competitor o peggio come un diverso stigmatizzabile in minus da omologare coercitivamente.

"L'aspetto linguistico così intenso ed evocante contesti e costrutti, spesso caduti nell'oblio, è il necessario contenitore, è la pelle del daimon che consente a ciascuno di riappropriarsi di conoscenza e di dignità, ricordando a tutti e a ognuno che l'ignoranza è la radice di tutti i mali". (Giancarlo Malombra in "Narrazione e luoghi. Per una nuova Intercultura", di Castellani e Malombra, Ed Franco Angeli). 


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